Consolandi: “Così il Cad influenza il processo civile telematico”

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E’ un po’ più difficile di ieri, alla luce di queste modifiche, dire con esattezza quale valore sarà riconosciuto in giudizio a un documento informatico. Vi potranno essere notevoli differenze nelle soluzioni giurisprudenziali, anche perché, su un giudizio di fatto, l’intervento nomofilattico della Cassazione sarà difficile. E qui veramente la logica di questa modifica diventa sfuggente

21 Settembre 2016

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Enrico Consolandi, magistrato, tribunale di Milano

IL 14 settembre è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il d.lgs. 179 del 26 agosto 2016, che approva un nuovo testo del CAD, il codice della amministrazione digitale originariamente d.lgs. 82/2005, che è ormai prassi mutare un po’ tutti gli anni. La finalità principale era quella di inserire le norme per il funzionamento dello SPID, il sistema di identificazione digitale che pare ormai di imminente introduzione.

Tuttavia il testo viene anche ad incidere sulle norme processuali che hanno influenzato gli uffici giudiziari, quali il valore del documento informatico, le firme, il valore probatorio. E’ comunque una lettura macchinosa, di continui rinvii.

Alla fine il giurista che cerca le novità processuali finisce per chiedersi “chi ce l’ha fatto fare”. Perché la sensazione è un po’ questa, che al di là delle parole di cui son fatte le norme, nulla cambierà ancora per un po’, forse un bel pezzo. Perché l’informatizzazione è così: vale di più l’applicativo, la funzione ben svolta, il dato trasparente e utile, piuttosto che la definizione normativa.

Così è per gli open data dell’art. 52 Cad, la disponibilità in formato aperto dei dati della pubblica amministrazione: bellissimo, ma se non ci sono, se non sono disponibili, come non sono stati fino ad oggi, questi dati, l’art. 52 non serve a nulla, resta un esercizio di stile.

Più importante farlo che scriverlo e nessuno lo ha fatto.

Ad ogni buon conto la riforma del Cad ha abrogato l’art. 52 dove diceva che “le pubbliche amministrazioni pubblicano …. il catalogo dei dati, dei metadati e delle relative banche dati in loro possesso ed i regolamenti che ne disciplinano l’esercizio della facoltà di accesso telematico e di riutilizzo”.

A fronte però di questa abrogazione l’art. 53 ha avuto, in aggiunta, dalla medesima novella, un comma uno bis che dice “le pubbliche amministrazioni pubblicano …. anche il catalogo dei dati, dei metadati definitivi nonché delle relative banche dati in loro possesso ed i regolamenti che ne disciplinano l’esercizio della facoltà di accesso telematico e di riutilizzo di tali dati e metadati” . Ho messo in grassetto le parti differenti, irrilevanti.

> Questo articolo è parte del dossier “Speciale Cad. Inizia la fase attuativa, l’analisi di FPA e dei nostri esperti”

Orbene qual senso abbia spostare da un articolo all’altro la medesima disposizione è cosa sfuggente e disorientante. Viene in mente la strofa di De Andrè sulle Nuvole:

“Vanno
vengono
per una vera
mille sono finte
e si mettono li tra noi e il cielo
per lasciarci soltanto una voglia di pioggia.”

Ci sono poi tanti rinvii a normativa secondaria, le famose (famigerate?) regole tecniche ex art. 71 del Cad stesso.

Anche questo art. 71 è mutato: il procedimento prevedeva un decreto della Presidenza del consiglio dei Ministri, con concerti e pareri vari, mentre oggi è prevista una proposta di AgID, un decreto del Ministro per la semplificazione, ma deve essere sentito il Ministro per la Giustizia, prima ignorato.

Questo è un riconoscimento del lavoro fatto nel sistema giustizia sulla informatizzazione, per cui non ci troveremo con regole tecniche che possano disfare il processo telematico – si spera – come è rischiato di accadere nel gennaio 2015 con le regole ex art. 71 Cad sulle copie informatiche ed analogiche che con le loro procedure rischiavano di compromettere il nostro sistema (ma poi c’è stato un decreto legge di chiarimento).

Se si considera che per quelle regole tecniche – sulle copie – ci son voluti 10 anni, si può capire come tutte le riserve di regole tecniche ex art. 71 Cad contenute nella nuova normativa comportino tempi lunghi.

Alle regole tecniche il nuovo Cad rinvia in molti casi:

1. nel modificare l’art. 12 sulla intereoperabilità fra pubbliche amministrazioni; in campo giuridico è molto importante questa interoperabilità quanto per esempio alla registrazione di decreti e sentenze, lavoro in corso ormai da decenni, che di queste regole sulla interoperabilità avrà bisogno.

2. nel modificare l’art. 17 sulla attuazione da parte delle amministrazioni delle linee strategiche del governo in tema di riorganizzazione e digitalizzazione, oggi da farsi “in coerenza con le regole tecniche di cui all’art. 71”. In realtà è una disposizione oscura perchè pare subordinarte la azione del governo alle regole tecniche poste da una parte di esso, con possibilità che le scelte politiche restino subordinate a queste regole tecniche. Questo della necessraia presenza di scelte politiche nella tecnologia è un nodo dello sviluppo che pare non essere ancora compreso.

