Il lavoro che cambia: mettiamo al centro l’impatto della trasformazione digitale

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L’innovazione tecnologica e lo sviluppo delle ICT impongono mutamenti anche in ambito gestionale con un impatto rilevante su comportamenti sociali, dinamiche di potere e creazione di nuovi modelli relazionali nei luoghi di lavoro. Nel nostro Paese c’è la giusta attenzione a questi temi? Quale approccio c’è stato negli anni passati e quale direzione dovremmo prendere in futuro?

21 Marzo 2018

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Emma Pietrafesa, Rosina Bentivenga, Sara Stabile*

La quarta rivoluzione industriale, superando l’idea fordista di lavoro, determina per i lavoratori nuovi paradigmi in relazione a mansioni, ruoli e competenze e per le organizzazioni una spinta verso l’innovazione. Le condizioni e gli ambienti di lavoro si trasformano attraverso cambiamenti che interessano l’interfaccia uomo-macchina, il monitoraggio dei parametri lavorativi, l’utilizzo di nuovi materiali intelligenti, configurando una nuova concezione del lavoro caratterizzata dalla flessibilità relativamente a tempi e luoghi. In passato la sicurezza del luogo di lavoro, infatti, veniva definita in termini di stabilità, oggi invece non esiste più né un unico rapporto di lavoro per tutta la vita, né un unico luogo per svolgere la prestazione, né un orario fisso. L’innovazione tecnologica e lo sviluppo delle ICT impongono mutamenti anche in ambito gestionale con un impatto rilevante su comportamenti sociali, dinamiche di potere e creazione di nuovi modelli relazionali nei luoghi di lavoro. Nel nostro Paese c’è la giusta attenzione a questi temi? Quale approccio c’è stato negli anni passati e quale direzione dovremmo prendere in futuro?

Cosa riprendere e sviluppare: le norme in materia di lavoro agile

La flessibilità distingue e caratterizza nuovi modelli di lavoro, che sempre più devono adeguarsi ai costanti mutamenti del contesto economico e sociale. Già alla fine degli anni Novanta con la Legge 191/1998 sono state disciplinate le prime forme di lavoro a distanza nella PA, legate anche all’uso delle ICT. La legge 81/2017 ha successivamente introdotto la possibilità di ricorrere al lavoro agile, inteso come combinazione di flessibilità, autonomia e collaborazione anche nell’esecuzione delle attività di lavoro subordinato.

Attualmente il lavoro agile è già previsto in molti contratti collettivi/accordi di rinnovo, nel settore alimentare, energetico, bancario-assicurativo, trasporto, telecomunicazioni e in aziende altamente tecnologiche. Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, nel nostro Paese, sono oltre 300 mila i lavoratori subordinati che godono di discrezionalità̀ nella definizione delle modalità̀ di lavoro in termini di luogo, inoltre il 36% delle grandi imprese, il 7% delle PMI e il 5% delle PA hanno già progetti strutturati di smart working.

La prestazione del lavoratore agile viene regolarmente svolta al di fuori dei locali dell’azienda, sebbene parte della dottrina rilevi che non sussista, ad oggi, alcuna differenza sul piano giuridico in termini di disciplina applicabile al telelavoro e al lavoro agile, se non in due circostanze:

  • quando la prestazione al di fuori dei locali aziendali sia resa senza il supporto di strumentazioni informatiche o telematiche;
  • quando l’alternanza tra lavoro nei locali aziendali e lavoro in altri luoghi sia del tutto episodica e cioè occasionale o comunque non programmata.

Il dibattito è ancora in corso in relazione alla misurazione e predeterminazione del tempo della prestazione di lavoro agile e della natura mobile e non fissa della postazione di lavoro utilizzata all’esterno dei locali aziendali. In ogni caso, la legge assicura la totale parità del trattamento normativo, retributivo e previdenziale anche dal punto di vista della tutela in materia di salute e sicurezza sul lavoro (SSL), del lavoratore agile rispetto a quello di chi svolge le stesse mansioni all’interno dei locali dell’organizzazione.

