Innovazione, dalla teoria alla pratica: l’esperienza del Parco Scientifico Galileo

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A una settimana dal FORUM DELL’INNOVAZIONE Nord Est torniamo a parlare di politiche per l’innovazione e del contributo che le eccellenze del territorio possono portare alla redazione di una strategia condivisa a livello nazionale. Lo facciamo con uno degli attori locali che ha partecipato al FORUM: Massimo Malaguti, Direttore Generale del Parco scientifico e tecnologico Galileo di Padova.

27 Ottobre 2009

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Michela Stentella

Articolo FPA

A una settimana dal FORUM DELL’INNOVAZIONE Nord Est torniamo a parlare di politiche per l’innovazione e del contributo che le eccellenze del territorio possono portare alla redazione di una strategia condivisa a livello nazionale. Lo facciamo con uno degli attori locali che ha partecipato al FORUM: Massimo Malaguti, Direttore Generale del Parco scientifico e tecnologico Galileo di Padova.

Il PST Galileo è una società consortile – partecipata dalle Camere di Commercio di Padova, Treviso, Vicenza e Belluno, dall’Università di Padova, dal Comune e dalla Provincia di Padova, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e da Veneto Innovazione – che lavora per sostenere la capacità competitiva delle imprese del territorio attraverso attività e servizi per l’innovazione, il trasferimento di tecnologia e la diffusione dei risultati della ricerca applicata.

Partiamo dall’inizio e a Massimo Malaguti chiediamo: di cosa parliamo quando parliamo di innovazione?
La parola innovazione appartiene a quella sempre più numerosa serie di termini il cui uso, ormai inflazionato, rischia di smarrirne il significato. Invece l’innovazione ha una specificità e una connotazione di valore molto precise per le imprese e gli Enti: si tratta di tutto ciò che riguarda il prodotto, il processo o il servizio e che è in grado di generare vantaggi competitivi ampi e difendibili. Questa sintetica definizione, che contribuisce a sottrarre la parola innovazione al rischio del luogo comune, sottolinea alcuni aspetti molto importanti. Primo fra tutti, il fatto che l’innovazione non riguarda solo il prodotto, al quale è più immediato e scontato porla in relazione, ma può manifestarsi anche nel processo produttivo o nel servizio (organizzazione, logistica, vendita); in realtà, la vera innovazione comporta sempre interventi in ognuna delle tre aree, in misura diversa.

Tutto ciò che è in grado di generare vantaggi competitivi…quindi innovazione e competitività vanno sempre a braccetto?
Qui veniamo al secondo aspetto di rilievo: innovare, per le imprese e più in generale per le attività a contenuto economico, non costituisce di per sé un valore assoluto. Non esiste un "imperativo categorico" ad innovare. Le imprese innovano per raggiungere vantaggi competitivi nei confronti della concorrenza: è il mercato che impone l’innovazione, nel confronto continuo con i comportamenti della concorrenza, con le proposte dei fornitori e con le aspettative dei clienti.
Infine, ecco il terzo aspetto che ha una rilevanza strategica per l’impresa, completa la caratterizzazione dell’innovazione e ci fornisce la misura del suo valore: il vantaggio competitivo apportato dall’innovazione, per essere tale, deve essere quanto più possibile ampio e difendibile.

Difendibile? In che senso?
Nel senso che l’innovazione deve porre "barriere" sempre più alte nei confronti dei concorrenti e ciò è possibile solo quanto più elevato, originale e "proprietario" è il contenuto di ricerca e sviluppo inserito nei prodotti e nei servizi immessi sul mercato.

Questo vale per tutte le imprese e i settori?
Tutti gli aspetti dell’innovazione di cui ho parlato possono essere considerati validi indipendentemente dal settore di attività dell’impresa e dal territorio in cui si colloca (posto che operi in condizioni di libero mercato). Diverso è, invece, l’approccio di chi si occupa di fornire servizi a sostegno dei processi innovativi delle imprese del territorio, come fa il Parco Scientifico e Tecnologico Galileo; in questo caso va posta particolare attenzione alle condizioni specifiche che caratterizzano l’ambiente in cui una struttura come la nostra si trova ad operare.

