In house di informatica: un network cooperativo

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Gli specchi di Ferrara (1)

by marco belli

Non un sindacato né una lobby. Giulio De Petra, da sempre fautore di una visione cooperativa dell’innovazione, fuga subito ogni dubbio sulla natura della neo-costituita associazione tra le aziende regionali di informatica, presentata a FORUM PA. In un momento in cui lo Stato-azienda nelle sue diverse articolazioni (partecipate, in house, agenzie varie) è messo in discussione perché non sempre si percepiscono i risultati mentre, al contrario, i costi sono evidenti, le in house regionali di informatica fanno rete per mettere a fattore comune le esperienze e le competenze acquisite nei diversi ambiti di innovazione. E quindi per fare di più, meglio e senza spreco di risorse. Un esempio di federalismo che funziona. Forse perché nato dal basso e non promosso dall’alto.

15 Luglio 2008

Articolo FPA
Gli specchi di Ferrara (1)

by marco belli

Non un sindacato né una lobby. Giulio De Petra, da sempre fautore di una visione cooperativa dell’innovazione, fuga subito ogni dubbio sulla natura della neo-costituita associazione tra le aziende regionali di informatica, presentata a FORUM PA. In un momento in cui lo Stato-azienda nelle sue diverse articolazioni (partecipate, in house, agenzie varie) è messo in discussione perché non sempre si percepiscono i risultati mentre, al contrario, i costi sono evidenti, le in house regionali di informatica fanno rete per mettere a fattore comune le esperienze e le competenze acquisite nei diversi ambiti di innovazione. E quindi per fare di più, meglio e senza spreco di risorse. Un esempio di federalismo che funziona. Forse perché nato dal basso e non promosso dall’alto.

Perché una associazione tra aziende pubbliche, in un momento in cui, comunque, c’è un dibattito complessivo sul rapporto tra Stato e mercato che vede le in house come oggetto di discussione?  

Assinter, l’associazione tra le aziende di informatica pubblica nasce del tutto indipendentemente da questa discussione. Per comprendere le finalità occorre, quindi, situare il discorso in un contesto diverso, che è quello dell’innovazione nel settore pubblico e della governance dell’innovazione.

L’Associazione tra le in house pubbliche nasce per altri motivi che nulla hanno a che fare con finalità di rappresentanza “corporativa”. Al contrario, partiamo dalla situazione di impasse che si registra rispetto ai processi di innovazione dell’amministrazione pubblica che, ormai, dura da diverso tempo e che si è aggravata negli ultimi anni, che deriva da una mancanza di governo complessivo.

Il discorso è noto: per l’innovazione sono state investite tante risorse, ma con risultati comunque modesti a livello di sistema. A fronte di queste difficoltà ci sono, invece, delle situazioni di eccellenza a livello locale in cui le cose si riescono a fare. C’è, inoltre, un fatto nuovo, che è la cooperazione tra le Regioni, una sorta, cioè, di federalismo cooperativo che riesce a fare innovazione e a trasferirne i risultati.

Questo rapporto tra amministrazioni regionali spesso trova come soggetti attuatori proprio le società in house delle Regioni e, quindi, è sembrato non solo opportuno, ma necessario, trasferire anche a livello di società regionali la stessa modalità collaborativa e cooperativa che si sta realizzando tra amministrazioni regionali. Questa è la motivazione principale per la nascita dell’Associazione.

 

Ma nello specifico, a cosa serve questa associazione?

Ecco, qui veniamo ad un punto importante. Molte delle società in house hanno maturato competenze specifiche, talvolta di reale eccellenza in alcuni settori: ci sono quelle che operano sui sistemi informativi della sanità, quelle che hanno un expertise sui processi di riorganizzazione interna, sul back office, quelle che lavorano sulle reti, quelle che hanno ottenuto risultati significativi nel settore della cultura e così via. Insomma, se le consideriamo nel loro insieme, abbiamo un mosaico completo di competenze chiave per l’innovazione nella pa.

