Ecosistemi di servizi per il cittadino: la scelta obbligata del cloud computing

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Il digitale è un “acceleratore pervasivo” che abilita gli attori di un ecosistema a comunicazioni immediate, permettendo la creazione di nuovi modelli economici, organizzativi e di processo. Il cloud computing è l’infrastruttura su cui naturalmente risiedono gli ecosistemi digitali e grazie alla quale oggi è possibile fare importanti cost saving coniugando flessibilità, sicurezza e scalabilità

11 Maggio 2016

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Eduardo Rispoli, Partner, Whitehall Reply

Un ecosistema è un ambiente in cui gli attori che vi partecipano sono fortemente interconnessi e concorrenti, ognuno con un ruolo ben preciso e definito. Allo stesso tempo ogni entità in gioco condivide il medesimo fine, ossia garantire il funzionamento dello stesso ecosistema di cui fa parte.

Anche in questo caso il digitale è un “acceleratore pervasivo” che abilita gli attori di un ecosistema a comunicazioni immediate, permettendo la creazione di nuovi modelli economici, organizzativi e di processo. Le infrastrutture (come il cloud computing) e le piattaforme abilitanti (social, IoT, mobile, etc…), sono le risorse diffuse per una fruizione flessibile e multicanale dei servizi e dei loro contenuti.

Il Cloud è l’infrastruttura su cui naturalmente risiedono gli ecosistemi digitali e grazie alla quale oggi è possibile fare importanti cost saving coniugando flessibilità, sicurezza e scalabilità. Soprattutto, il Cloud è nativamente progettato per accogliere modelli di distribuzione del software a servizio (SaaS) permettendo l’implementazione di soluzioni on demand e introducendo gli oramai conosciuti modelli di Business innovativi quali il pay-per-use, pay per view, pay per click e così via.

Solo per fare un ulteriore esempio, oggi possiamo dire che non si può prescindere dall’utilizzo di infrastrutture come il Cloud per sperimentare nuove soluzioni in tempi rapidi grazie a framework implementabili in poche settimane e senza costi fissi o contratti vincolanti. In tal modo, con un utilizzo minimale delle risorse, ci si può permettere anche di sbagliare, ma solo per imparare dagli errori commessi e poi ripartire velocemente con una nuova consapevolezza, puntando alla realizzazione del sistema di “produzione”. Questo processo iterativo non può prescindere dalla governance e da una forte leadership che guidi il cambiamento (il più delle volte organizzativo e di processo).

Per le motivazioni sopra esposte non ha senso parlare di ecosistemi digitali “chiusi” quando occorre far leva sull’intelligenza collettiva (senza timori di ripercussioni) e sulle piattaforme collaborative. E’ immediato il riferimento al marketplace, il luogo “aperto” virtuale dove poter scambiare prodotti/servizi/contenuti in qualsiasi modalità (B2B, B2C, B2B2C, B2G, G2G, etc…).

Il cittadino, in questo scenario, diviene fondamentale in quanto l’ecosistema digitale nasce, si forma e cresce intorno alla community in cui ogni individuo/nodo interconnesso è una cellula che contribuisce a tenere in vita l’organismo “Paese” di cui fa parte.

Allora, se è necessario che prevalga una visione cittadino-centrica, è altrettanto vero che occorrono delle specifiche politiche a riguardo. Il tema è solo relativamente tecnologico. Se si vuole davvero che il cittadino fruisca di nuovi servizi digitali offerti dalla PA tutto questo deve essere accompagnato da una serie di azioni organiche e sinergiche sia informative che normative che esecutive. Strumenti quali le campagne di comunicazione, nuove politiche di accesso ai servizi che spingono sulle architetture di delivery, azioni di contrasto all’over-regulation attraverso linee guida ispirate alla soft-law, e soprattutto la certezza delle risorse a disposizione ed una loro corretta programmazione ed attuazione sono fondamentali (ancora oggi assistiamo ad una eccessiva frammentazione delle risorse ed alla duplicazione degli investimenti, mentre i progetti governativi di ottimizzazione della spesa risultano procedere con estrema lentezza). Come fondamentale è ancora una volta il coinvolgimento dei privati, che possono mettere a disposizione della Pubblica Amministrazione modelli di gestione mutuati da esperienze industriali.

L’insieme di questi fattori permetterebbe, in una successiva fase attuativa, la piena partecipazione agli ecosistemi digitali da parte dei cittadini (riprendendo il tema delle campagne di comunicazione sarebbe auspicabile utilizzare “positivamente” i cittadini stessi quali testimonial delle iniziative governative).

E’ anche vero che per rendere attuabile un piano così ambizioso ci sarebbe bisogno di una politica organica dell’innovazione, ma per far questo occorre non solo l’impegno dei singoli (che sembra esserci a tutti i livelli) ma anche maggiore trasparenza, volontà e coraggio insieme ad una forte governance centralizzata.

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