INPS: dati, metadati e esodati.

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Sul pasticciaccio dei dati relativi ai cosiddetti “esodati” è difficile aggiungere parole che non alimentino un’ulteriore confusione, mi pare però necessario che anche qui sfruttiamo l’occasione per imparare dall’esperienza. Voglio quindi ribadire alcuni concetti fondamentali che sono alla base dei nostri valori e del nostro impegno per l’open government e per la trasparenza. Provo a dirvi i miei punti chiave, che riguardano per prima cosa la proprietà dei dati, poi il diritto di accesso e il dovere della trasparenza, poi la cultura del dato e l’obbligo della chiarezza, infine i rapporti istituzionali tra amministrazione e politica. Attendo vostri commenti.

13 Giugno 2012

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Carlo Mochi Sismondi

Articolo FPA

Sul pasticciaccio dei dati relativi ai cosiddetti “esodati” è difficile aggiungere parole che non alimentino un’ulteriore confusione, mi pare però necessario che anche qui sfruttiamo l’occasione per imparare dall’esperienza. Voglio quindi ribadire alcuni concetti fondamentali che sono alla base dei nostri valori e del nostro impegno per l’open government e per la trasparenza. Provo a dirvi i miei punti chiave, che riguardano per prima cosa la proprietà dei dati, poi il diritto di accesso e il dovere della trasparenza, poi la cultura del dato e l’obbligo della chiarezza, infine i rapporti istituzionali tra amministrazione e politica. Attendo vostri commenti.

La materia non è banale e lo spazio di un editoriale è poco, quindi mi scuserete se sarò un po’ tranchant, partendo da quattro asserzioni da cui poi discenderà qualche considerazione:

  • I dati non sono dell’INPS, non sono del Ministro, non sono del Parlamento: i dati pubblici sono dei cittadini. Questo vuol dire che nessuno può essere accusato, a meno che non violi le regole della privacy, perché mette a disposizione dell’opinione pubblica dati pubblici in suo possesso. La parola “fuga di notizie” in questo caso è impropria e fuorviante: si tratta infatti di “notizie” che tornano ai legittimi proprietari.
  • La trasparenza non è un optional, è un diritto dei cittadini ed un obbligo delle amministrazioni sancito dalla legge. Vale la pena di rileggere l’art. 11 della legge delega 15 del 2009: La trasparenza è intesa come accessibilità totale (…) delle informazioni concernenti ogni aspetto dell’organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all’utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell’attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità. Essa costituisce livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.
  • I dati però non bastano: perché la trasparenza sia reale bisogna che siano forniti con una adeguata descrizione che ne aiuti la comprensione [su questo consiglio l’intervento del Presidente Giovannini a FORUM PA 2012]. Io ho letto quasi tutti gli articoli che sono usciti sui mezzi di informazione, ma confesso che non ho le idee chiare su cosa c’è dentro i 390.200 “esodati” o simili indicati dall’INPS. Probabilmente è perché non abbiamo la possibilità di leggere la relazione completa. Sarebbe però nostro diritto, se vogliamo farci un’opinione, se vogliamo esercitare un controllo, se vogliamo essere partecipi democraticamente di scelte così importanti avere insieme ai dati una loro precisa definizione.
  • Una pubblica amministrazione non è proprietà del Governo né tantomeno di uno dei suoi ministri, alcune considerazioni sul fatto che in un’azienda privata i vertici dell’INPS, colpevoli di aver diffuso dati pubblici importanti per un tema politico a cui l’opinione pubblica è così sensibile, sarebbero stati sostituiti sono anche qui improprie e fuorvianti. Un’azienda ha un padrone, il cui arbitrio è per altro ben contenuto dalla legge, una pubblica amministrazione è proprietà dei cittadini. I suoi vertici giurano fedeltà non al Governo, ma alla Repubblica, alla Costituzione, alla legge. Veramente dopo tanti anni dal decreto legislativo 29 del ’93 non credevo ci fosse ancora bisogno di ricordarlo.

Come avete visto non ho parlato del merito: guarda caso non posso farlo … perché non ho i dati. Mi limito quindi a suggerirvi due letture. La prima è il bell’articolo del mio amico Marco Rogari che su Il Sole24Ore fa il punto sui numeri, almeno su quelli che si sanno. La seconda è la relazione annuale dell’INPS così è stata presentata da un grande manager pubblico, e a cui va tutta la mia stima e tutto il mio incoraggiamento, Antonio Mastrapasqua.

 

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