La creatività nelle istituzioni: come governare con i giochi

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La creatività può aiutare le istituzioni a governare meglio? Inoltre: fino a che punto essere creativi paga dal punto di vista dell’efficacia? Proviamo a rispondere in questo quarto articolo della serie dedicata alla “gamification” delle politiche pubbliche, partendo da alcuni esempi di amministrazioni che hanno scelto proprio di sperimentare soluzioni creative sfruttando le dinamiche tipiche dei giochi.

9 Gennaio 2019

G

Gianluca Sgueo

Global Media Seminar Professor, NYU Florence

AntanasMockus è stato più volte sindaco della città di Bogotà. Filosofo e professore universitario, Mockus è ricordato per l’originalità delle sue scelte. Risolse l’emergenza del traffico urbano sostituendo i vigili urbani con un piccolo esercito di clown e mimi, cui chiese di sbeffeggiare pubblicamente gli automobilisti indisciplinati. Aveva capito l’importanza della norma sociale rispetto alle regole giuridiche. Mockus ampliò anche la metratura dei passaggi pedonali cittadini, favorendo così la socializzazione tra gli abitanti del quartiere, e riducendo in modo sensibile il numero di incidenti mortali in città.

Studiare le soluzioni escogitate da Mockus ci obbliga a rispondere a domande importanti. Anzitutto: la creatività può aiutare le istituzioni a governare meglio? Inoltre: fino a che punto essere creativi paga dal punto di vista dell’efficacia?

Le pubbliche amministrazioni di tutto il mondo da qualche anno sperimentano tecniche diverse per coinvolgere i cittadini nelle decisioni collettive, per migliorarne la consapevolezza in merito ai temi di interesse collettivo, oppure per rendere le procedure decisionali più trasparenti. In effetti, molte tra le soluzioni sperimentate uniscono elementi di creatività con approcci tradizionali. La gamification è tra queste – l’idea cioè di sfruttare le dinamiche proprie dei giochi (competizione tra partecipanti, premi, livelli, classifiche) in contesti non ludici, quali appunto le politiche pubbliche.

Gli esempi sono numerosi, vediamone alcuni. L’organizzazione internazionale del lavoro ha creato un ‘Business Game’ – sfidando i partecipanti a cimentarsi con l’avvio di una nuova attività imprenditoriale. Con ‘Draw the World’ il Consiglio d’Europa mira a diffondere la conoscenza della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani – in questo caso i giocatori devono disegnare una mappa basandosi sul rispetto dei diritti umani nelle varie regioni del globo. In ‘My Life as a Refugee’ – applicazione per cellulari sponsorizzata dall’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite – i partecipanti possono scegliere di impersonare tre personaggi, all’interno di uno scenario di guerra.

Nel 2016 ad Albuquerque, nel Nuovo Messico, l’amministrazione locale ha sviluppato un’applicazione per cellulare per “tracciare” atti di gentilezza compiuti in pubblico. ‘ABQ Kindness’ – questo il nome dell’applicazione – presenta una struttura lineare: c’è un localizzatore sul quale identificare l’atto di gentilezza al quale si è assistito e uno spazio per descriverla. Nel breve periodo, l’obiettivo dell’amministrazione cittadina era quello di raccogliere un milione di atti di gentilezza e concorrere all’iniziativa benefica promossa dalla no-profit Kids for Peace La la “Great Kindness Challenge”. L’obiettivo di lungo termine è più ambizioso: incoraggiare lo spirito di comunità tra i cittadini. Per questo motivo l’applicazione è oggi in fase di restyling. Nella versione finale includerà nuove sfide a tempo, la possibilità di condividere contenuti online, e quella di approvare, con un “like”, i contenuti condivisi dagli utenti.

Nel 2012, invece, la città di El Cairo ha sponsorizzato la ‘Transport App Challenge’, attraendo duecentocinquanta proposte e premiando le prime cinque con seimilacinquecento dollari. Agli sviluppatori che hanno partecipato all’iniziativa si chiedeva di proporre idee innovative per sfruttare la tecnologia portatile in relazione ai problemi della città – ad esempio la sicurezza, il traffico o più in generale il senso civico. Qualche migliaio di chilometri più a Nord, a Dublino, quattro autorità pubbliche locali, tra cui il consiglio municipale, hanno lanciato ‘Smart Dublin’ per raccogliere idee sull’utilizzo delle tecnologie per il benessere civico. Anche in questo caso le idee sono giunte attraverso una piattaforma online. Lanciata nel 2017, ‘Smart Dublin’ è stata testata per quattro settimane. A ciascun partecipante è stato riconosciuto un voucher del valore di cento, centocinquanta o duecento euro. Ai partecipanti si chiedeva di condividere informazioni sulla collocazione di bagni pubblici, campi da tennis e fontane.L’elenco potrebbe continuare a lungo. La creatività, sviluppata secondo i criteri della gamification, non ha limiti. I risultati, peraltro, sembrano incoraggianti. Si tratta però di risultati che bisognerà testare nel lungo periodo. La gran parte degli esperimenti fatti dai regolatori pubblici con la gamification invadono la riservatezza; sono, inoltre, a rischio di esclusione sociale (di chi, ad esempio, non ha accesso alle tecnologie digitali). Inoltre, incoraggiano forme di partecipazione di tipo superficiale, o vengono monopolizzati da estremisti della partecipazione che, seppure in minoranza, finiscono per orientare il dibattito e influenzare i decisori pubblici. È presto, quindi, per affermare che la gamification funziona sempre; come anche è presto per sostenere che la creatività è la soluzione a tutti i problemi di regolazione pubblica.*Gianluca Sgueo, Global Media Seminar Professor, NYU Florence

www.gianlucasgueo.it

Ludocrazia. Quando il gioco accorcia le distanze tra governo e cittadini

Twitter @GianlucaSgueo

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