Turismo “smart” nelle città digitali

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Il fenomeno turistico è tecnicamente un fenomeno di mobilità, perciò in tutto e per tutto appartiene a pieno titolo alle tematiche della “smart cities”. Non c’è però solo la mobilità, ma ci sono le attività, che richiedono un’attenzione speciale al fenomeno turistico. Ci sono le attrazioni, di qualunque tipo, che costituiscono spesso l’oggetto della visita del turista, e perciò richiedono un monitoraggio molto preciso. Il rapporto tra smart city e turismo è uno degli aspetti che sarà approfondito a Smart City Exhibition 2013. Aspettando la manifestazione, un interessante articolo di Antonio Preiti, economista, direttore di Sociometrica, sui nuovi strumenti tecnologici che aprono prospettive inedite per il governo del fenomeno.

24 Luglio 2013

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Antonio Preiti*

Il fenomeno turistico è tecnicamente un fenomeno di mobilità, perciò in tutto e per tutto appartiene a pieno titolo alle tematiche della “smart cities”. Non c’è però solo la mobilità, ma ci sono le attività, che richiedono un’attenzione speciale al fenomeno turistico. Ci sono le attrazioni, di qualunque tipo, che costituiscono spesso l’oggetto della visita del turista, e perciò richiedono un monitoraggio molto preciso. Il rapporto tra smart city e turismo è uno degli aspetti che sarà approfondito a Smart City Exhibition 2013. Aspettando la manifestazione, un interessante articolo di Antonio Preiti, economista, direttore di Sociometrica, sui nuovi strumenti tecnologici che aprono prospettive inedite per il governo del fenomeno.

Il fenomeno turistico è tecnicamente un fenomeno di mobilità, perciò in tutto e per tutto appartiene a pieno titolo alle tematiche della “smart cities”. La mobilità turistica, a differenza di quella dei residenti, ha andamenti talvolta ciclici e talaltra anti-ciclici, se si vuole utilizzare questa terminologia. Il senso è che in certi periodi dell’anno, anzi della settimana, la mobilità turistica si somma a quella dei residenti, mentre in altre settimane, o parti della stessa settimana, si compensa, perché si presenta contemporaneamente alla riduzione di quella dei residenti.

C’è poi, all’interno della mobilità turistica, una differenziazione di non poco conto: quella dei turisti veri e propri, cioè che pernottano nella località, e gli escursionisti che, pur avendo la residenza in altro comune, trascorrono comunque la giornata nella destinazione turistica. Ne sanno qualcosa le località alpine nelle domeniche d’inverno, e quelle balneari nelle domeniche estive.

Non c’è però solo la mobilità, ma ci sono le attività, che richiedono un’attenzione speciale al fenomeno turistico. Ci sono le attrazioni, di qualunque tipo, che costituiscono spesso l’oggetto della visita del turista, e perciò richiedono un monitoraggio molto preciso. Musei, parchi, venues che ospitano eventi, vie dello shopping, tutte ricevono un impatto dal fenomeno turistico. Naturalmente c’è una variabilità dell’incidenza del turismo nella vita delle città, alcune sono monotematiche, perché vivono quasi esclusivamente di turismo, altre hanno un peso importante che arriva dal turismo e altre ancora hanno nel turismo un fenomeno marginale. Se queste definizioni fossero fisse una volta per tutte per ogni comune, il fenomeno avrebbe una governabilità più semplice, ma siccome le tre situazioni si determinano talvolta nella stessa località, a seconda del periodo, e talvolta anche della stessa singola settimana, allora il suo management è meno ovvio di quel che si creda.

Quali strumenti abbiamo per il governo del fenomeno? Le statistiche sugli arrivi e le presenze turistiche non bastano:

  • perché contano le teste, ma no la loro mobilità;
  • perché sono una misura molto approssimativa del fenomeno, che è molto più articolato e diffuso di quanto queste statistiche facciano percepire;
  • perché non dicono nulla né della loro identità, né dei loro comportamenti;
  • perché sfugge al suo interno proprio la variabile meno prevedibile e meno organizzata, quella degli escursionisti: perché chi ha un albergo ha già probabilmente un parcheggio, un percorso governato e indicazioni precise.

