Ministro Brunetta su stabilizzazione precari nella PA: “Stabilizzazione diffusa, incostituzionale”

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 Nel corso del Question Time tenutosi ieri nell’aula di Montecitorio, il deputato Mario Pepe (Gruppo misto) ha chiesto al ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione Renato Brunetta di adottare iniziative normative volte a destinare annualmente risorse per la stabilizzazione dei lavoratori ‘precari’ delle amministrazioni centrali dello Stato. Ecco la risposta del Ministro. 

28 Luglio 2011

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Redazione FORUM PA

Articolo FPA

 Nel corso del Question Time tenutosi ieri nell’aula di Montecitorio, il deputato Mario Pepe (Gruppo misto) ha chiesto al ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione Renato Brunetta di adottare iniziative normative volte a destinare annualmente risorse per la stabilizzazione dei lavoratori ‘precari’ delle amministrazioni centrali dello Stato. Ecco la risposta del Ministro. 

 “L’utilizzo delle forme contrattuali di tipo flessibile nella pubblica amministrazione non genera di per sé forme di cosiddetto ‘precariato’ ma è da considerarsi, se correttamente utilizzato per far fronte ad esigenze temporanee o sostitutive, strumento efficace ed economico. Diversamente va contrastato, con idonee misure preventive, l’utilizzo di tali tipologie contrattuali quale ordinaria modalità di acquisizione delle risorse umane, secondo procedure che non garantiscono il rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e merito ed eludono le limitazioni finanziarie previste per le assunzioni a tempo indeterminato. È proprio questo abuso che ha determinato i ben noti disagi sociali segnalati dall’interrogante. Il ricorso a forme di stabilizzazione diffusa, sia pure programmata, non appare una soluzione percorribile. In primo luogo l’innalzamento dei livelli occupazionali a tempo indeterminato genera una spesa fissa a regime che il bilancio dello Stato, nell’attuale congiuntura economico-finanziaria, non è in grado di sostenere. La stabilizzazione di personale titolare di contratti temporanei, non sempre adeguatamente selezionato, oltre a incentivare l’utilizzo irregolare di contratti flessibili e a configurarsi come una sorta di ‘sanatoria’ degli abusi fatti, si pone in palese contrasto con i principi dell’articolo 97 della Costituzione. Per ovviare, quindi, a tali criticità – senza venir meno ai principi di buon andamento ed efficienza, che impongono il concorso pubblico per il reclutamento di personale – il Governo, già con il decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, ha previsto per gli anni 2010-2012, nei limiti del 40 per cento delle risorse finanziarie disponibili per assunzioni di personale, forme di reclutamento speciale nei confronti dei lavoratori con contratti di lavoro flessibile in possesso di una anzianità pari a tre anni calcolata a settembre 2007. Alla luce di quanto rappresentato, si può immaginare, quindi, di consolidare nel futuro questa disciplina transitoria, prevedendoper ogni concorso pubblico la possibilità di valorizzare le esperienze professionali acquisite con rapporti di lavoro flessibile nella PA”.

 “In ogni caso – ha concluso Brunetta – va ribadito che qualsiasi intervento sulla stabilizzazione del lavoro flessibile non può prescindere dal rispetto dei vincoli finanziari derivanti dalle esigenze di contenimento della spesa pubblica e che, in questo contesto, va comunque tutelato in via prioritaria l’interesse dei soggetti che, pur avendo vinto un concorso pubblico, attendono ancora l’ingresso nella pubblica amministrazione per il perdurare del regime limitativo delle assunzioni”

Fonte: Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione

 

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