Un primo passo in questa direzione è rappresentato dalla direttiva n. 3 del 2017, emanata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, contenente le linee guida in materia di promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro ai fini della sperimentazione di queste nuove modalità lavorative. In ambito di SSL, il datore di lavoro è tenuto a:

  • consegnare al lavoratore e al RLS l’informativa sui rischi e sulle misure da adottare;
  • fornire adeguata formazione periodica in merito ai requisiti di SSL in ambiente indoor e outdoor se non ricompresi in quella prevista dal d.lgs.81/2008;
  • assicurare che gli strumenti/dispositivi (eventualmente forniti) siano conformi normativamente a standard tecnici;
  • assicurare che le attrezzature di lavoro/apparecchiature (eventualmente forniti) siano conformi al Titolo III del d.lgs.81/2008 nonché alle disposizioni delle direttive di prodotto;
  • effettuare idonea manutenzione delle attrezzature/apparecchiature/strumenti (eventualmente forniti) e somministrare adeguata formazione e informazione sul loro utilizzo;
  • prediligere le apparecchiature elettriche/elettroniche (eventualmente fornite) a doppio isolamento;
  • attuare le misure di tutela previste dall’art. 15 del d.lgs.81/2008 anche nel caso in cui non fornisca strumenti/attrezzature e dispositivi.

Le linee guida forniscono, inoltre, indicazioni importanti anche in merito alle infrastrutture tecnologiche e abilitanti per il lavoro agile e alla protezione dei dati e loro custodia e riservatezza con l’auspicio che anche i dispositivi mobili siano sempre configurati dall’amministrazione per ragioni di sicurezza e protezione della rete.


Cosa mi aspetto per il 2018: una maggiore attenzione agli effetti della trasformazione digitale in materia di salute e sicurezza sul lavoro


Una trasformazione così importante, che ha impatti sui lavoratori e sull’organizzazione del lavoro, può comportare l’introduzione di nuovi fattori di rischio per la SSL, tenendo anche conto dei cambiamenti della forza lavoro che sarà sempre più multigenerazionale, multiculturale e ageing. Secondo l’Agenzia Europea per la salute e la sicurezza, infatti, entro il 2030, la popolazione europea decrementerà in relazione alla forza lavoro attiva. L’attuale calo delle nascite, il progressivo invecchiamento della popolazione e dell’età pensionabile impatteranno sempre più sulla composizione della forza lavoro determinando maggiori malattie croniche nei luoghi di lavoro, minore agilità fisica e più lentezza di reazione da parte dei lavoratori over 60, maggiori disordini muscolo-scheletrici e decadimento delle funzioni intellettive.

D’altra parte secondo l’International Labour Organization entro il 2030, la crescita della popolazione mondiale supererà gli 8 miliardi di individui, determinando un ingresso sul mercato del lavoro di circa 40 milioni di persone all’anno e la compresenza di ben cinque diverse generazioni di lavoratori. Questo comporterà una sempre maggiore diversificazione nell’uso delle ICT: le nuove generazione di lavoratori, infatti, sono più orientate ad un uso costante, anche mediante i propri dispositivi, e ciò può implicare una diversa percezione dell’attività lavorativa, del luogo e del tempo di lavoro (always on, bring your own device, lavoro agile, virtual workplace, crowd-working). Già adesso di fatto si assiste ad una progressiva perdita delle competenze digitali di base rispetto a una crescente domanda di competenze avanzate che renderebbero possibile una migliore occupabilità. La mancanza dell’acquisizione di tali competenze contribuirà ad accrescere il fenomeno del divario digitale e a determinare il rischio di costituzione di una digital élite

Indubbiamente lavorare in modo più flessibile rappresenta un’opportunità e una necessità per le organizzazioni, con conseguente aumento della produttività aziendale e un miglioramento del benessere e della soddisfazione per i lavoratori in termini di work life balance e performance, senza tralasciare gli effetti sulla sostenibilità ambientale della mobilità urbana data dalla riduzione del traffico e dell’inquinamento. Tuttavia, è necessario valutare attentamente anche gli aspetti legati al possibile isolamento del lavoratore agile, che svolgendo la propria attività all’esterno potrebbe non sentirsi partecipe delle logiche aziendali, e quelli relativi all’organizzazione del lavoro poiché sussiste ancora oggi una forte correlazione tra carriera, avanzamento e presenza. Questi aspetti hanno ripercussioni soprattutto in ottica di genere poiché si riscontrano spesso proprio in relazione ai periodi di astensione dal lavoro delle donne per motivi di gravidanza e cure familiari. Non deve essere, infine, sottovalutata la dinamica dell’always on che può avere conseguenze negative anche in termini di dipendenza e di abuso fino a determinare, come alcuni studi internazionali hanno evidenziato, una relazione tra uso eccessivo e alti livelli di ansia, depressione e stress.


Per maggiori approfondimenti sul tema è possibile consultare e scaricare dal sito Inail la monografia ICT e Lavoro: nuove prospettive di analisi per la salute e la sicurezza sul lavoro e la serie di Factsheet L’impatto e la diffusione delle ICT.




*Emma Pietrafesa, Rosina Bentivenga, Sara Stabile sono Ricercatrici presso il Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila), Inail

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