Politiche di genere, la svolta con tecnologie, investimenti e cultura

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Cosa vorrebbe dal nuovo governo Sonia Montegiove, esperta di
informatica e nuove tecnologie, parte attiva in diverse reti e progetti che
hanno al centro le politiche di genere e il rapporto tra donne e tecnologia.

7 Febbraio 2018

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Michela Stentella

Parlare di divario di genere non significa solo parlare della difficoltà delle donne, bisogna coinvolgere gli uomini nel dibattito altrimenti il rischio è di ghettizzarsi ulteriormente. Questa la premessa di Sonia Montegiove*, alla quale abbiamo chiesto a che punto siamo con le azioni per le politiche di genere e da dove secondo lei dovrebbe ripartire il nuovo Governo.

Cosa riprendere e sviluppare: smart working e progetti sulle materie STEM

“Le politiche sullo smart working vanno incentivate, dato che studi a livello internazionale ci dicono come questa modalità di lavoro sia utile alla produttività, al benessere organizzativo e a conciliare i tempi di vita e di lavoro per tutti, donne e uomini. Per diffondere e consolidare l’adozione dello smart working si devono sensibilizzare le aziende e le PA, è necessario prima di tutto un cambio culturale che deve vedere il lavoro non legato alla timbratura del cartellino ma alla produttività delle persone. Al centro di questo passaggio cruciale c’è poi la trasformazione digitale di aziende e PA, lo smart working è realizzabile solo utilizzando strumenti nuovi, che rappresentano quindi una grande opportunità di cambiamento. Bisognerebbe poi incentivare un percorso sulle materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics, in italiano scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), che è partito dal MIUR ma va potenziato, con l’obiettivo di sensibilizzare le ragazze già in età scolare, abbattendo gli stereotipi e incentivandole a iscriversi alle facoltà scientifiche. Ci sono su questo progetti come “Ragazze digitali”, organizzato dal Dipartimento di Ingegneria “Enzo Ferrari” dell’Università di Modena e Reggio Emilia in collaborazione con l’associazione European Women Management Development (EWMD). L’iniziativa nasce nel 2013 ed è indirizzata alle studentesse del III e IV anno di qualsiasi scuola superiore. Semplicemente con un Summer Camp rivolto alle studentesse hanno aumentato le ragazze iscritte a Ingegneria e Informatica, hanno i numeri che lo dimostrano. Sono esperienze che si potrebbero replicare in altri contesti”.

Cosa abbandonare: i cattivi esempi

“Il primo buon esempio dovrebbe arrivare dalla PA, ma non sempre è così. Penso al Team per la trasformazione digitale che ha solo 5 donne con ruolo tecnico su 35 partecipanti. Questo la dice lunga sulla percezione del valore tecnico delle donne. Le persone sono state scelte, a detta degli stessi consulenti incaricati, tra persone indicate dal Commissario quindi per conoscenza diretta. L’ideale nel momento in cui si progetta un team di questo tipo, che dovrebbe incidere fortemente sulle vite di tutti, sarebbe prevedere una composizione equilibrata di uomini e donne, anche perché di solito hanno un diverso modo di approcciare i problemi, cosa che costituisce una ricchezza. Un altro cattivo esempio nella PA arriva da realtà che avrebbero l’obbligo di trasformarsi digitalmente e che invece non lo fanno. Penso alle Università, molte delle quali (posso citare quella di Perugia che frequento io e alla quale mi sono iscritta da adulta lavoratrice) sono indietro anni luce nell’utilizzo delle tecnologie, che potrebbero invece agevolare uomini e donne che lavorano e che vogliono formarsi e prendere un titolo di studio. Per esempio non esistono lezioni a distanza, i professori tranne rare eccezioni non rispondono tempestivamente alle email, non ci sono materiali disponibili on line. Se siamo uno dei Paesi col minor numero di laureati un motivo ci sarà, non può essere solo un problema di capacità, è anche una questione di opportunità e possibilità che vengono o non vengono offerte. Le tecnologie a supporto oggi ci sono, anche quelle per analizzare i dati, capire perché le cose non vanno, quali sono le caratteristiche delle persone che si iscrivono alle facoltà scientifiche, quali sono le lacune da colmare a partire dalla scuola”.

Cosa vorrei per il 2018: incentivi e dialogo tra istituzioni diverse

“Per andare sul concreto si può pensare a degli incentivi, per esempio per le aziende che attivano lo smart working, per il sostegno alle famiglie in generale e non solo alle donne, per l’iscrizione a facoltà scientifiche. Vista la carenza di ingegneri, matematici, informatici si potrebbero per esempio attivare politiche di sgravio fiscale e quindi riduzione delle tasse per chi si iscrive a queste facoltà. Un’altra cosa che manca e che vorrei è la creazione di una strategia e di una visione d’insieme, che favorisca il dialogo e il coordinamento tra istituzioni diverse che si occupano dello stesso tema. La valida iniziativa del MIUR sulle STEM, per esempio, se resta isolata perde valore. Ci deve essere la stessa volontà a lavorare su questi temi, a diffondere e sostenere queste azioni, anche da parte delle scuole e delle Regioni. Anche su questo le tecnologie ci darebbero tutti gli strumenti utili per attivare non tavoli reali, ma reti di conoscenza che sono alla base dello sviluppo e dell’innovazione”.


*Analista, programmatrice e formatrice, ha collaborato al progetto di migrazione a software libero di alcuni Enti dell’Umbria LibreUmbria e di quello della Difesa italiana LibreDifesa. Attiva per diverso tempo in Wister (Women for Intelligent and Smart TERritories), è tra le promotrici del progetto editoriale non profit Girl Geek Life, una rete di circa 50 contributor donne che vuole dare una lettura al femminile della tecnologia e dell’innovazione. È direttrice editoriale di Tech Economy, dove cura anche la rubrica she.web in cui racconta storie di successo di donne in ICT. Ha partecipato al progetto Rete Animatori Digitali dell’Umbria in qualità di knowledge manager. È tra i membri fondatori del Digital Transformation Institute, centro di ricerca volto allo studio degli impatti del digitale. È autrice della favola “Valentina nello spazio” che ha l’obiettivo di avvicinare le bambine alle scienze. Sostiene da tempo – attraverso l’organizzazione di seminari e convegni rivolti a ragazzi, genitori e educatori – la diffusione dell’openness e dell’uso consapevole delle tecnologie e dei social network.

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