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Servizi digitali: tra i comuni più maturi anche Sud e piccoli centri

Indice Ca.Re. La maturità digitale dei Comuni capoluogo
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L’indagine realizzata da FPA in esclusiva per Dedagroup Public Services e diffusa in occasione di FORUM PA 2020 mette in luce alcuni aspetti: la digitalizzazione non è più un’esclusiva delle grandi città, ma include anche i centri più piccoli, sia al nord che al sud; Open Data da sviluppare; social network in crescita. L’analisi mette a disposizione dei comuni uno strumento di auto valutazione per verificare il grado di digitalizzazione raggiunto e la sua evoluzione nel tempo

7 Luglio 2020

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Redazione FPA

Quanto sono maturi dal punto di vista digitale i Comuni capoluogo italiani? Per il secondo anno consecutivo FPA ha realizzato in esclusiva per Dedagroup Public Services, società impegnata nella costruzione delle nuove infrastrutture pubbliche digitali del Paese, l’”Indagine sulla maturità digitale dei Comuni capoluogo“, che si pone l’obiettivo di misurare l’avanzamento della PA italiana nel suo percorso di innovazione attraverso l’approfondita analisi qualitativa di un campione di 109 Comuni capoluogo, aggiornata al 31 maggio 2020.

Indice Ca.Re. La maturità digitale dei Comuni capoluogo

La sintesi

L’indagine, presentata oggi in occasione di FORUM PA 2020, evidenzia un elemento centrale: la digitalizzazione oggi non è più un’esclusiva delle grandi città e delle regioni del Nord, ma coinvolge anche i centri più piccoli e le città del centro-sud. La ricerca sostanzia il modello Ca.Re. (Cambiamento Realizzato) di Dedagroup Public Services, frutto di una rielaborazione del DESI (Digital Economy & Society Index) rispetto agli obiettivi definiti dalla strategia nazionale sulla PA digitale (Agenda Digitale italiana, Strategia per la Crescita Digitale, Piano triennale per l’ICT) e di una sua contestualizzazione a livello locale. Uno strumento operativo per misurare i risultati raggiunti, confrontarsi con altri Enti e capire su quali ambiti intervenire per migliorare il proprio livello di digitalizzazione. A questo indirizzo è disponibile una versione semplificata del questionario accessibile a tutti i comuni che desiderano autovalutare il proprio livello di digitalizzazione.

Il commento

Fabio Meloni, Amministratore Delegato di Dedagroup Public Services: “Abbiamo assunto l’impegno di condurre questa indagine con l’obiettivo preciso di offrire alla Pubblica Amministrazione Locale, anche realtà molto piccole, un attendibile griglia di riferimento per autovalutare il proprio grado di digitalizzazione. La seconda edizione evidenzia quanto oggi il percorso di digitalizzazione sia all’effettiva portata di tutti i Comuni, grandi e piccoli, indipendentemente dalle risorse finanziarie a disposizione grazie alla strategia nazionale sulla PA digitale e agli strumenti da essa derivati. A questo si aggiunge la necessità di promuovere e sviluppare servizi digitali realmente efficaci perché progettati per mettere al centro l’esperienza del cittadino-utente e utili grazie all’impiego di open data certificati ad alto contenuto informativo. Infine, rileva una nuova consapevolezza delle amministrazioni sulla necessità di comunicare i servizi correttamente attraverso tutti i canali possibili che l’indagine ha puntualmente analizzato”.

Gianni Dominici, Direttore Generale di FPA: “Dalla ricerca emerge in generale una certa vitalità nel percorso di trasformazione digitale dei Comuni italiani, anche tra le amministrazioni attualmente non collocate nella fascia più elevata. Vorrei evidenziare due elementi: il primo l’importanza di “fare rete” con le altre amministrazioni, per raggiungere gli obiettivi definiti dal Piano triennale; il secondo riguarda la “cultura del dato”, un aspetto su cui si deve lavorare ancora molto, visto che anche i Comuni più maturi risultano indietro sia dal punto di vista della quantità che della qualità di dataset rilasciati in formato aperto”.

