Data driven decision: quando la complessità genera valore

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Quand’è che la complessità genera valore? Quando siamo in grado di mettere a sistema tutti i dati a disposizione, porli al centro dei processi di conoscenza, utilizzarli per misurare un territorio e, attraverso questo processo, governarlo. Il ruolo delle tecnologie è naturalmente centrale in questo processo, ancora una volta le tecnologie sono lo strumento che abilita la trasformazione

24 Gennaio 2018

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Michela Stentella

I dati sono tanti, sono ovunque e sono una grande ricchezza: per le aziende che possono utilizzarli per avviare nuove opportunità di business, per le amministrazioni che grazie alla conoscenza e all’analisi dei dati possono prendere decisioni mirate, per i cittadini che possono trovare nei dati, soprattutto quando questi vengono rilasciati sotto forma di dati aperti, un incredibile strumento di partecipazione. I dati possono essere un potente acceleratore per la crescita dei territori, ma non hanno valore in sé, hanno valore solo se vengono raccolti, sistematizzati, messi a confronto, elaborati, analizzati.

La parola che potremmo usare per definire questo contesto è complessità: dei sistemi urbani (le cui esigenze di conoscenza e analisi non sono più soddisfatte solo dai dati tradizionali) e delle fonti di dati. Ma quand’è che la complessità genera valore? Quando siamo in grado di mettere a sistema tutti questi dati, porli al centro dei processi di conoscenza, utilizzarli per misurare un territorio e, attraverso questo processo, governarlo.

Come viene sottolineato all’interno del Piano Triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione: “Per sfruttare le potenzialità dell’immenso patrimonio dei dati raccolti e gestiti dalle PA è necessario attuare un cambio di paradigma nella loro gestione che consenta di superare la “logica a silos” in favore di una visione sistemica. Il dato deve essere inteso come bene comune, condiviso gratuitamente tra Pubbliche amministrazioni per scopi istituzionali e, salvo casi documentati e propriamente motivati, utilizzabile dalla società civile” (capitolo 4.1. – Dati della Pubblica amministrazione).

I dati, come le tecnologie che li sottendono, devono diventare uno strumento abilitante di un nuovo modo di amministrare il territorio che si basa sulla conoscenza per prendere decisioni (data driven decision) e sul coinvolgimento di cittadini e aziende nel processo decisionale.
Misurare e rendere conto, queste potrebbero essere le parole chiave per città e territori innovativi. Il tutto sulla base dei dati: big data e open data.

Misurare. Oggi praticamente ogni fenomeno può essere conosciuto incrociando fonti di dati enormi e molto diverse tra loro: dai dati istituzionali rilasciati sistematicamente da fonti come l’Istat ai dati che vengono prodotti dalle PA nello svolgimento delle proprie funzioni, dai dati dei bilanci comunali e delle spese regionali a quelli che arrivano dai social media, dai dati messi a disposizione attraverso modalità di web scraping a quelli prodotti dalle imprese (dati di rendicontazione sociale e ambientale e dati di consumo di prodotti, media e tecnologie). Senza dimenticare l’IOT, l’internet delle cose che produce e raccoglie dati attraverso oggetti connessi e reti che li connettono (pensiamo agli smart meters che controllano l’erogazione di energia elettrica o di altri servizi). Secondo l’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano, nonostante difficoltà di vario tipo negli ultimi 3 anni il 51% dei Comuni italiani sopra i 15mila abitanti ha avviato almeno un progetto IOT in ambito smart city (38% gestione del traffico, 37% illuminazione, 35% gestione parcheggi).

Rendere Conto. I cittadini sono fruitori ma anche produttori di dati, non sono più soggetti passivi che subiscono le scelte delle amministrazioni. Queste ultime, quindi, oltre a fare le proprie scelte sulla base di richieste e bisogni reali (dopo aver analizzato attraverso i dati ciò che avviene nel proprio territorio), devono anche rendere chiari i motivi delle scelte, soprattutto in un contesto di risorse limitate. Mettere in evidenza le diverse alternative e le loro conseguenze è l’unico modo per sperare di ottenere non un consenso puramente elettorale, ma un reale e duraturo coinvolgimento nei processi di cambiamento e d’innovazione.
Per fare questo si devono condividere indicatori fin dalla fase di programmazione delle iniziative e si deve poter contare su dati certificati, oggettivi, basati sull’evidenza.
Le conseguenze positive di un percorso di data driven decision sono quindi di diverso tipo per l’amministrazione: migliore gestione della spesa pubblica, investendo in settori in cui c’è davvero bisogno e richiesta; instaurazione di un nuovo rapporto fiduciario con i cittadini, basato sulla trasparenza e la partecipazione.

Il ruolo delle tecnologie è naturalmente centrale in questo processo, ancora una volta le tecnologie sono lo strumento che abilita la trasformazione. Le tecnologie servono per raccogliere, analizzare e gestire i dati, supportando le PA nel prendere decisioni complesse. Ovviamente le PA devono da un lato dotarsi di persone e competenze in grado di usare questi nuovi strumenti, dall’altro lavorare sulla cultura interna all’amministrazione, a partire dai dirigenti, affinché questi vedano le reali potenzialità della trasformazione digitale e ne traggano conseguenze strategiche e non tattiche.
Coloro che governano i nostri territori necessitano quindi di competenze (empowerment), cultura del dato (cambiamento culturale), tecnologie abilitanti i processi di data driven decision (innovazione tecnologica).
Le tecnologie servono inoltre per mettere i dati a disposizione di cittadini e imprese, in un contesto in cui, ad esempio, i portali open data non devono essere dei siti vetrina, ma fornire dati davvero utili alla conoscenza del territorio. Il tema qui, oltre a quello della qualità del dato, è anche “quali dati aprire”. I diversi cataloghi di dataset e basi di dati da rilasciare come dati aperti, realizzati nell’ultimo anno dall’Open Government Partnership e da AgID e Team digitale, dovrebbero andare proprio in questa direzione, oltre a consentire il monitoraggio delle azioni portate avanti.
I problemi e le sfide aperte sono diverse: accessibilità dei dati, privacy, interoperabilità (concetto stressato in più punti dal Piano triennale), condivisione, riuso, velocità nel rispondere con l’azione a ciò che i dati evidenziano.
Per passare dalla teoria alla pratica, le amministrazioni devono fare quindi un salto di qualità che va supportato attraverso azioni di awareness building, disseminazione sul tema, accompagnamento al cambiamento organizzativo, tecnologico, culturale.

Questo articolo è parte del dossier “Il valore dei dati”.

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