Che ci fa la società civile con l’Open Government? Intervista a Tom Steinberg, mySociety

Home Open Government Partecipazione e Trasparenza Che ci fa la società civile con l’Open Government? Intervista a Tom Steinberg, mySociety

Avvicinandoci a FORUM PA 2012 (dal 16 al 19 maggio a Roma), cominciamo a preparare il terreno per rendere il più proficuo possibile ognuno degli incontri in calendario. Iniziamo ad alzare la palla a quelli che chiamiamo quest’anno i Maestri dell’Innovazione. Su scala internazionale, andiamo a conoscere e a intervistare quelli che sull’Open Government ci hanno scommesso, da prospettive diverse, con creatività e serietà. E hanno qualcosa da insegnarci. Per cominciare David Osimo ha intervistato per noi Tom Steinberg, che nel 2003 nel Regno Unito ha fondato mySociety. Per capirci, quelli di FixMyStreet e TheyWorkForYou.

21 Marzo 2012

D

David Osimo

Tom Steinberg ha fondato mySociety nel 2003. Questa ONG è il massimo esempio di "civic hacking", cioé un’iniziativa nata dal basso per realizzare l’open government. Dal 2003 mySociety ha realizzato decine di progetti per permettere ai cittadini di entrare in contatto con politici ed amministratori: il più famoso è probabilmente FixMyStreet, ma non possiamo non citare TheyWorkForYou.com, il sito che meglio di ogni altro permette di monitorare cosa dicono e come votano i Membri del Parlamento; o e-Petitions, il sistema di petizioni fatto per Downing Street che ha attirato più di 3 milioni di utenti. A Tom, che ci parla dalla sua casa di campagna, chiediamo di tirare un primo bilancio (quasi storico) dell’open government.

Tom Steinberg si presenta e spiega come e perché ha cominciato a lavorare sull’Open Government

 

 Tom Steinberg sarà a FORUM PA 2012, il 18 maggio alle ore 17,00 con un keynote dal titolo "- How to build the open government from the bottom: the experience of mySociety"

Tom, tu sei stato uno dei grandi promotori dell’open government quando ancora era un tema scomodo e marginale. Oggi quasi tutti i paesi promuovono iniziative di open government e portali di open data. Quale è la tua impressione su questo cambiamento storico? E’ una moda di facciata o è un cambiamento reale?

Ci sono entrambi i fattori. Il cambiamento tangibile è avvenuto in quelle aree in cui la chiusura dei dati era motivata principalmente da ragioni burocratiche; situazioni in cui i governi già hanno i dati pronti per la pubblicazione. In queste situazioni il cambiamento è chiaro. Molto più difficile è aprire i dati che sono in cattive condizioni, in termini di soluzioni tecnologiche, qualità dei dati, rigidità dei contratti di fornitura. Per questo c’è ancora  bisogno di sensibilizzare le pubbliche amministrazioni a produrre dati di buona qualità e a renderli pubblici. Per convincere le pubbliche amministrazioni ad investire e liberare i dati è fondamentale utilizzare argomenti legati all’impatto degli open data per la crescita economica e per il miglioramento della qualità della vita. E’ buffo, ma siamo oggi in una situazione paradossale, in cui il governo viene da noi dicendo di dover far qualcosa per gli open data, ed attivisti come noi rispondono che non è cosi, che l’obiettivo non sono gli open data, ma ciò che si fa con loro. Se vogliamo trarre un bilancio storico, anche in Inghilterra siamo solo agli inizi dell’open government. Possiamo dire di aver concluso la fase uno, in cui c’è una direzione politica forte dall’alto in direzione di una maggiore apertura. Ma ora viene il difficile. Da un lato si tratta di liberare i dati di alto valore, quali i dati metereologici, geografici e del registro delle imprese. Qui ci si deve confrontare con "incumbent" forti, che considerano i dati come fonte di fatturato e oppongono grandi resistenze all’apertura. Dall’altro lato bisogna superare una difficoltà legata alla diffusione della pratica dei dati aperti universalmente in tutta la pubblica amministrazione anche a livello locale, modernizzando sistemi informativi disegnati per un contesto ormai vetusto. E qui sono necessari investimenti e cambiamenti in qualche modo "generazionali".

Rimane molto difficile coinvolgere attivamente i cittadini tramite servizi di e-participation: quali sono le lezioni apprese da mySociety nel corso degli anni?

Una delle lezioni principali apprese nel corso degli anni è che per coinvolgere i cittadini nella attività pubblica, è fondamentale lavorare sull’usabilità e sul rimuovere le barriere alle partecipazione. Ma per convincere le persone a partecipare bisogna lavorare su problemi concreti: bisogna assicurarsi ad esempio che FixMyStreet appaia nella prima pagina dei risultati di Google quando si cercano informazioni per contattare il Comune.
Per poi costruire una reale partecipazione politica, è necessario che i servizi offrano una esperienza positiva e gratificante che induca a continuare la partecipazione.

Quali sono i prossimi passi di MySociety in termini di sviluppi tecnologici? Big data, reti di sensori, web semantico?

Non ci interessa investire in tecnologie di moda, ma in soluzioni a problemi concreti come il nostro ultimo servizio, FixMyTransport.
Un’altra area di interesse è sulle tecnologie che facilitano il passaggio da un livello "leggero" di partecipazione a livelli crescenti di interazione con i politici. A livello internazionale, cerchiamo di facilitare il più possibile il riuso delle nostre soluzioni in altri paesi. Lavoriamo in altri paesi insieme a attivisti locali. Dunque chiunque è interessato può entrare in contatto con noi.

A questo riguardo, quale è la tua percezione di ciò che succede in Italia, ed eventuali messaggi a coloro che stanno cercando di implementare l’open government in Italia?

Sono un grande ammiratore del lavoro fatto da OpenPolis su OpenCamera. Vista dall’esterno, la mia sensazione è che in Italia potrebbe essere utile lavorare di più sull’open government a livello di servizi locali, come nel caso di FixMyStreet.

Il tipico servizio di MySociety, basato su piccoli significativi interventi, è molto diverso dal modello adottato dalla pubblica amministrazione, che tende a lanciare grandi progetti che durano anni e che tipicamente rimangono poco utilizzati. Hai notato qualche cambiamento significativo in come il governo compra servizi ICT e finanzia la e-participation?

C’è stato solo un cambiamento significativo: la creazione del Digital Service dentro il governo inglese. Implica portare sviluppatori e project manager di eccellenza dentro il governo per sviluppare soluzioni in-house. In questo modo si creano competenze interne che riescono non solo a realizzare servizi di alto livello, ma anche a spendere meno. Credo che questo sia un modello che potrebbe venire copiato in altri contesti.
 

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!