I parametri sociali delle città: una ricerca RUR-Censis

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by Kevin Steele

Quasi la metà degli italiani è soddisfatta della città in cui vive e non la cambierebbe con un’altra. Il dato, per certi versi sorprendente, emerge da un’indagine condotta dalla RUR – Rete Urbana delle Rappresentanze, associazione creata dal Censis per elaborare e sostenere proposte innovative per le trasformazioni della città e del territorio. La ricerca “Municipium 2008 – I parametri sociali della città” verrà presentata venerdì 18 luglio a Roma, presso il Residence Ripetta, in via Ripetta 31, a partire dalle ore 9.30. Il programma dettagliato dell’incontro si può leggere sul sito della RUR.

8 Luglio 2008

Articolo FPA
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by Kevin Steele

Quasi la metà degli italiani è soddisfatta della città in cui vive e non la cambierebbe con un’altra. Il dato, per certi versi sorprendente, emerge da un’indagine condotta dalla RUR – Rete Urbana delle Rappresentanze, associazione creata dal Censis per elaborare e sostenere proposte innovative per le trasformazioni della città e del territorio. La ricerca “Municipium 2008 – I parametri sociali della città” verrà presentata venerdì 18 luglio a Roma, presso il Residence Ripetta, in via Ripetta 31, a partire dalle ore 9.30. Il programma dettagliato dell’incontro si può leggere sul sito della RUR.

Si tratta di un appuntamento che, da più di 15 anni, si rinnova periodicamente con l’obiettivo di fare il punto sull’evoluzione del sistema città in Italia. Questa volta sono state poste a un campione rappresentativo di oltre 3.000 italiani domande sul loro rapporto con la vita urbana sotto tutti gli aspetti, così da far emergere considerazioni, giudizi, percezioni e desideri. La ricerca contiene i risultati per grandi, medie e piccole città, oltre a un approfondimento specifico su Roma, Milano e Napoli.
“Abbiamo voluto fare questa vasta indagine per esaminare come i cittadini si identificano con il territorio in cui vivono, perché riteniamo che molte delle problematiche che riguardano la città oggi siano legate più a fattori sociali che non strettamente economici”, ci dice Giuseppe Roma, Direttore del Censis e Segretario Generale della RUR.

La ricerca sul sistema città condotta dalla RUR prese il via, negli anni novanta, dalle medie città italiane che erano leader di territori produttivi, dai distretti alle grandi città d’arte, e quindi costituivano la rete che manteneva competitiva l’economia italiana in generale. Nei primi anni duemila, poi, il focus si è spostato sulle metropoli globali, le grandi città che meglio riescono a offrire servizi e ad essere attrattive e competitive in un contesto in cui ci si deve confrontare con il mercato mondiale. Con il Rapporto Municipium 2008 ci si chiede come il sistema urbano possa conservare questa capacità di essere sostanzialmente una guida per tutto il territorio.
“Abbiamo capito che uno dei fattori di maggiore competitività del territorio è anche la capacità di tenere aggregate intorno a idee strategiche le comunità che in esso vivono. Insomma, favorire il senso di appartenenza, fare in modo che i cittadini si identifichino nella propria città e abbiano un livello elevato di soddisfazione per la vita urbana”, evidenzia ancora Giuseppe Roma, al quale abbiamo chiesto di illustrarci le premesse e i principali risultati della ricerca.

Come è cambiato negli ultimi anni il rapporto con il territorio in cui si vive e si lavora?
Uno dei fattori di maggiore novità è che oggi anche in Italia abbiamo le “mega-città”. Nonostante i dati Istat ci dicano che molte persone vivono nei piccoli centri, questi in realtà sono conglobati dentro grandi contenitori territoriali: un concetto che va oltre quello di “città metropolitana” con un centro e un hinterland. Ad esempio per la sola metropoli milanese identifichiamo un territorio che va da Varese a Piacenza a Bergamo fino a Lecco, per cui siamo attorno ai 10 milioni di abitanti.
Insomma, si sta configurando una città che concentra le attività economiche e disperde la residenza. In Italia, tra 2001 e 2007, il numero dei pendolari è passato da 9 milioni e mezzo a 13 milioni. Abbiamo dilatato moltissimo i confini della città, abbiamo costruito un gran numero di case, ma questa nuova organizzazione spaziale spesso non ha “sistema nervoso”. Da qui nascono diversi problemi: sicurezza, mobilità, necessità di maggiori servizi. 