Occorre allora arrivare a un monitoraggio, e di qui a un governo, molto più preciso e innovativo del fenomeno. Oggi, dal punto di vista tecnologico, abbiamo strumenti molto più sofisticati, in quanto ad ampiezza, e molto più articolati, in fatto di capacità di raccogliere informazioni anche indirette sul fenomeno. 

Possiamo considerare altri tipi di dati, che ci permettono una maggiore conoscenza e soprattutto prevedibilità del fenomeno. Infatti, l’aspetto previsivo nel governo del turismo è la sua componente più importante.

Il monitoraggio di nuovi indicatori, anzi la loro somma, corredata da un opportuno algoritmo è la vera novità del governo futuro del turismo. Pensiamo ad alcuni dati “grossolani”, ma molto efficaci come i passaggi autostradali, il numero di ricerche google dedicate a una destinazione (o a un set di parole-chiave che la richiami), il consumo elettrico, persino il consumo delle bibite, può darci utili e univoche indicazioni sul peso del fenomeno, naturalmente non in senso assoluto, ma in termini comparativi, fondati sulle serie storiche. Pensiamo a un aspetto: sappiamo che chiunque intenda fare un viaggio o una vacanza in una destinazione, giorni, settimane e mesi prima comincia a interrogare internet, sull’albergo da scegliere, sulle cose da fare, sugli eventi da seguire. E’ evidente che esista una correlazione tra numero di ricerche e numero di viaggi nella destinazione. Non una correlazione strettamente matematica, ma di tipo statistico: è probabile che se x-mila persone chiedono informazioni su una citta, un y-cento persone con un’alta probabilità compreranno quella località. Così come se diminuisce del 10%, ad esempio, la tendenza nel computo dei passaggi autostradali di riferimento della località, è molto probabile che quella stessa percentuale sia la misura della riduzione della presenza turistica nella località.

E’ il mondo dei ‘big data’, dove alla precisione-accuratezza dei piccoli numeri (campioni statistici o altro) si sostituisce la enormità dei dati che il fenomeno autoproduce. In questo caso non siamo interessati a scoprire il nesso causale: ad esempio, ci sono meno turisti perché il prezzo degli alberghi è alto, o qualunque altra causa, non ci sono più nessi causali, che vengono lasciati ad altro ambito, ma ci sono solo connessioni. Sappiamo che se alcuni indicatori vanno in un certo modo, allora il fenomeno prenderà certe caratteristiche e così via.

La stessa tecnologia della georeferenziazione delle foto promette più risultati di ogni altra tecnica. Quando consideriamo migliaia di foto, postate su facebook, su flickr, su instagram e altri siti ancora, avremo una mappa dei percorsi truistici molto più accurata di quello che qualunque altra tecnologia riesce a fornirci. Non c’è neppure bisogno di calcolare la densità dei cellulari, minuto per minuto, per avere un’idea della densità dei turisti in un dato momento in un certo spazio, ma basteranno le foto.

Insomma è arrivato il momento di incrociare due innovazioni: nel mondo delle smart cities, per comprendere e incorporare appieno il fenomeno turistico, e nel mondo stesso del turismo, dove ai dati tradizionali, oramai inservibili per governare il fenomeno, bisognerà approntare l’ingresso di quell’universo che oggi va sotto il nome di ‘big data’.

Per altro, lo stesso nome di smart cities rimanda, quasi in maniera subliminale, proprio alle destinazioni turistiche, alle quali, nell’immaginario popolare, vengono attribuite, naturaliter, proprio quelle caratteristiche che vorremmo trovare nelle città di residenza, come semplicità, facilità di spostamenti, disponibilità di informazioni, gradevolezza del vivere. Adesso l’evocazione aspetta di diventare realtà.



*Antonio Preiti
, Economista, direttore di Sociometrica

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