Customer Satisfaction vista da lontano. Il Service Measurement – Improvement Model australiano

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Le aziende e le organizzazioni in generale aspirano sempre più ad essere centrate sull’utente/cliente e di conseguenza sempre più si impegnano per raggiungere l’eccellenza nel servizio offerto. Questo comporta un impegno notevole in termini di Customer Satisfaction Management, tanto che la Customer Satisfaction è diventata il driver di veri e propri modelli di business ( quali la Lean production o la Six Sigma)”. In questa intervista Paul van Veenendaal, managing director della Customer Service Benchmarking Australia – CSBA, ci illustra il Service Measurement – Improvement Model, un modello di CSM che mette il cliente/utente al centro dell’intero ciclo della qualità. Ci da così la possibilità di ampliare lo sguardo su un’attività in continua evoluzione, in cerca di modelli e spunti applicabili nel pubblico come nel privato, per le organizzazioni che offrono servizi in Europa come oltreoceano.

10 Febbraio 2012

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Chiara Buongiovanni

Articolo FPA

Le aziende e le organizzazioni in generale aspirano sempre più ad essere centrate sull’utente/cliente e di conseguenza sempre più si impegnano per raggiungere l’eccellenza nel servizio offerto. Questo comporta un impegno notevole in termini di Customer Satisfaction Management, tanto che la Customer Satisfaction è diventata il driver di veri e propri modelli di business (quali la Lean production o la Six Sigma)”. In questa intervista Paul van Veenendaal, managing director della Customer Service Benchmarking Australia – CSBA, ci illustra il Service Measurement – Improvement Model, un modello di CSM che mira a mettere il cliente/utente al centro dell’intero ciclo della qualità. Ci da così la possibilità di ampliare lo sguardo su un’attività in continua evoluzione, in cerca di modelli e spunti applicabili nel pubblico come nel privato, nelle organizzazioni che offrono servizi in Europa come oltreoceano.

In occasione dell‘e-Government conference di Melbourne dello scorso settembre, ha presentato il modello per il miglioramento del servizio chiamato “Service Measurement – Improvement Model”. Ce lo descrive brevemente?
Il Service Measurement – Improvement Model mira a mettere al centro delle strategie di miglioramento dell’organizzazione il cliente/utente. Questo significa che l’organizzazione dovrà innanzitutto acquisire una chiara comprensione dell’esperienza del servizio così come vissuta dall’utente, successivamente rilevare quelli che sono gli indicatori chiave di qualità nell’ottica del cliente e infine procedere ad un assessment “oggettivo” per verificare come l’organizzazione si posiziona su ciascun indicatore chiave di performance. Dall’incrocio e dall’analisi dei dati ottenuti da queste tre differenti fasi si originerà il piano di miglioramento dell’organizzazione, i cui esiti saranno verificati attraverso un nuovo ciclo di rilevazione di Customer Satisfaction.

Dunque si tratta di precedere attraverso tre fasi?
Esattamente. Le fasi, come abbiamo visto, sono tre e possono essere definite rispettivamente: Somministrazione di questionari all’utente sull’esperienza del servizio; Definizione degli indicatori chiave di performance nell’ottica del cliente; Attività di assessment tecnico.

Come si articola la prima fase “Somministrazione di questionari all’utente sull’esperienza del servizio”?
Nella prima fase si prevede, appunto, la somministrazione di questionari telefonici di customer satisfaction, focalizzandosi sull’esperienza recente vissuta dall’utente. Auspicabilmente la somministrazione va effettuata entro le 48 ore dall’avvenuta fruizione del servizio. Il modello prevede la somministrazione per via telefonica, perché se è vero che esistono molti altri strumenti per effettuare la rilevazione, dalle mail al sms, è altrettanto vero che la miglior qualità finale delle risposte si ottiene con il questionario telefonico. Il questionario telefonico generalmente richiede un tempo di 5 – 10 minuti ed è costituito da un paio di domande sulla soddisfazione complessiva (cd Overall Satisfaction) sulla base dell’approccio del Net Promoter Score o del customer satisfaction rating, seguite da una serie di domande relative a quelli che possono considerarsi dei driver della customer satisfaction (ad es. la tempestività, la professionalità, il comfort dello spazio fisico) chiudendo con alcune domande “aperte” per raccogliere spunti e commenti personali. Il risultato di questa prima fase è un rapporto in cui si forniscono i dati di performance attuale e i risultati (un vero e proprio punteggio) in termini di customer satisfaction. Il lavoro di analisi sui dati raccolti permette di dettagliare gli attributi che sono più importanti nel determinare il “punteggio” di customer satisfaction (cd CS score) nonché il posizionamento in termini di performance organizzativa su ciascun attributo.

