I margini di miglioramento sono nell’organizzazione

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Antonio Scaramuzzi – Direttore del Servizio Sistemi Informativi e Telematici del Comune di Udine

Le necessità a monte di un progetto come CMDBuild spesso non sono note ai non addetti ai lavori. Potrebbe brevemente descrivercele?

21 Dicembre 2006

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Tommaso Del Lungo

Articolo FPA

Antonio Scaramuzzi – Direttore del Servizio Sistemi Informativi e Telematici del Comune di Udine

Le necessità a monte di un progetto come CMDBuild spesso non sono note ai non addetti ai lavori. Potrebbe brevemente descrivercele?

Effettivamente i temi chiamati in causa dal nostro progetto sono abbastanza specialistici e a volte nemmeno all’interno del nostro ambito di lavoro si ha spesso la percezione di cosa voglia dire incidere sull’organizzazione per aumentare l’efficienza della gestione informatica. In realtà la problematica è sicuramente sentita, ma in modo troppo latente per concretizzarsi in uno sforzo ben indirizzato.
La nostra esperienza è partita verso la fine del 2003 con l’esigenza di organizzare meglio il lavoro della nostra struttura. All’aumentare dei carichi di lavoro quotidiani, dovuto alla crescente informatizzazione dell’Amministrazione si aggiungeva, infatti, il blocco delle assunzioni caratteristico di quel periodo, che ci ha costretto a ricercare altrove margini di miglioramento, ovvero agendo sulla leva organizzativa. Verso la metà del 2004, quasi per caso, sono venuto a conoscenza di un’iniziativa realizzata dall’OGC, ente governativo del Ministero del Tesoro britannico, denominata ITIL – IT Infrastructure Library. Successivamente ci siamo concentrati proprio sullo studio di questa esperienza appoggiandoci ad una società di consulenza e cominciando un percorso di awareness e di metabolizzazione di quanto indicato da questa best practice.

Cos’è in concreto l’ITIL?

Si tratta di un documento suddiviso in diversi tomi, che fornisce suggerimenti su come dovrebbero essere implementati i servizi informatici erogati all’utenza, sia essa interna che esterna. A differenza di altre metodologie o di standard o percorsi di qualità ben più noti, le indicazioni contenute in ITIL sono strettamente focalizzate sull’organizzazione dei servizi erogati da strutture ICT. In pratica potremmo definirla come una raccolta di indirizzi prettamente organizzativi che, senza scendere nel dettaglio delle soluzioni applicative o tecnologiche, forniscono un quadro d’insieme sui processi tipici dell’ICT.
Su queste tematiche, già nel 2004 gli inglesi erano piuttosto avanti, così come molti altri paesi europei che avevano sposato queste linee guida, mentre in Italia la situazione era completamente diversa e quasi nessuno si era ancora avvicinato a queste tematiche, né in ambito privato né, tanto meno, in ambito pubblico.

Quindi CMDBuild è la conclusione di questo percorso di riorganizzazione dei processi di gestione dei sistemi informativi?

Diciamo che CMDBulid è il passo fondamentale del percorso, ma non necessariamente il conclusivo. Nella documentazione ITIL, infatti, i processi sono catalogati in due grandi famiglie: erogazione dei servizi (services delivery) e supporto ai servizi (services support). Tutte le informazioni relative a queste famiglie di processi, però, devono essere catalogate in un repository unico che consente una gestione coerente, corretta ed ottimale. E questo repository viene chiamato appunto CMDB, Configuration Management DataBase.
In sostanza è un archivio in cui vengono memorizzate tutti i dati, da quelli delle attrezzature fisiche, a quelle dei software e dei servizi, fino a quelle degli oggetti correlati ai diversi servizi. Come è semplice immaginare tutto questo facilita enormemente il lavoro della nostra struttura, perché il CMDB diviene il bacino "ordinato" in cui andare a verificare tutte le informazioni utili all’erogazione dei servizi.
Nella sostanza però, anche se il cuore della soluzione è rappresentato da un database da consultare ed aggiornare periodicamente, ben più complesso è il percorso che sta alle spalle di questa soluzione. Noi personalmente abbiamo colto l’occasione dataci da ITIL per provare a ridisegnare i nostri processi ed arrivare a semplificarci il lavoro quotidiano. Partendo da una fotografia di come lavoravamo ci siamo posti degli obiettivi di miglioramento nell’erogazione dei servizi, basandoci sulle indicazioni ITIL adattate alle nostre esigenze. Abbiamo scelto di focalizzarci sull’elemento "cambiamento" provando a strutturare qualunque richiesta potesse essere fatta al nostro ufficio come una modifica al sistema. Fatto questo, abbiamo formalizzato questa modifica disegnando un flusso particolareggiato che ci permettesse di gestire al meglio la nostra mission.

Dato che queste sono necessità di un qualunque ufficio informatico, ogni ente pubblico dovrebbe adottare soluzioni di Configuration Management Database, o la vostra è un’iniziativa particolarmente innovativa all’interno della PA?