La metodologia

L’Indagine prende in esame tre dimensioni per valutare la maturità digitale delle nostre città: Digital public services, che misura il livello di disponibilità online dei principali servizi al cittadino e alle imprese erogati dai Comuni capoluogo; Digital PA, che misura il livello di integrazione dei Comuni rispetto alle principali piattaforme abilitanti individuate dal Piano triennale per l’informatica pubblica (SPID, PagoPA e ANPR); Digital Openness, che misura il livello di apertura dell’amministrazione comunale in termini di numerosità e qualità dei dati aperti rilasciati e il livello di comunicazione con la propria comunità di riferimento attraverso l’attivazione dei principali canali social.

Per ciascuno di questi indici è stato calcolato, per ogni Comune capoluogo, il livello di maturità digitale ed è stato infine delineato l’Indice complessivo Ca.Re. (Cambiamento Realizzato) che rappresenta la sintesi dei risultati ottenuti nelle tre dimensioni. Immaginando il percorso di digitalizzazione come una corsa di velocità, che anche alla luce della recente esperienza dettata dall’emergenza sanitaria si è capito che si deve e si può compiere, l’indagine individua tre classi di maturità digitale che vede i Comuni collocati in tre momenti: “Blocchi di partenza”, “Stacco” e “Spinta”. A conferma della possibilità di passare rapidamente al momento successivo, il fatto che l’indagine registra un notevole movimento, con molte città che si collocano appena sotto il punteggio-soglia della fase immediatamente successiva, e che con un minimo ulteriore sforzo potrebbero avanzare facilmente.  Su 109 Comuni capoluogo, 35 sono nella fase “Spinta” e hanno raggiunto un buon grado di maturità digitale, 37 si attestano nella fase di “Stacco” e altrettanti si collocano ai “Blocchi di partenza”.

I risultati

La maturità digitale dei Comuni

Tra le 35 amministrazioni con elevata maturità digitale ci sono 26 Comuni che raggiungono un livello almeno sufficiente in tutte e tre le dimensioni considerate (Digital public services, Digital PA, Digital Openness) ed elevato in almeno una di esse (classificate come “omogenee”), cioè Arezzo, Bari, Bergamo, Brescia, Cagliari, Cremona, Firenze, Forlì, La Spezia, Livorno, Lodi, Matera, Modena, Monza, Napoli, Palermo, Parma, Pavia, Piacenza, Prato, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Trento, Verbania, Verona e Vicenza. A cui si aggiunge Mantova, con un livello “differenziato” (in fascia bassa in una dimensione e in quella più elevata nelle altre due. E poi 8 Comuni che raggiungono il livello più alto in tutte le tre dimensioni: le grandi metropoli di Bologna, Genova, Milano, Roma, Torino, Venezia e due medie realtà come Cesena e Pisa, a testimonianza del fatto che difficoltà strutturali oggettive (collocazione geografica e dimensione demografica) non impediscono il raggiungimento di ottimi risultati quando si è in presenza di determinate proattività soggettive.

Se è vero che nel complesso, a ottenere la migliore performance dal punto di vista territoriale sono i capoluoghi del nord-ovest (12 su 24 si collocano nella fase “Spinta”, 6 nella fase “Stacco”) e del nord-est (11 Comuni su 24 in fase “Spinta”, 9 in fase “Stacco”), e che spiccano ancora i grandi comuni (ben 11 dei 12 Comuni con più di 240mila abitanti sono in fase “Stacco”, uno solo in fase “Spinta”), anche il Sud ha importanti realtà che performano bene. Si collocano infatti nella fase “Spinta”: Bari, Cagliari, Matera, Napoli, Palermo e Reggio Calabria.

Inoltre, si conferma una certa vitalità delle realtà medie e medio-grandi, con un buon numero di capoluoghi con maturità digitale elevata (12 città con popolazione compresa tra i 60mila e i 120mila abitanti, 9 città con popolazione compresa tra i 120mila e i 240mila abitanti), ma non mancano infine Comuni sotto i 60mila come le due piccole città lombarde di Lodi e Mantova.

Open data: ambito da sviluppare

In un contesto in cui il valore del dato come fonte di informazione su cui costruire nuovi servizi è chiaro, merita attenzione ciò che emerge dall’indice Digital Openness che indaga sulla pubblicazione di dati in formato aperto relativi all’attività dell’amministrazione e alla vita economica e sociale delle proprie comunità come elemento per l’affermazione della “PA aperta”, misurando il numero di dataset pubblicati su portali dedicati e siti istituzionali ma anche, coerentemente al Piano Triennale, ulteriori parametri: qualità dei dati esposti, aggiornamento, documentazione e metadatazione, automazione nella produzione e nel rilascio, disponibilità di API (Application Protocol Interface).

