EDITORIALE

L’innovazione e i suoi nemici

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Per aiutare veramente un cambiamento positivo dei comportamenti, dei processi e dei modelli organizzativi non possiamo permetterci di essere ingenui e dobbiamo guardare in faccia i nemici e il conservatorismo strisciante, spesso coperto da una malintesa lotta alla corruzione (che come si vede è servita a poco) e da appelli alla pancia e non alla testa

1 Giugno 2017

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Carlo Mochi Sismondi

FORUMPA17 è appena finito e, al di là dei numeri di un successo , ci interroghiamo immediatamente su come portare in tutte le amministrazioni questo messaggio d’innovazione e questa energia positiva che abbiamo visto nelle sale e nelle postazioni.

Per farlo e per aiutare veramente un cambiamento positivo dei comportamenti, dei processi e dei modelli organizzativi non possiamo permetterci di essere ingenui e dobbiamo guardare in faccia i nemici e il conservatorismo strisciante, spesso coperto da una malintesa lotta alla corruzione (che come si vede è servita a poco) e da appelli alla pancia e non alla testa.

Due casi di cronaca in questo senso ci devono far riflettere, al di là delle apparenze. Il primo è apparentemente in via di soluzione, ma nasconde un veleno nella coda. È quello che riguarda la bocciatura del TAR ad alcune nomine di direttori dei musei. La parte facile, che è stata colta dall’emotività del pubblico, favorevole o meno che fosse, era relativa alla condizione di “stranieri” di qualcuno di questi, posto che possiamo chiamare “stranieri” dei cittadini europei. Ma non è lì il pericolo che io vedo e neanche nel fatto che la legge che ne prevedeva la scelta tenesse o meno conto di un cavillo in un’altra legge, tanto è impossibile essere in regola in un paese che ha la giungla normativa del nostro. Questo punto sarà presto sanato, ma il pericolo vero è dato dal giudizio sostanzialmente negativo che il TAR dà della modalità di scelta che chiama “magmatica”. Una scelta che, una volta tanto, non è stata automatica né imposta da algoritmi, ma si è affidata maggiormente all’autonoma discrezionalità del dirigente e del politico. Apriti cielo: così rischiamo la corruzione, così rischiamo l’arbitrio! Eppure è proprio la discrezionalità del dirigente e del politico, dotati di autonoma responsabilità, che è il rimedio sovrano contro la corruzione e contro la # burocraziadifensiva. Come più volte abbiamo detto, nessun automatismo, nessun algoritmo che sostituisca la libera, onesta e lungimirante scelta fatta per il bene comune, può salvarci dalla corruzione. Anzi più meccanismi automatici metteremo, più ci trincereremo dietro a regole, norme, commi, scudi di autotutela o di diritto amministrativo più la corruzione la farà da padrona. Nell’aria pulita della responsabilità la corruzione non alligna, nelle stanze polverose, piene di muretti burocratici dietro cui difendersi, di scelte imposte e di inutili certificati antimafia, cresce invece indisturbata. Perché la corruzione si pasce di norme e di commi e vede come il fumo negli occhi lo sguardo limpido di chi ha il coraggio di scegliere in coscienza e di valutare ed essere valutato sui risultati.

Il secondo esempio è un po’ più complesso da spiegare e riguarda la scelta, apprezzabile in linea di principio, di unificare in un nuovo e unico documento carta di circolazione e certificato di proprietà di un autoveicolo, eliminando un dualismo che viene percepito come “spreco”. Su questo è recentemente stato approvato un decreto. Due mi sembrano i principali rischi di questo provvedimento che ancora deve essere studiato nella sua effettiva attuazione. Il primo punto è l’ignorare che l’ACI ha già da due anni smaterializzato il certificato di proprietà e ha digitalizzato il proprio documento realizzando il “certificato digitale di proprietà” di cui sono stati già emessi 18 milioni di esemplari. A questo punto sarebbe sufficiente una “chiave di accesso” nella carta di circolazione a questi dati per consentire la realizzazione del documento unico, giovandosi inoltre dell’ecosistema di servizi digital first, tutti basati su tale innovazione progressivamente attivati e oggi tutti operativi (qui la presentazione). In sostanza si può utilizzare il codice identificativo numerico della carta di circolazione come chiave di accesso ai dati di proprietà del veicolo da mantenere in digitale sui sistemi di ACI. Qui ci troviamo di fronte ad un duplice spreco di risorse: da una parte non utilizziamo quel che si è già fatto e funziona, dall’altra progettiamo di rifarlo in termini e modi ancora non chiari.

Il secondo rischio è, a mio parere, un errore epistemologico: riportare la necessaria cura che bisogna avere nel mondo “analogico” a che tutti i documenti siano reperibili nello stesso luogo (sempre che non siano così tanti da renderne impossibile il rintracciamento), al mondo digitale, dove quel che conta è l’interoperabilità e la nativa interconnessione dei sistemi operativi. Nel mondo analogico e di carta contano i luoghi e le distanze, nel mondo virtuale e digitale contano soprattutto le regole con cui si accede e si scambiano i documenti. Così non è affatto necessario unificare materialmente gli archivi della motorizzazione e del PRA, specie se questo costa di più, quel che serve è che siano chiare, semplici e definite le regole di scambio dei dati e delle informazioni.

Vedo qui un po’ lo stesso errore che si sta facendo con l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (la famosa ANPR di così difficile realizzazione) che, per unificare informazioni e dati e renderli disponibili, univoci e condivisi nelle loro caratteristiche, invece di dettare regole e patti di negoziazione, impone che tutti i record siano fisicamente in un unico db, in un unico posto.

È proprio vero che cambiare i paradigmi richiede una rivoluzione culturale!

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