Città circolari: dalle scelte sostenibili, nuove opportunità di sviluppo

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La Commissione Europea ha stimato che dall’economia
circolare si potrebbero creare 580mila nuovi posti di lavoro, 190mila solo nel
nostro Paese. Una grande opportunità, che molte città sembrano pronte a
cogliere. Ne abbiamo parlato con Walter Ganapini, uno dei maggiori esperti sul
tema, in attesa di approfondire queste esperienze a ICity Lab 2017 (BASE Milano, 24-25
ottobre 2017) durante l’incontro “Le città circolari: dall’esperienza di
Amsterdam alle iniziative italiane”. È già possibile iscriversi all’evento

26 Luglio 2017

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Michela Stentella

Sostenibili e competitive, in una parola “circolari”. Le città, come tutta la nostra società, non hanno più scelta: il modello economico lineare, che prevede per ogni bene di consumo un ciclo di vita con un inizio e una fine, deve essere sostituito da un modello alternativo, che ha come parola chiave il riuso. Niente più rifiuti, ma beni e materiali che si trasformano in altri beni perché riciclati o rigenerati, riparati e riutilizzati. Indicazioni precise arrivano in questo senso dall’Unione europea: nel dicembre 2015 la Commissione ha varato il Circular Economy Package, un piano di azione globale che stabilisce degli obiettivi comuni per tutti i Paesi dell’Unione. Nel marzo scorso il pacchetto è stato approvato dal Parlamento europeo, che ha reso ancora più stringenti alcuni obiettivi. Secondo i deputati, entro il 2030 almeno il 70% in peso dei rifiuti urbani dovrebbe essere riciclato o preparato per il riutilizzo (la Commissione europea aveva proposto il 65%). Per i materiali di imballaggio, come carta e cartone, plastica, vetro, metallo e legno, si propone l’80% come obiettivo per il 2030 (contro il 75% proposto dalla Commissione). Il progetto di legge limita la quota di rifiuti urbani collocati in discarica al 5% entro il 2030 (contro il 10% proposto dalla Commissione). I rifiuti alimentari nell’UE sono stimati a circa 89 milioni di tonnellate, pari a 180 kg pro-capite annui. Rispetto al 2014, i deputati mirano a una riduzione dei rifiuti alimentari del 30% per il 2025 e del 50% entro il 2030. Il passaggio successivo saranno i negoziati con il Consiglio dei ministri UE per arrivare a un accordo finale.

Il tema dei rifiuti era centrale per l’Unione europea già prima del Circular Economy Package, come sottolinea Walter Ganapini, uno dei maggiori esperti sul tema. Ambientalista, docente, scienziato membro Onorario del Comitato Scientifico dell’Agenzia europea dell’ambiente, cofondatore di Legambiente ed ex presidente di Greenpeace Italia, Ganapini è attualmente Direttore Generale di ARPA Umbria.

“Quando si parla di economia circolare e quindi dell’uso di risorse limitate su scala urbana si parte per forza dal ragionamento sui rifiuti – sottolinea Ganapini -. È dal 1976 che l’Unione Europea sottolinea come il tema dei rifiuti non debba essere considerato settoriale ma vada sempre visto in modo sistemico. La scala di priorità è semplice: prima di tutto prevenire la produzione dei rifiuti e ridurne la pericolosità, progettando merci e servizi che impattino il meno possibile sull’ambiente. La logica è quella della prevenzione attraverso l’ecodesign delle merci, lo studio del loro ciclo di vita (life cycle assessment), le forme di certificazione che l’Unione ha sviluppato attraverso il Regolamento Emas, le Direttive Ecolabel e via discorrendo. Seconda priorità è massimizzare il recupero di materia dai rifiuti, ponendo quindi al centro il tema della raccolta differenziata e soprattutto del “porta a porta”. Infine, altra priorità è ridurre massicciamente il ruolo delle discariche di rifiuti, che nel mondo sono la seconda causa di generazione di gas che causano effetto serra”.

Ganapini cita la Direttiva discariche dei primi anni Novanta, rispetto alla quale l’Italia è spesso ancora oggi in infrazione e le sentenze della Corte di giustizia del Lussemburgo del 2003 che spiegano come gli inceneritori, quand’anche rispettassero le norme (e in Italia non sempre è così), sono produttori potenti del principale gas climalterante che è l’anidride carbonica.

“Poi è arrivato il Circular Economy Package che ci spiega come sia importante rimuovere il concetto stesso di rifiuto, proprio come avviene in natura – commenta Ganapini – applicato alle città questo vuol dire ridisegnare una gestione razionale a partire dalla raccolta differenziata, ma anche da tutto ciò che sta a monte quindi puntando sulla prevenzione. Questo apre spazi enormi per le start up che ripensino le merci e promuovano la smart citizenship, per applicazioni di citizen science a partire dalle app per controllare l’aria che respiriamo e l’acqua che beviamo o per decidere presso quale “ricicleria” (come le chiamano a Milano) dobbiamo portare quel tal rifiuto”.