Quindi si passa da una definizione dell’innovazione, che è valida per tutti, alle politiche concrete, che sono invece legate alla specificità dei singoli territori?
Sì. Restando sull’esempio del PST Galileo, vediamo che il programma di attività è modellato sulle caratteristiche specifiche del territorio del Nord Est: presenza prevalente di imprese di piccola dimensione ad elevata densità (nel Veneto c’è una attività economica indipendente ogni 10 abitanti), organizzate in un numero elevato di distretti produttivi ad elevata specializzazione (oltre 50 riconosciuti dalla Regione Veneto), con un peso dei settori a minor valore tecnologico sul prodotto interno lordo regionale superiore alla media italiana, e superiore allo stesso dato delle regioni del nord Italia.

Tenendo conto di queste caratteristiche territoriali, quali strategie e politiche di innovazione avete deciso di seguire?
Abbiamo scelto di sviluppare attività che potessero accompagnare l’impresa in ognuna della quattro fasi fondamentali del "circolo virtuoso dell’innovazione": valutazione dell’idea di nuovo prodotto o servizio; definizione formale, funzionale e tecnologica; verifica del rispetto delle normative; scelta imprenditoriale sulla produzione. I nostri servizi si collocano in ognuna di queste fasi e mirano, in particolare, a possedere tre caratteristiche fondamentali: trasversalità, replicabilità e accessibilità. Servizi trasversali perché, di fronte ad una così elevata differenziazione produttiva, è necessario sviluppare un’offerta che corrisponda a bisogni quanto più diffusi e condivisi: le attività di Scuola Italiana Design e del Centro sui Materiali Innovativi MaTech rispondono proprio a questa esigenza. Replicabili perché, anche se è vero che è molto difficile, di fronte ad un panorama produttivo così variegato, strutturare un’offerta di innovazione "a scaffale", i servizi proposti alla piccola impresa devono comunque essere trasparenti e verificabili preventivamente nello standard che riguarda contenuto, tempi e costi di fornitura. Infine, accessibili, nel senso che le attività proposte devono essere calibrate, per contenuti e livello tecnico e scientifico, su misura delle aziende a cui sono indirizzate.

Lei ha citato la Scuola Italiana di Design, che forma i giovani in un settore che è uno dei punti di forza della vostra azione. Come mai avete scelto questa strada?
Il design industriale, al pari del trasferimento di tecnologia, è una delle leve fondamentali dell’innovazione e della capacità competitiva delle aziende. Infatti, oltre ad essere un valore "italiano" conosciuto in tutto il mondo, si pone alla base dell’innovazione di prodotto, attraverso la quale le imprese ricercano nuove soluzioni per soddisfare i bisogni di un mercato in continua evoluzione. Scuola Italiana Design, corso triennale post diploma, nasce nel 1991 per volontà della Camera di Commercio di Padova, socio di maggioranza di PST Galileo. Le piccole e medie imprese locali mancavano di un riferimento sul territorio che fosse in grado di mettere a loro disposizione competenze opportunamente formate nel settore dell’ideazione e progettazione creativa dei beni destinati alla produzione in serie. In quasi venti anni di attività, la Scuola ha diplomato più di 500 giovani provenienti dal Veneto, da altre città d’Italia e Paesi Esteri (Europa, Sud America), collaborando con oltre 150 aziende italiane allo sviluppo creativo di temi progettuali, assegnati alla Scuola nel corso del terzo anno di formazione specialistica.

Se, come evidenziato, il modello del PST Galileo nasce sulla base di caratteristiche ed esigenze locali, come può contribuire a tracciare le linee di una politica dell’innovazione che, partendo dalle eccellenze del territorio, vuole acquisire un respiro nazionale?
È vero che il modello del PST Galileo si è costituito in risposta ad alcune peculiarità del territorio di riferimento, tuttavia, nello sviluppo della propria attività, ha ottenuto di fatto un’attenzione non più solo regionale. Scuola Italiana Design, per esempio, realizza attività di formazione e collaborazioni con imprese che interessano tutto il territorio nazionale, così come MaTech ha generato una rete di MaTech Point, in cui viene fornito il servizio di ricerca e consulenza sull’applicazione dei nuovi materiali, presente attualmente in altre 10 città d’Italia. Credo che questa esperienza, così come quella di molti altri Centri per l’innovazione e Parchi Scientifici in Italia, potrebbe essere oggetto di maggiore attenzione: le ridotte risorse disponibili a livello locale dovrebbero essere integrate da interventi più consistenti a livello nazionale, in modo che le attività per l’innovazione di maggiore significato possano divenire un patrimonio quanto più possibile diffuso e condiviso, a beneficio delle imprese e del sistema economico e sociale del Paese.

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