3. nel modificare l’art. 23 in tema di copie, laddove però le regole tecniche forse ci sono già, approvate dopo 10 anni dalla loro previsione, come dicevo, ma andranno rifatte perchè ora si prevede un “contrassegno a stampa”, la cui utilità sinceramente sfugge assai. Vedremo queste regole tecniche, ma nel frattempo?

4. Nel modificare l’art. 44 bis sui conservatori accreditati dei documenti informatici, i quali prima dovevano solo chiedere l’accreditamento a Digit PA e ora dovranno attendere le regole tecniche, o, forse, potranno attenderle e nel frattempo svolgere la loro attività senza controlli? Sta di fatto che il tema della conservazione è nodale se si vuole abbandonare la carta, ed è ormai caldo perchè le precedenti regole tecniche, del marzo 2014, prevedevano l’obbligo di conformarsi entro tre anni e siamo quasi ormai a scadenza, con poco di fatto, anche nel processo telematico.

5. Nel modificare l’art. 48 in tema di posta certificata, ove alla tradizionale – si fa per dire – PEC potrà esser affiancato altro strumento conforme alle emenande regole tecniche. Sembrerebbe dunque che ci si sia resi conto che lo standard della PEC è solo italiano ed è senza futuro, per i limiti intrinseci dei protocolli di posta elettronica Altri paesi del mondo non utilizzano la PEC, caso mai altri sistemi più agili del tipo “store and notify”.

6. Infine entro 4 mesi dalla entrata in vigore saranno emanati aggiornamenti e coordinamenti delle regole tecniche vigenti e solo per questi 4 mesi restano in vigore le attuali

Questo rinvio a successiva normazione da un lato allunga i tempi, dall’altro porta la scelta ai tecnici, con rinuncia alla assunzione di responsabilità politiche, quando una innovazione efficace necessiterebbe di un governo politico che la guidi, magari assieme a tecnici, ma con assunzione diretta di responsabilità.

Quello che non c’è nella novella, fortunatamente, è la norma di modifica degli artt. 52 e 53 del codice sulla privacy che obbligava a anonimizzare tutte le sentenze pubblicate negli archivi pubblici, con grave danno delle banche dati giurisprudenziali. La norma, presente nei progetti preliminari, è caduta sotto la scure del parere del Consiglio di Stato che ha osservato che difettava la delega legislativa. Possiamo così evitare di “burkhinizzare” le nostre pronunce celando volti e identità dietro un anonimato che rischia di nascondere anche la vera portata delle decisioni e va contro al principio della pubblicità della attività giurisdizionale di cui all’art. 6 della CEDU “ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata imparzialmente, pubblicamente …“.

Un ultimo discorso, merita il principio di equivalenza del documento informatico a quello scritto: è stato abrogato con l’art. 20 comma 1 e, in segno di lutto, l’art. 20 inizierà con il comma 1 bis.

Perché un certo lutto per la abrogazione di una norma che è stata la leva della informatizzazione in molti campi, va portato, anche se l’art. 46 del regolamento EIDAS ( n.910 del 2014 ) ha sostituito questo principio di equivalenza con un principio di non discriminazione ( a un documento elettronico non sono negati gli effetti giuridici e la ammissibilità come prova in procedimenti giudiziali per il solo motivo della sua forma elettronica ) che andrà testato agli effetti pratici.

Era un principio introdotto con la prima legge Bassanini e per i tempi era assai innovativo, e che precedeva la direttiva 93 del 1999 sulla firma digitale; confermato poi da tutti i testi di codice della amministrazione digitale, dal dpr 123 del 2001 in tema di PCT, oggi viene meno e del resto anche la direttiva 93 del 1999 era stata abrogata dal regolamento EIDAS europeo.

Peccato per questa abrogazione, perché ora potrà essere messo in discussione il valore del documento informatico, visto che il comma 1 bis introdotto recita “l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità”. La dizione era uguale nel precedente comma 1bis, che però aveva un rinvio, oggi sparito, all’art. 21 del CAD, il quale a sua volta prevede il valore del file firmato parificato alla scrittura privata, con la aggiunta della presunzione di riferibilità al titolare della firma, quindi con inversione della prova rispetto alla scrittura “cartacea”.

E del resto questa norma sulla libera apprezzabilità in giudizio deve essere armonizzata in sede giurisprudenziale con la previsione di valore legale da parificarsi ai documenti cartacei.

Si discuterà a lungo sul significato del rinvio che ora non c’è più, forse perché era inutile e forse perché non lo si vuole più, aumentando il potere del giudice, come pure sul significato della nuova inserzione nell’art. 21 della salvaguardia della normativa anche regolamentare sul PCT, quando si tratta di norme sulla prova sostanziale, che poco c’entrano con il PCT.

Oggi è comunque un po’ più difficile di ieri, alla luce di queste modifiche, dire con esattezza quale valore sarà riconosciuto in giudizio a un documento informatico. Vi potranno essere notevoli differenze nelle soluzioni giurisprudenziali, anche perché, su un giudizio di fatto, l’intervento nomofilattico della Cassazione sarà difficile. E qui veramente la logica di questa modifica diventa sfuggente.

Come le nuvole di De Andrè queste norme “certe volte ti avvisano con rumore”: anche troppo, rispetto a quel che poi ne esce.

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