Riuso temporaneo per una smart city proiettata al futuro

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“Un po’ per uno: il riuso temporaneo come soluzione alla sostenibilità permanente delle città”: il titolo dell’incontro che si terrà a Milano durante ICity Lab racchiude in sé una contrapposizione tra riuso temporaneo e trasformazione permanente della città. Ne parliamo con Isabella Inti, fondatrice e presidente di Temporiuso.net

13 Settembre 2017

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Patrizia Fortunato

“Un po’ per uno: il riuso temporaneo come soluzione alla sostenibilità permanente delle città” è il titolo dell’incontro che si terrà a Milano durante ICity Lab sul tema del riutilizzo degli spazi urbani dimenticati dalla comunità e dalle amministrazioni. Il titolo, non a caso, racchiude in sé una contrapposizione tra riuso temporaneo e trasformazione permanente della città, suggerendo un nuovo modello di sviluppo territoriale. Di quale sviluppo stiamo parlando? Di quello basato su un’etica ambientale, attento alle caratteristiche paesaggistiche e agli assetti urbani esistenti, persino attento alle risorse comuni di tipo cognitivo, sociale, emozionale.

In Italia esistono alcune buone pratiche in termini di riuso temporaneo degli spazi in abbandono e riappropriazione delle città. Abbiamo contattato Isabella Inti, fondatrice e presidente di Temporiuso.net, per approfondire il lavoro che l’associazione sta portando avanti, svolgendo sperimentazioni di riattivazione sia di edifici che di spazi aperti di proprietà comunale in attesa di prossima trasformazione, soprattutto nell’hinterland milanese. Questo, grazie a una delibera comunale sulle politiche pubbliche urbane risalente al 2012, siglata da Temporiuso.net e DASTU – Dipartimento di Architettura e studi urbani del Politecnico di Milano, nonché dal Comune di Milano stesso.

Quali sono le politiche attive sul riuso in Italia?

“Due politiche in particolare meritano attenzione – spiega la Inti – quella afferente alla delibera 2012 del comune di Milano; e, sempre del 2012, quella legata al riuso di spazi residuali. Un’altra nota che ha dato l’avvio al patto di collaborazione sociale è stato il protocollo firmato dal comune di Bologna per il quale il tema della rigenerazione dei beni comuni è stato legato al tema di riuso temporaneo. Dopo Bologna il progetto è stato portato avanti da diverse città italiane, in particolare da Labsus che ha siglato con diversi comuni in tutta Italia il patto di collaborazione con la cittadinanza attiva”.

Qual è il senso delle strategie di riuso in Italia e in cosa si diversificano rispetto alle esperienze internazionali?

“Rispetto ad altri casi internazionali che abbiamo studiato e – afferma Inti – con i quali abbiamo collaborato a Berlino, a Bruxelles, o ancora a Rotterdam e Amsterdam, il riuso temporaneo attualmente in Italia vede alcune diversità, in quanto è applicabile a contesti molto diversi, non solo delle grandi aree urbane”. Nella panoramica italiana temporiuso.net è stata contattata da diverse pubbliche amministrazioni e privati anche per interventi su larga scala con rischio di spopolamento del centro storico (le famose Ghost Town). Dunque, non solo grandi città come Milano, Roma, Genova o Torino.

In particolar modo Temporiuso.net sta lavorando su dei piccoli Comuni e aree territoriali, anche ricche da un punto di vista paesaggistico:
  • Il comune di Pozzolengo, ricco ancora per attività agricole, ma con grande diffusione abitativa che ha visto lo spopolamento del centro storico dovuta alla modalità insediativa degli anni ’80 e ’90 che prevedeva abitazioni fuori dal centro storico.
  • Il Comune di Badolato, in provincia di Catanzaro, che è uno dei 54 paesi doppi spopolati per diversi fenomeni di spopolamento legati sia a grandi emigrazioni per ragioni di lavoro negli anni ’50 e ’60, sia a causa di fragilità del suolo come svuotamenti del terreno o terremoti.

Il modello di sviluppo basato sul riuso temporaneo, dunque, permette di protegge il patrimonio paesaggistico e culturale, di applicare criteri di manutenzione del territorio e restauro dei centri storici e non solo. È qualcosa che va ben oltre la semplice valorizzazione estetica degli spazi comunali, è un modello fondato sulla conoscenza e sulla sostenibilità.

