#OpendataFVG: dalla formazione alla contaminazione

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Il progetto #opendataFvg rappresenta una ghiotta occasione
per dar corso a una “contaminazione” tra realtà pubbliche e private sul tema
dei dati aperti di qualità. A conclusione del percorso formativo, si ragiona ora
di Hackathon, parola chiave per il 2019.


4 Dicembre 2018

M

Marina Galluzzo, Comunicazione Cultura e Musei Comune di Udine - Centro di competenza servizi informativi, comunicazione e trasparenza ANCI FVG

I primi di novembre ho raggiunto Palermo per partecipare al radunoopendatasicilia, quest’anno dedicato ai linked data dell’assemblea regionale siciliana (ARS). Quel raduno è stato tante cose: un convegno per i presenti; un momento formativo per principianti e curiosi; un Hackathon per esperti e appassionati; un’occasione di “contaminazione” tra cittadini, professionisti, colleghi della PA; l’incontro tra vecchi e nuovi amici e conoscenti; la scoperta di una città in fermento.

Opendatasicilia ha trasmesso l’idea di trovarsi di fronte a “qualcosa di più” di un occasionale hackathon. In primis, per le relazioni che continuano tra i partecipanti all’evento; poi, per l’impatto che il lavoro della community ha sul grado di maturità dei dati aperti (interessante, in proposito, il richiamo a opendatasicilia operato dal Report AGID 2018 che contribuisce a posizionare l’Italia tra i 5 paesi “trend-setter” nell’Open Data Maturity in Europe Report 2018 ); infine, per la sua capacità di assurgere a “buona pratica” esportabile in altri territori del Paese. Peraltro, nella PA il tema dello sviluppo dei dati aperti è ancora in fase evolutiva e soffre, oggettivamente, di frammentarietà e disomogeneità territoriale.

Parte da qui la mia riflessione su cosa occorra per considerare “normale” nell’ente pubblico locale un compito spesso non supportato da un preciso mandato politico e spesso relegato all’ambito del “tempo perso” di pochi “visionari” della PA. Mentre scrivo, ragiono via twitter con alcuni amici: l’occasione è data dalla segnalazione di una pagina web contenente i dati di un Comune definiti aperti, pagina che, senza giri di parole, viene definita un “obbrobrio.” Quella pagina richiama (il vecchio) art. 52 comma 1; pubblica formati proprietari; non riporta adeguata metadatazione; espone i dati con licenza CC-BY-NC-ND (non commerciale, non derivati); riporta collegamenti ipertestuali non più operativi e, dulcis in fundo, non dichiara alcun aggiornamento temporale. Quella pagina web è – decisamente – un “obbrobrio”.

Consapevole delle difficoltà comuni a tutti noi pubblici dipendenti, non è certo mia intenzione puntare il dito sul lavoro quotidiano svolto in questa o quella organizzazione pubblica: il caso è emblema di mille e mille altre realtà locali. Eppure, curiosamente, dal sito dati.gov.it si evince il racconto di una corposa normativa di ambito regionale, nata con l’evidente obiettivo di ampliare la produzione di dati aperti della PA, sensibilizzare gli enti locali e favorire la crescita del territorio. Sull’onda dell’entusiasmo, ben 14 regioni italiane hanno disciplinato il tema dei dati aperti, pubblicando proprie leggi regionali e linee guida.

Sul punto, due considerazioni. Il D. Lgs. 82/2005 e il D. Lgs. 36/2006 rappresentano il fulcro della legislazione nazionale in tema di dati aperti. Per parte sua, AGID – in funzione di supporto alle PA, di coordinamento sugli indirizzi UE e in raccordo con il Piano Triennale per l’Informatica nella PA – aggiorna periodicamente specifiche Linee Guida nazionali. Risulta allora difficile comprendere il motivo per cui Regioni ed Enti locali abbiano ritenuto necessario dotarsi di propri atti normativi, generalmente volti a ribadire linee di principio anziché delineare un reale processo territoriale, con piani e budget di sviluppo.

I buoni frutti sui dati aperti appaiono invece legati alla fatica di integrare i temi dell’open government nelle funzioni dell’ente; al supporto ai molteplici enti di piccole dimensioni e, last but not least, all’attivazione di seri, puntuali e continui percorsi formativi per consolidare conoscenza nei pubblici dipendenti e dentro la “società civile”.

Opendatasicilia e il caso di Gorizia ne sono esempi evidenti: da una parte, l’assenza di un formale “supporto normativo” regionale e la presenza di una community tesa a coinvolgere dipendenti, amministrazioni pubbliche e cittadini diversi nei temi dell’open government e dei dati aperti; dall’altra, la presenza del formale “supporto normativo” regionale in un territorio – il Friuli Venezia Giulia – che ha finora trascurato aspetti culturali e di comunità che, dell’open government, rappresentano il cuore .

Peraltro, per il Friuli Venezia Giulia il 2018 rappresenta l’anno della svolta. Con il progetto #opendataFVG si è concretizzato un percorso formativo rivolto a dipendenti pubblici, ma aperto anche alla partecipazione della società civile, con il duplice scopo di sensibilizzare la Pubblica Amministrazione sul tema dati aperti e porre le basi per una “contaminazione” pubblico-privato. Con l’intento di declinare il processo nei suoi vari aspetti giuridici, tecnologici e culturali, #opendataFVG ha cantierato 13 appuntamenti (di cui 10 già realizzati) per diffondere competenze e conoscenza su dati aperti e open government, ospitando professionisti e formatori di livello nazionale, presentando buone pratiche di altre istituzioni, coinvolgendo dipendenti di varie istituzioni e privati cittadini.

#opendataFvg rappresenta così una ghiotta occasione per dar corso anche in Friuli V.G. a una “contaminazione” tra realtà pubbliche e private per ragionar di dati aperti di qualità, da utilizzare in ragione delle varie esigenze e degli specifici interessi. In tale ottica, i pubblici dipendenti dovrebbero saper uscire dai propri schemi – dalla loro comfort zone – per entrare a far parte di communities allargate, volte a costruire insieme nuove formule di reciproca conoscenza, formazione e contaminazione.

Il prossimo step sarà quindi l’evoluzione di #opendataFVG in una call for action per esperti, dipendenti, professionisti e giovani universitari che, con lo sguardo rivolto a una rinnovata modalità formativa del pubblico dipendente, possa porre le basi per costruire una tale comunità.

Hackathon sarà la parola chiave del 2019 per un progetto sfidante. Peraltro, l’attuale fase di transizione verso la PA digitale costituisce una sfida quotidiana che noi dipendenti siamo chiamati a gestire in maniera responsabile.

Possiamo insieme realizzare passi da gigante o, all’opposto, fare – da soli – passi da gambero.

A noi la scelta.

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