Veniamo alla seconda fase, “Definizione degli indicatori chiave di performance nell’ottica del cliente”…
In questa seconda fase si portano avanti due attività, entrambe basate sul lavoro svolto sui questionari di customer satisfaction prima descritto. In primo luogo, dalle domande aperte si estraggono una serie di commenti e informazioni su aspetti tecnici che riguardano l’organizzazione in quanto “sistema” (ad esempio il tempo necessario per processare la richiesta di un cliente o la comprensibilità dei termini del servizio da parte del cliente). Questo tipo di informazione viene presentata al team che lavora sulla Qualità dei processi, in modo che possa utilizzarla nel proprio lavoro di analisi e miglioramento continuo dei processi stessi. In secondo luogo, si lavora per dare un feedback al team che lavora sulla front-line nell’erogazione del servizio all’utente, in termini di quelli che sono gli indicatori chiave di performance (Key performance indicators – KPIs) individuati. Questi indicatori, in linea con quanto precedentemente affermato, sono definiti in modo che rispecchino “ciò che è importante per l’utente”.

Infine cosa succede nella terza fase, individuata come “Attività di assessment tecnico”?
La terza fase del modello si concentra sulle attività di verifica “tecnica” della qualità del servizio. Questa verifica (o assesment) si orienta sulle attività di back-office (cd verifica interna) come su quelle di front-office (cd verifica esterna). Per capire meglio come si verifica la qualità dai due punti di vista (interno/esterno) possiamo prendere ad esempio un servizio di contact center. In questo caso, per procedere alla verifica interna della qualità del servizio si utilizzano delle figure interne all’organizzazione che ascoltano la comunicazione tra operatore e utente e assegnano un voto alla comunicazione sulla base di criteri legati, da un lato, alla verifica di specifiche procedure riguardanti il servizio (ad esempio se l’operatore ha ottenuto i dettagli di registrazione dell’utente e se ha confermato la password), dall’altro, legati alla verifica delle cd soft issues (relative all’interazione tra l’operatore e l’utente). La verifica esterna della qualità, nell’esempio proposto, riguarderà invece le capacità e le competenze dell’operatore in relazione alle richieste e alle necessità dell’utente. La verifica esterna si effettua attraverso il mistery shopping , cioè attraverso una verifica indipendente di quella che è l’effettiva esperienza di fruizione del servizio da parte dell’utente, e per questo si utilizza un figura esterna all’organizzazione.

Il claim del modello sembra essere “capire e migliorare l’esperienza del servizio da parte dell’utente”. Un focus molto dettagliato è sul fronte “misurazione”, perché?
Diciamo che seguiamo il detto che afferma “ Quello che si misura si fa”. Quella del servizio all’ utente tradizionalmente è stata un’attività non misurata e abbiamo scoperto che solo sviluppando e introducendo un processo di misurazione si rende possibile per lo staff acquisire una chiara comprensione di “quanto bene si stia già facendo” e di “dove si vuole arrivare”. Per questo il modello prevede che il processo di miglioramento sia ciclico, cioè si parta dalla rilevazione della soddisfazione dell’utente e lì si torni al fine di verificare l’efficacia del piano di miglioramento messo in atto. Detto questo, bisogna fare attenzione a quanto spesso si contatta l’utente. Se una organizzazione non ha effettuato questionari di customer satisfaction in passato mi sentirei di dire che è consigliabile effettuarne non più di uno ogni 6 mesi per un periodo di almeno 2 anni. Questa tempistica fornirebbe infatti un tempo abbastanza ampio per capire i risultati e per lavorare allo sviluppo delle fasi 2 e 3 di cui parlavo prima. Man mano che si sviluppano i sistemi e i processi di feedback, i questionari possono essere effettuati su base più regolare. Bisogna considerare, infatti, che esiste sempre il rischio fondato di proporre questionari di customer satisfaction troppo frequentemente. L’eccessiva frequenza può avere un effetto dannoso per la stessa organizzazione, perché si possono verificare una serie di circostanze negative, ovvero può succedere che l’organizzazione non abbia i sistemi appropriati per apportare i cambiamenti identificati come necessari nei questionari; che il rating del servizio non migliori e lo staff dell’organizzazione perda interesse e motivazione; che i clienti perdano fiducia nell’organizzazione dal momento che pur avendo spiegato cosa dal loro punto di vista non funziona, niente sembri migliorare.

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