In questo contesto l’economia circolare assegna un’enorme importanza al discorso della obsolescenza programmata delle merci. La nozione di base è, come detto in apertura, il riuso. Il Presidente Obama, ricorda Ganapini, benedisse addirittura la nascita di una Federazione nazionale dei manutentori di beni e servizi che ha creato decine di migliaia di posti di lavoro.

L’obiettivo è arrivare a sostituire i centri di smaltimento di rifiuto con le “fabbriche di materiali”, luoghi dove si possono portare gli oggetti che non utilizziamo più (o parte di essi) e troviamo persone in grado di ripararli, di dare nuova vita ad elettrodomestici, biciclette o altri beni. Nasce così una “economia della manutenzione degli oggetti”. Ci sono molte esperienze interessanti, Ganapini cita per esempio quelle realizzate a Roma dal gruppo di studenti coordinati da Stefano Converso e Chiara Tonelli (entrambi professori presso il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi Roma Tre) per far nascere fabbriche di materiali a partire da luoghi degradati della città.

In generale, una città circolare è una città che diventa razionale nell’uso dell’energia, nell’utilizzo del verde e degli orti urbani. Una città che valorizza tutto quello che può dare qualità dell’ambiente, promuovendo al tempo stesso un’occupazione sempre più qualificata. Del resto la stessa Commissione Europea ha stimato che raggiungendo gli obiettivi del Pacchetto sull’Economia circolare si potrebbero creare 580 mila posti di lavoro, che potrebbero crescere sino a 867 mila se, all’obiettivo del 70% di riciclaggio si accompagnassero a livello europeo e nazionale anche misure ambiziose per il riuso, in particolare nell’arredamento ed il tessile. Solo nel nostro paese sono almeno 190 mila i nuovi posti di lavoro che si potrebbero creare, al netto dei posti persi a causa del superamento dell’attuale sistema produttivo. Si stima inoltre un risparmio annuo di 72 miliardi di euro per le imprese europee, grazie ad un uso più efficiente delle risorse e quindi una riduzione delle importazioni di materie prime.

Sapremo cogliere questa opportunità? In Italia, come evidenzia Ganapini “gli ostacoli maggiori sono prima di tutto la fatica mostruosa che facciamo ad avere norme aggiornate semplici chiare e che distribuiscano bene le competenze. C’è quindi un tema drammatico che riguarda la produzione normativa e la sua applicazione. C’è poi il tema della legalità, dato che nel nostro paese buona parte del mercato ambientale è in mano alle ecomafie”.

A fronte di questo ci sono però segnali particolarmente importanti che arrivano dal mondo economico, dalle imprese e dal sociale con una grande diffusione di buone pratiche.

“Milano – dice Ganapini – è il luogo in cui la connessione tra gestione dei rifiuti ed economia circolare è più evidente. Milano è considerata città leader nel mondo per la raccolta differenziata e in particolare per quella dell’organico, tanto che a lei si sono ispirate San Francisco, Barcellona e ora anche New York. Altra eccellenza italiana che è diventata norma europea sono gli shopper biodegradabili e compostabili, che oggi generano migliaia di posti di lavoro. Infine, guardando alla grande industria, dobbiamo citare le Acciaierie di Terni del gruppo ThyssenKrupp, che oltre a cercare seriamente di risolvere i problemi ambientali generati in passato, stanno per installare un impianto di recupero di metalli dalle scorie.In Italia nascerà quindi a breve la prima acciaieria circolare al mondo”.

Come spesso avviene nel nostro Paese, abbiamo quindi da una parte politiche non sempre applicate, dall’altra esperienze concrete e di valore in cui sono protagoniste le città e i territori. Ne parleremo in occasione di ICity Lab 2017 (BASE Milano, 24-25 ottobre 2017) durante l’incontro “Le città circolari: dall’esperienza di Amsterdam alle iniziative italiane”. È già possibile iscriversi all’evento .

Nel frattempo in Italia qualcosa si muove: il Ministero dell’Ambiente ha appena pubblicato due bandi del valore complessivo di 2,1 milioni di euro destinati a finanziare le nuove tecnologie al servizio dell’economia circolare. Il primo bando, da 900mila euro, è destinato al cofinanziamento di progetti di ricerca per lo sviluppo di nuove tecnologie di recupero, riciclaggio e trattamento dei rifiuti elettrici ed elettronici (i RAEE), mentre il secondo da 1,2 milioni si rivolge a quelle categorie di rifiuti non rientranti tra quelle già servite dai consorzi di filiera, all’ecodesign dei prodotti e alla corretta gestione dei relativi rifiuti.

Infine, è stata avviata il 12 luglio scorso sulla piattaforma online del ministero dell’Ambiente la consultazione pubblica on line sul Documento di inquadramento e posizionamento strategico “Verso un modello di economia circolare per l’Italia”. La Consultazione è aperta fino al 18 settembre 2017.

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