Dei 109 Comuni capoluogo emerge che pochi top performer si contraddistinguono per numerosità dei dataset rilasciati, mentre la maggior parte ha un basso livello di maturità della cultura del dato.

Complessivamente, i dataset pubblicati dai 109 Comuni capoluogo sono poco più di 17.000- 48 città su 109 non hanno ancora pubblicato nemmeno un dataset sui propri portali, e 28 Città hanno reso disponibili meno di 100 dataset. Spiccano 6 grandi città – Bologna, Roma, Firenze, Torino, Palermo e Milano – che con più di 1.000 dataset sui loro portali confermano l’utilizzo degli open data come elemento fondamentale della propria strategia di digital transformation. Lo stesso anche per realtà più piccole come Pisa, Lecce e Piacenza, che si attestano tra i 1.000 e i 500 dataset pubblicati. Tra i Comuni che si contraddistinguono per l’utilizzo di formati che consentono livelli di interoperabilità maggiori, sono le già citate Roma, Firenze, Palermo e Milano, a cui si aggiungono Cesena e Pisa.

Utilizzo dei social network per la comunicazione dei servizi

La misurazione del livello di apertura non può prescindere dalla capacità delle amministrazioni di raccontarsi in un contesto nuovo, in cui i cittadini ricevono continui stimoli e messaggi da piattaforme private che offrono servizi e opportunità di relazione sempre più avanzate. I canali social e i sistemi di messaggistica istantanea, il cui utilizzo è legato alla capacità soggettiva di attivarli e non dipende dalle determinanti strutturali, rappresentano formidabili strumenti per comunicare e interagire con la cittadinanza. Anche una comunicazione sempre più multicanale potrebbe consentire al Paese di riguadagnare posizioni nella classifica del DESI che nell’edizione 2020 ha fotografato la dicotomia tra l’effettiva disponibilità di servizi online offerti, e la loro scarsa fruizione da parte di cittadini e imprese.

A livello generale il canale social più diffuso tra i 109 Comuni considerati è Facebook (utilizzato da 95 amministrazioni), seguito da Youtube (attivo in 93 città), Twitter (85) e LinkedIn (84). Più basso il dato relativo a Instagram, con soli 67 Comuni attivi. Ancora poco diffuso Telegram, utilizzato soltanto da 45 città come strumento per informare tempestivamente la cittadinanza su novità, eventi e servizi erogati. Complessivamente, solo 23 Comuni tra i 109 monitorati utilizzano tutti i 6 strumenti analizzati.

Conclusioni

In conclusione, l’Indagine evidenzia che la digitalizzazione non è più un percorso riservato solo alle amministrazioni più grandi, più strutturate e dotate di maggiori risorse economiche e professionali. Cosa incide quindi maggiormente sulla maturità digitale dei Comuni? Più che la collocazione geografica o la dimensione demografica, a contare sono altri fattori.

In primis la capacità di integrare i propri servizi con le piattaforme e gli strumenti realizzati a livello centrale dal Team per la trasformazione digitale in collaborazione con AgID, che oggi sono a disposizione di tutte le amministrazioni italiane rappresentando delle formidabili “cassette degli attrezzi” che consentono ad enti di ogni dimensione di effettuare un deciso cambio di passo nel proprio percorso di digitalizzazione.

Influisce anche la capacità dei Comuni di “fare rete” con altre amministrazioni. La condivisione di esperienze, risorse e professionalità e lo sviluppo di progettualità condivise rappresenta un aspetto chiave per raggiungere gli obiettivi definiti dal Piano triennale.

Ultimo cruciale aspetto è la capacità di sfruttare le opportunità offerte dall’accelerazione del Cloud PA. L’avvio del Cloud marketplace, accompagnato dall’obbligo di approvvigionarsi esclusivamente di soluzioni SaaS qualificate da AgID, in virtù del principio cloud first, consente alle amministrazioni di usufruire di soluzioni per la gestione dei procedimenti amministrativi flessibili e scalabili, facilmente gestibili da parte delle amministrazioni ogni ordine e grado.

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