Tutti vogliono il data scientist...ma è un mestiere che non si improvvisa
Un po’ statistico, un po’ informatico, un po’ economista, ma anche esperto di marketing e appassionato di comunicazione. È il data scientist, il mestiere che già nel 2013 la Harvard Business Review definiva come la “professione più sexy del 21esimo secolo”. In Italia è una figura professionale richiesta? E come si diventa data scientist? Ne abbiamo parlato con Claudio Sartori, Direttore scientifico del Nuovo Master in Data Science di Bologna Business School, che il 16 ottobre parteciperà al convegno “Le nuove competenze e i nuovi “mestieri” nel mondo dei dati” a SCE2015 – Citizen Data Festival. (questo articolo è stato pubblicato sul CorCom del 9 ottobre 2015)

Un po’ statistico, un po’
informatico, un po’ economista, ma anche esperto di marketing e appassionato di
comunicazione. È il data scientist, il mestiere che già nel 2013 la Harvard
Business Review definiva come la “professione più sexy del 21esimo secolo”. Una
figura che richiede quindi competenze multidisciplinari, perché deve non solo
selezionare, analizzare e interpretare una mole di dati sempre più ampia e
complessa, ma anche trovare la modalità migliore per mettere le elaborazioni e
i risultati ottenuti a disposizione della struttura per cui lavora, che sia
un’azienda o una pubblica amministrazione. L’obiettivo finale, infatti, è
utilizzare le informazioni ottenute dai dati per prendere decisioni efficaci ed
elaborare strategie utili al business aziendale o alla gestione del territorio.
Se nel mondo anglosassone questa
esigenza appare già evidente da tempo, ora anche in Italia comincia ad emergere
la richiesta di figure professionali appositamente formate per svolgere questo
ruolo. Digitando “data scientist” su Linkedin compaiono oltre tremila offerte
di lavoro, di cui 1.895 negli Stati Uniti, 183 nel Regno Unito, e attualmente una
decina in Italia. Ancora poche? Certamente, ma nel nostro Paese l’interesse sta
crescendo e più che i numeri ce lo dicono direttamente le aziende interpellate
sul tema, come sottolinea Claudio Sartori, Professore del
Dipartimento di Informatica - Scienza e Ingegneria dell’Università di Bologna
e Direttore scientifico del Nuovo Master in Data Science di Bologna Business
School. “Prima di avviare il Master - spiega infatti Sartori - abbiamo chiesto
a un ampio network di aziende se sarebbero interessate a inserire per uno stage
e poi stabilmente nel proprio organico questa nuova figura professionale e
tutte si sono dimostrate entusiaste”.
“In particolare quello che
chiedono è proprio un approccio interdisciplinare che non trova molto riscontro
nelle offerte dei corsi di laurea tradizionali – spiega Sartori -. Le lauree
triennali sono insufficienti, mentre tra le lauree magistrali solo quella in
statistica si avvicina al quadro che stiamo tratteggiando, ma non approfondisce
abbastanza l’aspetto tecnologico-informatico né quello economico”.
Ecco quindi che molti Atenei
hanno attivato dei corsi specifici: dal Politecnico di Milano all’Università di
Torino, dagli Atenei romani (Sapienza, Luiss e Tor Vergata) a quelli di Pisa e
Venezia, fino appunto al neonato Master bolognese.
“Oggi chi lavora con i dati si
trova di fronte una mole di informazioni che si aggiorna con tempi velocissimi
e che presente diecimila variabili – spiega Sartori -. La domanda è: quali sono
quelle davvero interessanti? Il data scientist deve come prima cosa mettere
ordine nei dati, poi chiedersi dove vuole andare la sua organizzazione, quali
sono le informazioni che possono essere utili per la sua strategia. Infine,
deve saper fare ma anche saper comunicare, mettere a disposizione del
management i risultati di ciò che ha fatto. Le analisi più sofisticate sono
utili solo se vengono correttamente trasmesse a chi deve prendere le decisioni,
quindi comprese e utilizzate per ottenere i risultati desiderati”. Parliamo di
risultati economici per le aziende, di servizi più efficienti e di risparmio di
spesa per le amministrazioni pubbliche.
Un esempio di applicazione? Si va dal classico CRM, che tuttavia
attraverso analisi sempre più sofisticate potrebbe aprire opportunità inedite
nei rapporti con la clientela, ai dati che arrivano da twitter o dai blog e che
rappresentano sfide nuove e non banali, perché non si tratta più di analizzare dati
strutturati ma testi liberi da cui estrarre significato.
Un’occasione per approfondire queste nuove skill, di cui ormai nessun decisore può fare a meno, e per confrontarsi sugli scenari che si aprono per aziende e amministrazioni sarà il convegno “Le nuove competenze e i nuovi “mestieri” nel mondo dei dati” in programma il 16 ottobre a Bologna, nell’ambito di SCE2015 – Citizen Data Festival. L’appuntamento è alle ore 9,30 a BolognaFiere.