Un nuovo modello di società richiede un nuovo modo di intendere il lavoro

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All’interno del programma congressuale di #sce2014 diversi sono i momenti dedicati ai modelli emergenti, alla visione smartness che spesso arriva dall’estero che può essere interessante studiare e replicare, con i dovuti “aggiustamenti”, nelle nostre città. Un momento di particolare interesse è l’incontro dedicato al tema del lavoro. “Lavoro e impresa nelle Smart Cities” sarà l’appuntamento in cui i vecchi modelli saranno abbandonati per definirne di nuovi, che rispondano ai nuovi obiettivi di business che una smart city deve porsi.

29 Settembre 2014

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Jesse Marsh

All’interno del programma congressuale di #sce2014 diversi sono i momenti dedicati ai modelli emergenti, alla visione smartness che spesso arriva dall’estero che può essere interessante studiare e replicare, con i dovuti “aggiustamenti”, nelle nostre città. Un momento di particolare interesse è l’incontro dedicato al tema del lavoro. “Lavoro e impresa nelle Smart Cities” sarà l’appuntamento in cui i vecchi modelli saranno abbandonati per definirne di nuovi, che rispondano ai nuovi obiettivi di business che una smart city deve porsi.

Il lavoro è uno di quei temi con i quali è difficile capire da dove cominciare a parlare, tante sono le spinte di cambiamento e trasformazione in atto. Nell’ambito delle Smart Cities, possiamo identificare tre ambiti o modelli emergenti che collegano direttamente i due fenomeni: il lavoro come comunicazione, il lavoro come socializzazione della produzione, il lavoro come contributo al bene collettivo.

Se il lavoro è comunicazione – quindi scambi con altri, mediazione della conoscenza, codificazione dei processi di innovazione – allora il modello Smart City accentua questa dimensione della città comunicante, della città come luogo nel quale comunicare, della città come attrattore di comunicandi. Un buon esempio di questo tipo di esplorazione è al Knowle West Media Centre (KWMC) a Bristol (UK). Dalla sua costituzione nel 1996, KWMC usa l’arte e le tecnologie digitali per aiutare la gente a immaginare e sviluppare idee per il cambiamento sociale, prototipare i nuovi approcci e condividerli, scambiarli con altre comunità nel mondo. Emerge quindi un’idea di Smart City che costruisce il proprio futuro e il lavoro come una azione di ricerca che esplora scenari possibili per il futuro.

Se il lavoro è socializzazione della produzione – e non soltanto produzione in sé, che senza un riferimento sociale perde il suo valore – il modello Smart City incide non soltanto nei nuovi modelli del ‘making’ ma anche e soprattutto nel ruolo urbano dei luoghi di produzione come luoghi di condivisione e di scambio. Lo Open Design Lab al Waag Society (NL) ne è un buon esempio. Non a caso, il Waag Society è localizzato nel centro di Amsterdam, come per riportare i luoghi della produzione nel centro della città, per proporsi come luogo civico di incontro e di costruzione di una nuova idea di cittadinanza. Il lavoro è sempre un produrre materiale, ma in questo caso la produzione e la progettazione – il design – si fondano come attività lavorative, creando un nuovo contesto sociale della Smart City.

Infine, il lavoro produce in quanto contribuisce al bene collettivo, con un chiaro riferimento ai modelli Smart City in cui sono i cittadini a co-creare i servizi urbani. Consideriamo ad esempio, la segnalazione di una buca in strada come un lavoro? Forse gli utenti degli app tipo FixMyStreet non lo pensano così, ma è pur vero che normalmente qualcuno viene pagato per fare la stessa cosa. Questa dinamica assume tutto un altro significato nei contesti Smart City: il gruppo ICT della Banca Mondiale, ad esempio, lavora alle iniziative di “Interactive Community Mapping” a Kibera nel Kenya o Tandale in Tanzania. Qui sono i cittadini ad elaborare le mappe dei quartieri che non sono mai stati rilevati dalle autorità (né dai rilevamenti di Google Maps), segnalando strade e percorsi oltre che mercati, luoghi di culto ed altri elementi tipici della mappa di una città. Chi contribuisce a questa mappatura non sta lavorando nel senso tradizionale del termine – chiaramente non viene pagato – ma crea valore per la sua comunità oltre che un servizio molto concreto all’amministrazione cittadina.

E’ lavoro questo? Secondo una definizione in cui il lavoro produce utilità ad una o più persone, la risposta è sì. Viene pagato, assicurato, coperto da un sistema previdenziale? No. Per diventare un nuovo modello di società, il modello Smart City dovrà anche affrontare la questione di come ricambiare il valore creato dai suoi cittadini.

Si parlerà di lavoro e impresa nella smart city a #sce2014. Consulta il programma del convegno e iscriviti.

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