Rapporto Caio: censimento delle reti, scorporo telecom e “banda larghina”

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L’infrastruttura a banda larga è una necessità per il paese e la politica deve fare la sua parte. Questa, in estrema sintesi, la risposta che Francesco Caio ha offerto, con il suo Rapporto, al suo committente: il Ministero per lo Sviluppo Economico, nella persona di Paolo Romani, già Sottosegretario, ora Viceministro alle Comunicazioni.
Al rapporto Caio, infatti, si chiedeva di analizzare quale fosse l’attuale situazione del nostro paese in tema di infrastrutture di rete, che tipo di scenari si profilassero all’orizzonte e che tipo di direzione si dovesse dare alle politiche pubbliche in tema di sviluppo della rete.

6 Luglio 2009

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Tommaso Del Lungo

Articolo FPA

L’infrastruttura a banda larga è una necessità per il paese e la politica deve fare la sua parte. Questa, in estrema sintesi, la risposta che Francesco Caio ha offerto, con il suo Rapporto, al suo committente: il Ministero per lo Sviluppo Economico, nella persona di Paolo Romani, già Sottosegretario, ora Viceministro alle Comunicazioni.
Al rapporto Caio, infatti, si chiedeva di analizzare quale fosse l’attuale situazione del nostro paese in tema di infrastrutture di rete, che tipo di scenari si profilassero all’orizzonte e che tipo di direzione si dovesse dare alle politiche pubbliche in tema di sviluppo della rete.

Il quadro presentato dal Rapporto Caio è quello di un’Italia a rischio osteoporosi che, rispetto ad altri paesi, vive un ritardo di cui non ha ancora preso pienamente coscienza e che rischia, dunque, di ritrovarsi tra qualche anno in una situazione irrimediabile, perdendo l’ennesimo treno per uno nuovo sviluppo economico, industriale e sociale.
Un’Italia che, però, non è ancora data per spacciata, che possiede professionalità e competenze, ha un mercato avviato con 20 milioni di cittadini e il 90% delle aziende già connesse ad internet, e che ha l’opportunità di lavorare per guadagnarsi un posto di leadership nel “G8 delle telecomunicazioni”, ancora lontano. Nessun paese, infatti, può dire di aver raggiunto, oggi, una vera posizione dominante rispetto agli altri e le possibilità sono più o meno alla pari per molti.

I dati di sintesi del rapporto li avevamo già presentati all’indomani delle prime indiscrezioni non ufficiali, d’altronde non c’era nulla di veramente segreto.
Quello che però rimane da domandarsi oggi, a quasi un mese dalla presentazione ufficiale, è: “E ora…?”
Sappiamo, cioè, che siamo in ritardo, ma come fare a recuperare? Quale dovrà essere il ruolo della politica in questo tentativo di recupero? Quali le scelte strategiche che ci permetteranno di evitare “l’osteoporosi”, di agganciare i nostri concorrenti occidentali e di farci trainare dal boom di innovazione e tecnologia dei giganti dell’Asia?
Il Rapporto prova a dare qualche suggerimento in questa direzione.

Innanzitutto mentre si pensa alle reti del futuro, alle New Generation Network (NGN), in fibra o con chissà quale nuova tecnologia sperimentale, non ci si può scordare della rete presente. Occorre lavorare molto per far sì che la rete attuale sia sfruttata al meglio e possa permettere agli utenti di usufruire di servizi di qualità elevata. I suggerimenti del Rapporto Caio sono chiari: misurare l’offerta reale di rete. Senza dati non si può cominciare a parlare di qualità né a sviluppare un mercato attento alle performance e disposto a pagare per un servizio migliore di un altro. Il rapporto ricorda, a tal proposito, gli impegni presi da Telecom Italia con la creazione di Openaccess, la divisione nata per distinguere i servizi di rete da quelli di connettività, e chiede che siano verificati e monitorati nel tempo.

In secondo luogo non bisogna disperdere le energie vitali. I finanziamenti sulla banda larga ci sono, solo che sono sparpagliati fra Ministeri, Regioni, Province, Comuni e aggregazioni interistituzionali più variegate. C’è bisogno di una regia che, pur non decidendo sul merito di ogni investimento, sia in grado di stabilire le condizioni per ogni investimento pubblico. Una regia che potrebbe essere assunta dall’Autorità Garante sulle Telecomunicazioni.

Altro suggerimento che viene dal Rapporto è prestare attenzione al digital divide. In Italia più di 7 milioni di cittadini vivono in territorio privo di un segnale decente. Ancora una volta la cosa che manca di più è la conoscenza: non esiste un censimento delle reti. Ed occorre fare in modo che il pubblico non cannibalizzi il privato, ma che lavorino in sinergia l’un con l’altro. Un suggerimento concreto che viene da Caio in questo senso è aprire al mercato le centrali di rete pubbliche (infrantel) consentendo agli operatori di accedervi direttamente e non solo attraverso Telecom e di pagare meno acquistando “all’ingrosso” (attualmente i prezzi sono bloccati per non avvantaggiare l’ex monopolista)

Infine ciò di cui c’è necessità è una chiara presa di posizione politica. Una roadmap che mostri l’impegno dello Stato verso la fibra e le nuovi reti, non lasciando l’iniziativa solo ai privati. La banda larga è un interesse strategico per il paese, non è solo questione di mercato. Lo Stato deve impegnarsi

La risposta di Romani: la “banda larghina”

Il Ministro Romani, non appena letto il Rapporto, ha subito sposato le raccomandazioni, in particolare concentrandosi sul terzo punto. “Con il contributo dei tecnici dei grossi gestori abbiamo lavorato al progetto di realizzazione di una rete fatta di tecnologie miste (fisse e mobili) per portare internet su tutto il territorio nazionale”. Il progetto prevede una rete garantita a due megabit, sufficiente per i servizi di e-government realizzabile entro il 2011 (a patto che i lavori inizino subito dopo l’estate) attraverso 33mila cantieri già individuati L’investimento necessario è di 1.4 miliardi. Soldi che, a sentire Romani, potrebbero già essere disponibili tra fondi CIPE, fondi e-gov, fondi Infrantel e finanziamenti privati da reperire ricorrendo a strumenti di partnership pubblico privata come il project financing.

E lo scorporo della rete da Telecom?

La maggior parte di queste indicazioni contenute nel Rapporto Caio sono state ignorate dai grandi organi di stampa che hanno preferito, invece, concentrarsi sulla questione relativa alla rete Telecom: scorporo o non scorporo?
”Il punto – ha spiegato lo stesso Caio durante la conferenza stampa di presentazione –  è che il Rapporto non aveva l’obiettivo di interrogarsi o meno sul destino della rete di ex-monopolio di Telecom Italia." D’altra parte nemmeno le aziende concorrenti chiedono più l’affidamento della rete Telecom ad un gestore indipendente, ed un suo recente comunicato l’associazione di Confindustria del settore TLC  Asstel, sostiene che lo scorporo Telecom sia sbagliato.
"Il nodo del Rapporto – secondo Caio –  è molto più sostanziale. È una questione che si stanno ponendo molti governi in Europa e nel mondo e che riguarda il possibile rientro dello Stato nel mercato dell’ICT, attraverso l’utilizzo di fondi pubblici e la definizione di regole e strutture tali per cui le TLC possano essere terreno per politiche industriali. Si deve o non si deve considerare questo rientro? La risposta che offre il rapporto è: Sì! Lo si deve considerare, e deve essere una priorità per un paese che vuole crescere!” 

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