Civic hacking: abitare le città da protagonisti

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Torniamo sul tema del civic hacking, che è stato oggetto
qualche mese fa, sempre su queste pagine, di una stimolante
riflessione
da parte di Matteo Brunati. Ne parliamo oggi con Matteo
Tempestini, tra gli ideatori e promotori del progetto TerremotoCentroItalia, che
anticipa in questa intervista alcune riflessioni sul rapporto tra hacking
civico e smart city, e in particolare tra hacking civico e gestione delle
emergenze. Un tema che il prossimo 17 ottobre sarà al centro di un workshop a
ICity Lab.

5 Settembre 2018

M

Michela Stentella

Chi è l’hacker civico? E che contributo può portare nel percorso verso città e territori più smart, ovvero più sostenibili, vivibili, ma anche più resilienti di fronte alle emergenze? Quando parliamo di territori resilienti, ci riferiamo a fenomeni naturali purtroppo tutt’altro che infrequenti nel nostro Paese, come terremoti o alluvioni, ma anche a tragedie legate al crollo di infrastrutture per cause ancora da accertare…e il pensiero va ovviamente al più recente caso, quello del Ponte Morandi a Genova. In tutte queste situazioni, che ruolo possono avere i cittadini? Non solo quello di vittime (ahimè) e nemmeno quello di semplici spettatori. I cittadini possono essere protagonisti, soggetti attivi in tutte queste situazioni, offrendo il loro contributo sia nella fase preventiva (fungendo da veri e propri “sensori” sul territorio) che nella fase emergenziale. Come? Mettendo a disposizione della comunità le informazioni di cui sono a conoscenza e condividendo i dati prodotti in maniera più o meno consapevole attraverso i loro device. Di questo parleremo con Matteo Tempestini a ICity Lab il prossimo 17 ottobre in occasione di un workshop dal titolo “Hacking civico e smart citizen: chi abita la smart city?”.

Matteo, che è tra gli ideatori e promotori del progetto TerremotoCentroItalia, ci anticipa qui la sua definizione di hacker civico: “Nel mondo anglosassone per civic hacker si intende una cosa molto precisa, ovvero una persona che mette le proprie competenze tecniche a favore di governi e governanti e si relaziona con essi suggerendo tecnologie. Noi col progetto TerremotoCentroItalia abbiamo provato a estendere un po’ questo concetto, tanto è vero che la nostra community è composta non solo da programmatori e sviluppatori ma da giornalisti e comunicatori, da persone che vivono vicino alle zone terremotate e che si sono sentite di aderire al progetto per provare a innescare un po’ di cambiamento nel normale modo di affrontare queste situazioni. Possiamo dire che l’hacker civico è una persona che prova a innescare cambiamento, anche col supporto della tecnologia ma non soltanto ”.

Matteo ci racconta quindi la genesi e la crescita del progetto, partito il 24 agosto 2016 proprio in concomitanza con gli eventi sismici del centro Italia: un progetto completamente open source e nato fin da subito con l’approccio dell’hacking civico, in una forma destrutturata e in maniera molto rapida (in circa un giorno e mezzo), il che ha permesso di rendere da subito fruibili alcuni strumenti alle persone che il terremoto lo stavano vivendo e, quindi, di essere utili in fase emergenziale. “E in seguito – sottolinea Matteo – di essere già pronti per eventi successivi, quando le scosse si sono ripresentate in Umbria e poi nell’inverno 2017 con il problema delle valanghe in Abruzzo…ricordiamo tutti la tragedia di Rigopiano”.

“Abbiamo lavorato con due team, uno in back office che lavorava al pc giorno e notte per mettere in piedi la piattaforma e uno invece sul campo, guidato da Actionaid Italia, che ha consentito la divulgazione del progetto e degli strumenti sui territori terremotati – racconta Matteo -. Nei giorni dell’emergenza c’era molta cronaca, ma poco racconto di quanto effettivamente stavano vivendo le persone. Abbiamo cercato di fare un servizio che non fosse di intralcio a chi gestiva l’emergenza, creando un metodo di segnalazione con un modello ben preciso che funziona così: chiunque può inviare una segnalazione attraverso il form presente sul sito, questa viene moderata dal nostro centralino e, nel momento in cui viene approvata, diventa visibile sul portale e rilanciabile sui social, esattamente come il post di un blog. Inoltre la segnalazione diventa dato aperto”.

