OntologiaPA. La nuova frontiera dell’open data pubblico

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Gianluigi Cogo, dell’Associazione Italiana per l’Open Government ha intervistato Alessandro Chessa di OntologiaPA. OnotogiaPA spiegano i promotori nella presentazione del progetto è “una iniziativa che vuole rendere disponibili in modalità Open Source tutti gli strumenti utili a ‘liberare’ i dati delle Pubbliche Amministrazioni con i potenti mezzi del Semantic Web e con questo promuovere la nuova frontiera dei Linked Open Data”. Pubblichiamo con piacere il testo dell’intervista.

8 Novembre 2011

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Gianluigi Cogo

Articolo FPA

Gianluigi Cogo, dell’Associazione Italiana per l’Open Government ha intervistato Alessandro Chessa di OntologiaPA. OnotogiaPA spiegano i promotori nella presentazione del progetto è “una iniziativa che vuole rendere disponibili in modalità Open Source tutti gli strumenti utili a ‘liberare’ i dati delle Pubbliche Amministrazioni con i potenti mezzi del Semantic Web e con questo promuovere la nuova frontiera dei Linked Open Data”. Pubblichiamo con piacere il testo dell’intervista.

In poche parole,che cos’è ontologiapa.it  ?
E’ un’iniziativa Open Data di alcune realtà italiane attive nel settore delle piattaforme editoriali di ultima generazione e del Semantic Web, che mira a diffondere presso la pubblica amministrazione delle pratiche e degli strumenti che abilitino gli operatori a una condivisione ampia, automatizzata e consapevole dei dati e della conoscenza prodotta dalla PA.

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Perchè un Ente come la Provincia si apre all’open e al linked data?
Per dare un valore aggiunto alla propria attività. Gli operatori della PA nella loro attività quotidiana, non producono solo atti amministrativi, ma conoscenza che può essere messa a disposizione della cittadinanza e delle aziende per poter creare nuovo valore aggiunto e nuovi posti di lavoro qualificati per la produzione di nuove applicazioni. Un caso esemplificativo è un giornalista che voglia riportare dei dati dell’amministrazione per un proprio articolo in maniera puntuale e senza possibilità di errore. Inoltre gli stessi dati potrebbero essere pubblicati sul sito dello stesso giornale tramite un widget che mantenga un collegamento live aggiornato mano mano con le nuove informazioni.

Si parla molto di ontologie o dizionari condivisi nella PA, ma perchè ci sono così poche esperienze?
Il Semantic Web è rimasto per lungo tempo nelle stanze dell’accademia, come mero esercizio teorico, ma negli utlimi 2/3 anni si sta assistendo a un maturazione in ambito applicativo di questi strumenti, con l’introduzione di nuove piattaforme software abilitanti. A noi in Italia basta guardare a ciò che sta accadendo in UK, dove una grossa parte degli Open Data sono ‘semantificati’ e utilizzati in numerose applicazioni di utilità pubblica (). Da noi siamo all’inizio, ma di un processo che pare ormai inarrestabile.

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La semantica e i metadati sono utili alle tecnologie ma sono utili anche per comprendere cosa fa la PA. La trasparenza è anche questo, o basta rendere liberi i dati?
La trasparenza è non solo rendere disponibili le informazioni ma fornire anche degli strumenti per poterci fare qualche cosa. Faccio un esempio. Se io rendo ‘libera’ una tabella di dati da 200Mb con nomi dei campi criptici sto facendo un’operazione a metà. Il dato è disponibile ma, di fatto, difficilmente maneggiabile. Con un accesso SPARQL, al costo di una semplice chiamata remota, posso accedere ai dati che mi servono per le mie applicazioni e in maniera qualificata. Il Semantic aggiunge poi l’ulteriore possibilità di mettere in connessione i dati esposti con l’universo dei dati già semantificati e connessi tra di loro, noto anche come Linked Open Data Cloud, fornendo un ulteriore valore aggiunto.

In che modo vi rapporterete con le iniziative nazionali in corso: Dati.gov.it, appsforitaly, ecc.?
Visto che la piattaforma che proponiamo (LinkedPA) è Open Source ambiamo a diffondere queste tecnologie in armonia con l’iniziativa governativa dati.gov.it, proponendola a tutte le amministrazioni che vorranno farne uso. La base di partenza deve essere accessibile a tutti di modo che poi si possano creare le opportunità di utilizzare su vasta scala i dati per fare le applicazioni, come proposto anche nell’iniziativa Appsforitaly;

Quali sono i punti forti della vostra iniziativa?
Il punto caratterizzante dell’iniziativa ontologiapa.it è che non ci sono passaggi intermedi tra la produzione del dato e la sua esposizione all’esterno. I workflow nella piattaforma LinkedPA prevedono l’inserimento dei dati e dei documenti nel backend che provvede alla loro semantificazione a alla loro esposizione automatica al pubblico, una volta che preventivamente sia stato stabilito cosa poter esporre. Inoltre l’ontologia per la PA è pubblica e a disposizione di chiunque la voglia adottare per le proprie applicazioni.

E i punti critici?
C’è una fisiologica resistenza della PA in Italia a dotarsi di nuovi strumenti e ancora vige un po di scetticismo verso l’Open Source come strumento all’altezza di compiti professionali. Inoltre il Semantic Web può risultare ostico da capire, anche se adeguatamente spiegato è un concetto molto naturale. Oggi siamo sotto la soglia critica e per far decollare questa niziativa occorrerà tutto l’impegno del movimento inaugurato dal portale governativo dati.gov.it per creare una sensibilità verso gli Open Data che possa pervadere tutta la PA.

C’è uno sponsor politico e amministrativo?
Senza la lungimiranza della Provincia di Carbonia Iglesias che ha ispirato, adottato e poi seguito passo passo questo progetto, credo che avremmo avuto ben altri tempi per la sua nascita. E’ quasi un fatto simbolico che una riscossa tecnologica di questa rilevanza parta da una zona così periferica rispetto ai centri nevralgici della PA in Italia. Questo dimostra che il paese ha risorse preziose ben diffuse sul territorio che aspettano solo di essere valorizzate.

Ci spieghi in due parole cosa significa RDF, SPARQL e interoperabilità semantica e perchè è utile ai cittadini, alle aziende?
Il concetto del Semantic Web è molto semplice da spiegare. Si tratta di descrivere le cose con i loro nomi in maniera univoca e universale, cioè riconosciuta da tutti. Così se devo descrivere una delibera che tratta di turismo, avrò un termine "Delibera" e uno "Turismo" che fanno riferimento a un vocabolario condiviso che chiamiamo ‘ontologia’. Se un altro soggetto vuole descrivere un’altra delibera e utilizza gli stessi termini tratti dalla stessa ‘ontologia’, è evidente che le due informazioni posso essere messe in relazione tra di loro in maniera non ambigua. Si crea quindi una relazione tra contenuti e concetti, che è una specie di WWW della conoscenza. Il formato in cui materialmente si scrivono i documenti semantici si chiama RDF e se poi voglio interrogarli dall’esterno utilizzo un linguaggio tipo database (SQL) che si chiama SPARQL. Il vantaggio per un’azienda è immediato. Con un solo schema di interrogazione posso creare delle applicazioni che partano dai dati pubblici, li mettano in relazione tra di loro creando servizi a valore aggiunto per tutti i cittadini.

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