Le città come possono rispondere a questa trasformazione?
Per mantenere competitivo il sistema urbano italiano bisogna ovviamente investire in una serie di infrastrutture, come metropolitane e ferrovie regionali, poi pensare all’energia in maniera innovativa e pensare alla sicurezza non solo in termini di presidio del territorio da parte delle forze di polizia, ma anche in termini di reti sociali e vita comunitaria. Ad esempio, ritengo che Roma sia una città più sicura di quanto si pensi, perché ha ancora le piazze, c’è una vita di quartiere…
Poi possiamo dire che, mentre in passato erano indicatori come l’imprenditorialità e l’occupazione a determinare la vitalità di una città, a questi si aggiunge oggi la capacità di tenere insieme tribù diverse di tipo sociale, che vanno dagli immigrati ai giovani agli anziani, a tutti gli occupati dei servizi metropolitani, shopping center, call center, e così via. In questo senso il modello della città del futuro è Londra, che oggi trae la sua vitalità proprio dalla capacità di essere una città plurima.

Qual è la percezione della città che emerge dal Rapporto Municipium 2008?
Quello che mi ha colpito è che in gran parte gli intervistati sono contenti della città in cui vivono. Il 47,2% del campione è molto soddisfatto e non cambierebbe la propria città con un’altra. La percentuale scende al 39% per gli abitanti di Napoli; in generale nelle grandi città la percentuale scende al 40% e sale, invece, al 53% per chi abita in una piccola città.
Abbiamo poi chiesto dove sognerebbero di vivere: il 24% degli italiani (la percentuale più elevata) vorrebbe abitare in un paese (6,8%) o in una piccola città (17,6%). C’è però un 21% che sognerebbe di vivere in una metropoli o in una città estera. La cosa interessante è che questa percentuale nazionale sale al 53% per gli italiani che hanno meno di 29 anni. C’è, infine, una percentuale abbastanza significativa di “antiurbani”: l’8%, tutte persone dai 45 anni in su che vorrebbero vivere in campagna.

Insomma, un’immagine positiva soprattutto della vita nei piccoli centri. E le criticità segnalate?
Se andiamo a chiedere dove bisognerebbe investire, che tipo di interventi si vorrebbero, le risposte sono nell’ordine: per una città più sicura, più pulita e con un trasporto pubblico più efficiente. Anche se, soprattutto nel mezzogiorno ma anche in parte a Roma, il problema sociale che viene ritenuto più grave è quello della disoccupazione, che viene associato al disagio giovanile e alla criminalità, dando quindi origine ad altre paure e percezioni negative, compresa quella di una diffusa insicurezza. Torno quindi al discorso iniziale: sociale ed economia si stanno intrecciando fortemente. 

Quindi sono le città più grandi ad avere maggiori difficoltà anche dal punto di vista economico.
In effetti, mentre l’industria delle medie città si espande, nelle grandi città dove l’offerta dovrebbe arrivare da banche, assicurazioni e telecomunicazioni, l’unica offerta che c’è viene invece da un terziario personale o commerciale di medio-basso livello. L’economia metropolitana è riuscita a mantenere un livello di competitività grazie alla flessibilità e alla nascita di nuovi centri commerciali, servizi alla persona, cooperative assistenziali. Insomma, la base occupazionale in realtà si è ampliata, però manca un terziario che riesca ad assorbire fasce di popolazione qualificata. Per questo ormai non sono solo i ricercatori universitari ad andare all’estero, ma c’è anche una “fuga di medio livello” dettata dalla disoccupazione intellettuale. E, in una situazione in cui i giovani non riescono a entrare nel mercato del lavoro e chi è già dentro difende in maniera corporativa la propria posizione ma non ha espansione di reddito, i problemi sociali rischiano di diventare problemi esasperati.

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