“Ancora oggi riceviamo segnalazioni, perché questi sistemi sono molto utili anche quando l’attenzione generale sull’emergenza va scemando – aggiunge Matteo -. Se si va nella sezione del sito Storie si possono leggere una serie di piccole storie di successo e diventa evidente che, se i dati che arrivano dai cittadini vengono raccolti e studiati per scalare queste segnalazioni e renderle più visibili, si ottiene un beneficio anche nella gestione dei fabbisogni durante l’emergenza. Un esempio: la copertura telefonica durante il terremoto. Abbiamo inviato via Twitter alle compagnie telefoniche le segnalazioni arrivate sulla mancanza di copertura telefonica in alcune località e queste si sono messe in contatto con noi per offrire il loro aiuto. Stessa cosa è avvenuta con Enel: in una situazione particolare, dopo il terremoto di Norcia, è stato portato un generatore di corrente a seguito di un nostro tweet. La raccolta dei dati da parte delle persone è forse il miglior metodo per gestire problematiche di questo tipo perché le persone sono i primi sensori che avvertono il pericolo e le necessità. Quando la protezione civile dice ‘siamo tutti protezione civile’ dice una cosa sacrosanta. Bisogna insegnare ai cittadini a monitorare il loro territorio e dargli strumenti semplici e veloci per poterlo fare”.

Ma le amministrazioni sono pronte? Non ancora, ma dobbiamo lavorarci. “Questo approccio è ancora nuovo e spiazza le amministrazioni. Capisco che si sta ponendo un tema davvero di cambiamento e stravolgimento delle normali logiche della PA. Ma il metodo va sdoganato e va sdoganato anche con il supporto dei governi. Ci sono delle amministrazioni che hanno provato a usare i nostri sistemi. Per esempio la provincia di Teramo durante l’emergenza valanghe dell’inverno 2017 fece un form sul suo sito web che indirizzava le segnalazioni nel nostro sistema e c’era un incaricato della provincia che lavorava in collaborazione con il nostro centralino per ricevere e moderare le segnalazioni. Questo è un esempio. Secondo me si potrebbe fare molto di più. Guardiamo anche all’estero. Io stesso ho partecipato a un progetto che è nato quando ci sono stati gli ultimi uragani in Florida, circa un anno e mezzo fa. È stato organizzato uno strumento molto simile al nostro come metodo di segnalazione, ma in quel caso il governo di Miami era all’interno del progetto e ha messo risorse proprie per supportarlo. In America c’è un maggior riconoscimento dell’hacking civico, per questo il progetto è stato sostenuto fin dall’inizio. I governi sanno che si tratta di progetti non istituzionali, ma sanno anche che possono trarne informazioni utili per questo vi partecipano. È una questione culturale. La nostra PA nella maggior parte dei casi si vede ancora come colei che deve risolvere i problemi e non sa cogliere il supporto che può arrivare dalla comunità. Invece per chi governa le città è impossibile conoscere tutte le problematiche e le esigenze, se non ci sono le antenne sul territorio, se i cittadini non sono abituati a partecipare”.

Del resto il modello di TerremotoCentroItalia si presta ad essere usato in tutti i casi in cui si vogliono ricavare dati dalle segnalazioni, non solo per la gestione delle emergenze ma anche per fare crowdsourcing su una città, raccogliendo segnalazioni relative a problematiche quali il traffico, lo stato delle strade, etc. Il processo è facilmente scalabile, come sottolinea Matteo: “Potremmo arrivare a standardizzare questo metodo. Perché ogni Comune per esempio dovrebbe avere la propria applicazione per segnalare le buche per la strada? Risparmieremmo tutti creando degli standard, sia in termini di processo che in termini di dati. Avendo lo stesso formato per tutti i Comuni d’Italia, ad esempio, posso molto più facilmente incrociare i dati, fare statistiche o visualizzazioni e prendere decisioni. I dati del portale TerremotoCentroItalia sono stati ripresi anche dai portali istituzionali di open data, per esempio il portale della Regione Toscana, il portale nazionale dati.gov.it e il portale degli open data europeo. Credo sia la prima volta che un progetto che nasce in civic hacking viene rilanciato anche in termini di dataset dalle istituzioni”.

Su questi temi, appuntamento a ICity Lab 2018 il 17 ottobre con il workshop “Hacking civico e smart citizen: chi abita la smart city?

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