Ecco, queste competenze possono essere messe in rete: l’insieme delle società regionali di informatica può operare come una rete di aziende e, in questo modo, ottenere non solo risparmi ma, cosa più importante, evitare di ripercorrere strade già percorse. Insomma operare come un network per il riuso di esperienze e competenze.

In buona sostanza, l’Associazione ha come obiettivo quello di trasferire a livello delle società di informatica regionali lo stesso rapporto che c’è tra le Regioni, quello appunto di una sempre crescente cooperazione.

Questa caratteristica è prevista nella stessa governance dell’Associazione. Negli organi direttivi, infatti, è espressamente prevista la presenza di due rappresentanti del CISIS, e cioè due rappresentanti istituzionali delle Regioni.

 

Questo sicuramente conferma la natura di “agenzie strumentali” delle in house di informatica. Ma ritornando al rapporto tra Stato e mercato, come si posizionano queste realtà?

Innanzitutto, il punto di vista di chi ha promosso Assinter e, quindi, di tutte le società che ne fanno parte, è il rispetto rigoroso della normativa nazionale ed europea sulle società in house. Le società in house devono lavorare esclusivamente per il loro committente: non possono fare concorrenza alle società private anzi, devono avere come obiettivo quello di riversare sul mercato tra il 75 e l’80 per cento, circa, delle risorse. Quindi, non solo non sottraggono risorse al mercato, ma anzi rimettono sul mercato una quota rilevantissima delle risorse ad esse assegnate.

 

Ma allora, se le in house di informatica regionali si rivolgono al mercato, qual è il loro ruolo?

Diciamo che da una parte forniscono alle amministrazioni regionali le competenze tecniche necessarie a tradurre gli obiettivi di innovazione in progetti. Ma, soprattutto, garantiscono sia all’amministrazione regionale, sia al territorio cui fanno riferimento, l’integrazione delle soluzioni che vengono realizzate, cosa che invece non avviene dove, in assenza di una azienda di informatica o di una forte capacità dell’amministrazione di gestire l’integrazione, spesso c’è dispersione di risorse, sovrapposizione di soluzioni etc.

C’è un altro elemento interessante, e cioè che in assenza di una società in house, i grandi appalti delle amministrazioni regionali non sono accessibili da parte delle piccole aziende. Tutto il mondo delle piccole imprese resta escluso, oppure deve accontentarsi del subappalto delle grandi imprese. Oggi, invece, proprio le piccole imprese, soprattutto quelle di nuova generazione, sono le più innovative, e quelle che possono portare anche il mercato italiano su posizioni di eccellenza.
Le società in house, non affidando l’integrazione dei grandi sistemi al mercato, ma garantendola direttamente possono consentire un rapporto più corretto e più favorevole alle piccole imprese, diventando un fattore di sviluppo locale legato alle piccole imprese.

 

Immagino che anche nel panorama delle in house ci siano quelle più avanti e capaci e quelle meno capaci. Esiste, come accade spesso di rilevare, un differenziale nord/sud nella capacità di presidiare i processi di innovazione da parte di queste realtà?

Direi che la differenza, almeno per quanto riguarda le in house regionali di informatica, non è nord/sud, ma dipende, in qualche modo, dalla loro storia: ci sono quelle che operano da alcuni decenni e le new entry, quindi con una diversa base di competenze accumulate. La cooperazione tra Regioni così come tra aziende ha poi tra i suoi scopi anche quello di colmare le disparità tra regioni/territori. Comunque almeno in questo settore il Mezzogiorno è portatore di esperienze di eccellenza, attorno a cui nascono progetti di cooperazione interessanti.
Diciamo che sicuramente la cooperazione tra Regioni e tra aziende è lo strumento per fare prima, per accelerare il recupero di eventuali ritardi. Già oggi ci sono numerosi accordi di collaborazione: è un processo di federalismo sano, cooperativo, che funziona. Mentre, spesso laddove è il centro ad intervenire in modo sussidiario, non riesce ad ottenere gli stessi risultati.

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