Innovazione, cosa aspettarsi dal nuovo anno scolastico

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Desideri, aspettative,
progetti di innovazione per questo nuovo anno scolastico da animatrice digitale

30 Settembre 2016

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Stefania Bassi, insegnante di scuola primaria e animatrice digitale presso l'I.C. C.A.Dalla Chiesa di Roma

Il primo giorno di scuola ho chiesto ai miei alunni di 8 anni di scrivere su un foglio quali “ desideri scolastici ” volessero veder realizzati durante quest’anno 2016/2017: come temevo, hanno espresso chiaramente tante idee out of the box, proposte non banali, esigenze autentiche e cariche di aspettative come studiare nuove materie come “arte gattile”, imparare ad andare in barca a vela, organizzare una gita al… Polo Nord!

Proverò ora anche io a fare lo stesso gioco, riflettendo su quali siano le mie prospettive da animatrice digitale al suo debutto ufficiale, dopo un anno di formazione e rodaggio: nei prossimi tre anni rivestirò un ruolo inedito, introdotto dall’azione n.24 del PianoNazionaleScuolaDigitale, dove si chiede, a me e ai miei 8.300 colleghi in tutta Italia, di lavorare a favore dell’innovazione, digitale ma non solo, della scuola: supportati da un team di tre persone cercheremo di stimolare la formazione dei docenti, promuovere attività per coinvolgere la comunità scolastica e proporre nuove soluzioni didattiche e metodologiche.

Vorrei vorrei…

Fare rete con altre scuole e altri animatori digitali e sentirmi parte di una più ampia comunità che prova a scommettere sul futuro della scuola. In particolare cercherò di dare il mio contributo per la progettazione del Piano Triennale per l’Offerta Formativa, proponendo azioni riguardanti soprattutto la didattica per competenze, l’innovazione metodologica, le competenze digitali e nuovi ambienti per l’apprendimento: temi prioritari segnalati anche nel Piano Nazionale di Formazione degli insegnanti che verrà presentato a breve dal MIUR.

Vorrei, vorrei…

Migliorare le mie competenze progettuali per la partecipazione a bandi pubblici: sono vent’anni che insegno e non ricordo un periodo più denso di questo di opportunità per ricevere finanziamenti e realizzare progetti di innovazione didattica. Ad esempio, l’avviso pubblicato più di recente riguarda la progettazione di curricoli digitali: 4,3 milioni per 25 percorsi didattici innovativi proposti da reti di scuole.

Mi rendo conto quanto sia sempre più urgente includere nella professionalità docente la capacità di saper tradurre idee, visioni, bisogni, in progettazioni che siano ammissibili al bando e possibilmente vincenti.

Vorrei, vorrei

Cambiare la didattica quotidiana, consapevole che è lì, prima ancora che sulla banda larga o sulla tecnologia, che si gioca la sfida della vera innovazione. Cercherò di essere ancor più convinta proponitrice di sperimentazioni su metodologie attive, intenzionali e non episodiche, alternative al “fermi, seduti, silenziosi”. Cominciando dal riscoprire le idee potenti che ci hanno regalato tanti maestri illuminati: la scuola senza cattedra di Mario Lodi ; la scuola atelier di Loris Malaguzzi ; la scuola lenta di Gianfanco Zavalloni, per citarne alcuni

Nel mio piccolo vorrei replicare l’esperienza dello scorso anno quando, con alcune colleghe abbiamo provato a ribaltare i ruoli della classe mettendo i bambini in cattedra e noi insegnanti tra i banchi: la lezione frontale ridotta ai minimi termini e gli alunni, organizzati in gruppi cooperativi, che si alternavano per tenere brevi lezioni e proporre attività pratiche ai compagni. Ho raccontato l’entusiasmante esperienza in un capitolo dell’eBook “ Yes, We STEM ”, promosso dagli Stati Generali dell’Innovazione, e parlerò proprio di questo tra pochi giorni al Convegno Flip-Me .

Vorrei, vorrei

Far superare la paura del cambiamento ai miei colleghi, spesso timorosi nell’accogliere le nuove esperienze dei ragazzi trasformandole in opportunità educative, anche se queste si possono presentare, ad esempio, sotto forma di mostriciattoli fatti di realtà aumentata. Mi riferisco al fenomeno di POkèmonGo, l’App che questa estate ha battuto tutti i record di download e che propone un gioco di cattura di mostriciattoli, appunto, che appaiono sugli schermi dei cellulari tramite realtà aumentata geolocalizzata. Mi chiedo: la maggioranza dei nostri alunni durante le vacanze estive ha fatto questa particolare esperienza digitale di esplorazione della realtà: la scuola può far finta che non sia accaduto nulla?

Oltre a giocarci, e capirne a fondo il fenomeno, ho curiosato parecchio in rete: con piacere ho notato che tanti colleghi americani, ottimisticamente, senza fretta di giudicare, senza neanche aspettare la riapertura della scuola, hanno cominciato a condividere idee su come poter utilizzare con intenzionalità didattica l’app. Addirittura chi ha tirato in ballo Gardner, declinandone l’uso per sviluppare le intelligenze multiple , in particolare per i ragazzi autistici. Ora si tratta di PokemonGo, domani sarà un’altra esperienza digitale: la scuola senza paura, può accogliere, dialogare, prendere spunto: come ha fatto una dirigente di una scuola belga con la caccia ai libri!

Vorrei, vorrei

Fare bene tutto perchè oltre ad essere animatrice digitale dell’istituto, sono maestra di due classi di scatenati alunni di 8 anni (e se vogliamo dirla tutta, anche mamma di due bambine, quasi ragazze): la vocazione educativa non mi manca, spero che non mi manchi il tempo. Vorrei riuscire a conciliare tutti i ruoli, a godermi le sfide, le fatiche condivise, le belle esperienze, ma vorrei anche capire quando sarà importante saper dire qualche no, perchè non si può far tutto, rinunciando ad alcune proposte o chiedendo con più serenità aiuto ai colleghi.

Voglio esprimere il desiderio più grande, e per farlo vado a scomodare il fondatore dello scoutismo, B.Powell, che nell’ultimo messaggio ai suoi esploratori parlava del mondo. Io mi limito alla scuola.

Vorrei vorrei alla fine di questi tre anni da animatrice digitale, cercare di lasciare questa scuola un po’ migliore di quanto non l’ho trovata.

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