Un esempio concreto è quello del comune di Milano. “Fino al 2012 – afferma Isabella Inti – abbiamo lavorato a contesti diversi, uno dei primi progetti è stato la riattivazione di molti stalli vuoti presenti al mercato Montegani, nel quartiere Stadera, che è la prima cintura periferica di Sud Milano, nel Municipio V, dove abbiamo osservato, anche con indagini e ricerche, come su 36 mercati comunali la maggior parte nel 2012 soffrivano di un forte abbandono degli stalli all’interno, in quanto non c’era stata ancora una politica di riqualificazione di un’immagine coordinata, c’era una ristrutturazione degli immobili ferma anche ad alcune caratteristiche spaziali previste dalla normativa degli anni ’50, per cui c’erano dei tempi di chiusura all’ora di pranzo e di cena e non era possibile somministrare cibo all’interno dei mercati”.

Il riuso temporaneo, quindi, ha cercato di sbloccare con delle prime attività di eventi pubblici, con i primi aperitivi e pranzi collettivi, la possibilità di sperimentare la somministrazione di cibo all’interno del mercato Montegani e anche la possibilità di usare stalli vuoti con performance ed eventi culturali, mostre fotografiche o workshop con alcuni artisti. Questo poi ha portato alla costruzione di un progetto più duraturo che è quello del mercato di Giambellino, o ancora successivamente del mercato in Darsena.

“Un altro progetto di diversa natura – precisa Inti – è stata la possibilità di riattivare degli spazi vuoti in abbandono anche per attività abitative, oltre che commerciali e ludiche, questo in particolar modo ha visto nel Municipio IV il progetto di palazzina 7 e pensilina 8 in cortile, Viale Molise 62, parte di un complesso molto più ampio che è quello dei Mercati Generali di Milano. Esistono altri progetti, come il nostro che ha visto dal 2013 (quindi per 4 anni) la possibilità di riattivare una palazzina con spazi abitativi per studenti di università pubbliche, con affitti molto calmierati, non c’era un vero e proprio affitto perché è un comodato d’uso gratuito, ma la possibilità di pagare le spese di manutenzione ordinaria degli spazi e l’ospitalità per diverse associazioni o piccole imprese legate all’artigianato, alla ciclofficina”.

Qual è la differenza rispetto a spazi di coworking, ad altre realtà legate anche ad un’economia solidale? Il riuso temporaneo cerca, non solo di riattivare gli spazi, ma di attivare nuove comunità di cura. Le pratiche di riuso intercettano una domanda di riappropriazione di spazi strutturati per funzioni sociali, che configurano una città carica di nuovo senso.

“Nei contratti che sigliamo – sottolinea Inti -, contratti di riuso temporaneo, sia nel mercato, sia nella palazzina, sia in altri progetti che abbiamo attivato, si chiede alle realtà non solo di pagare le spese di manutenzione, ma di dare del tempo a disposizione per la cura e la gestione degli spazi, ognuno con le proprie capacità, nel senso che l’associazione ciclofficina, ad esempio, può avere delle attività aperte al pubblico e gratuito durante alcune giornate, come anche il laboratorio di gioielli di riciclo. Cerchiamo di coinvolgere le realtà locali, come le scuole con momenti doposcuola in estate o gli anziani del quartiere con momenti ludici. Questi spazi, da un lato hanno sofferto di abbandono e incuria, sono entrati per molto tempo in un’ala scura della nostra immaginazione per cui è giusto riportarli alla luce, ridare loro nuovo senso, nuovo significato, non soltanto ristrutturandoli, ricolorandoli, attrezzandoli con attrezzature pubbliche, ma organizzando degli eventi e delle attività pubbliche, soprattutto per la comunità locale, poi aperti alla città”.

Come queste sperimentazioni generano la trasformazione permanente della città, contribuiscono a definire Milano come smart city? Che cos’è la permanenza? Cos’è la Legacy di un progetto di uso temporaneo?

“Invece di riqualificare gli spazi e poi provare ad affittarli, tra bandi che vanno pure deserti, il riuso temporaneo permette di testare alcune funzioni, se uno spazio è più adatto a scopo abitativo, piuttosto che a scopo commerciale o ludico. Un’altra Legacy è quella di provare ad attivare delle comunità di cura, pertanto o il progetto viene rinnovato, per cui quella comunità si ingrandisce e rimane, o le realtà che si sono conosciute all’interno di questi spazi attivano delle sinergie, delle reti di collaborazione per cui nascono dei nuovi progetti, come abbiamo visto accadere sia Milano ma anche a Sesto San Giovanni con i primi progetti all’interno dei magazzini Falck”.

Questi sono i due aspetti che Isabella Inti intende a sottolineare durante l’incontro pubblico “Un po’ per uno: il riuso temporaneo come soluzione alla sostenibilità permanente delle città”, ICity Lab (Milano 24-25 ottobre).

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