In effetti credo che il nostro sia un intervento innovativo nel senso che va ad operare su un problema – la gestione delle infrastrutture ICT – adoperando una modalità che ancora non è diventata prassi nel nostro Paese. Di recente alcune aziende private hanno cominciato ad interessarsi ad ITIL, ma il più delle volte la spinta è stata data dai vendor che, comprendendo le potenzialità di recupero di efficienza di questo modello, hanno sviluppato le proprie competenze ed offerte. Dal punto di vista del settore pubblico conosco realtà che si stanno muovendo in questa direzione e che molte altre Amministrazioni sono interessate all’argomento. Alcuni ci hanno anche chiesto informazioni, ma partire con un percorso culturale e progettuale non è immediato.

Perché è così difficile avviare un percorso come il vostro?

Come spesso avviene nel campo dell’innovazione, soprattutto dei processi, il problema è culturale. Occorre sicuramente investire tempo e risorse e, cosa più importante, occorre crederci dato che non è qualche cosa che si può semplicemente calare dall’alto. Tuttavia l’implementazione di progetti come il nostro viene enormemente facilitata dalla flessibilità di ITIL, che non si qualifica come un percorso di qualità o come uno standard rigido, bensì come qualcosa di versatile che deve essere adattato ad ogni singola realtà secondo il paradigma "adopt & adapt".
Un’altra difficoltà, caratteristica dei piccoli centri di elaborazione dati, come il nostro, è la scarsa abitudine del personale a ragionare in un’ottica di servizio. A volte per mancanza di risorse, altre volte per mancanza di cultura o addirittura di controllo, a volte per tutti e tre questi motivi, la missione del Settore Sistemi Informativi viene dissociata da quella dell’Amministrazione e questo certo non agevola il cambiamento.

Veniamo ora alla scelta open source. Da dove è arrivato l’input principale?

Oltre ad impegnarci sul fronte della reingegnerizzazione, abbiamo voluto fare un ulteriore passo avanti, seguendo un trend che da diversi anni è stato avviato nel Comune di Udine, cioè nella realizzazione del CMDB abbiamo scelto di orientarci verso una soluzione open source. Se da una parte questa scelta è stata dettata da motivi economici, dall’altra era comunque forte la convinzione delle potenzialità del riuso della soluzione, senza contare, poi, che per quanto riguarda le Pubbliche Amministrazioni, la replicabilità di soluzioni o progetti è stabilita dalla legge.
Abbiamo perciò intrapreso la strada, forse poco usuale per un’Amministrazione pubblica, di commissionare lo sviluppo della soluzione ad una impresa del nostro territorio che crede fortemente nell’open source e che ha anche scelto di svolgere la funzione di mantainer per il sito di progetto www.cmdbuild.org.
Abbiamo inoltre aggiunto una clausola contrattuale nel contratto che imponeva che il prodotto fosse rilasciato con licenza GPL, affinché fosse riutilizzabile non solo all’interno della Pubblica amministrazione, ma da parte di tutta la comunità internazionale.

Particolarmente interessante il portale web dedicato al progetto. Potrebbe descriverci le strategie e le motivazioni?

Cmdb.org è il portale pensato, come dicevo, per dare visibilità alla soluzione, e diffonderla nell’ottica del riuso. Sul sito sono a disposizione di chiunque fosse interessato tutta la documentazione e tutto il codice sorgente, oltre, naturalmente ai nostri riferimenti e a quelli dei partner che ci hanno accompagnato in questo percorso. È stata una scelta di visibilità che non differisce molto da quella di partecipare attivamente alla comunità open source, i cui sviluppi sono comunque da noi sempre monitorati con grande attenzione.
Inoltre il progetto è stato presentato nel corso dei convegni organizzati da ITSMF Italia, associazione no profit facente parte della comunità internazionale che si occupa di services management in ambito ICT, ed è stato censito, così come diversi altri progetti avviati dal Comune di Udine, presso l’Osservatorio sull’Open Source del CNIPA.

Le potenzialità del sistema sono molto elevate. A che punto è oggi il progetto nel Comune di Udine?

Come dicevo prima ITIL è un progetto essenzialmente rivolto al miglioramento della qualità dei servizi ICT. La realizzazione di CMDB, seppure non sia il cuore del percorso, non è neppure la fase conclusiva, in quanto essa consiste nell’arrivare a "contrattualizzare" adeguati livelli di servizio nei confronti dell’utenza interna ed esterna ai Sistemi Informativi. Ad esempio una volta stabilito che l’ufficio comunale "X" è aperto dalla tal ora alla tal altra, ciò dovrebbe comportare l’erogazione di servizi aventi determinate caratteristiche di consistenza, intensità e qualità. Come si intuisce è un modo per ottimizzare le risorse sia umane che economiche e per orientare l’intera struttura verso livelli di qualità che non siano solamente interni, ma che si riflettano anche sulla missione istituzionale dell’Amministrazione. Solo realizzando tutto ciò si potrà ottenere il risultato di "allineare i servizi ICT al business", da molti a gran voce richiesto alle funzioni Sistemi Informativi di aziende pubbliche e private. Al momento noi non siamo ancora arrivati a questo stadio; l’auspicio è di arrivare ad implementare questi "contratti" con la nostra utenza nel giro di 15-18 mesi.

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