Smart working: un “equalizzatore” che appiana le distorsioni di genere nel mercato del lavoro

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La diffusione massiccia di un diverso modo di intendere la prestazione lavorativa, basata non sul culto della presenza fisica in ufficio ma sul risultato ovunque lo si produca, è sicuramente in grado di incidere nel profondo sulla cultura delle organizzazioni pubbliche, aprendo la strada ad una PA centrata sui servizi da offrire alla cittadinanza nonché ad una reale eguaglianza di genere nel mondo del lavoro

18 Dicembre 2017

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Monica Parrella, Dirigente Generale Dipartimento per le Pari Opportunità, Presidenza del Consiglio dei Ministri

Oggi sono più di 300mila i dipendenti impiegati, quadri e dirigenti che lavorano soprattutto nel settore privato in modalità agile. Questo nuovo modo di concepire la prestazione lavorativa, sempre più diffuso, sta rivoluzionando completamente il mercato del lavoro. Ma cosa intendiamo per lavoro agile e soprattutto perché può rappresentare una risorsa per la pubblica amministrazione?

Il lavoro agile (o smart working), che non è telelavoro ma una nuova modalità lavorativa, che consente al lavoratore e alla lavoratrice di eseguire la prestazione in modo flessibile, nello spazio e nel tempo, nel rispetto degli obiettivi lavorativi prefissati, senza predeterminazione del luogo di svolgimento dell’attività.

Con il lavoro agile si superano i vincoli connessi a luogo e tempo/orario lavorativo riconoscendo alla persona una maggiore autonomia nel definire le modalità di lavoro a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati.

La diffusione massiccia di un diverso modo di intendere la prestazione lavorativa, basata non sul culto della presenza fisica in ufficio ma sul risultato ovunque lo si produca (everytime everywhere), è sicuramente in grado di incidere nel profondo sulla cultura delle organizzazioni pubbliche, aprendo la strada ad una pubblica amministrazione centrata sui servizi da offrire alla cittadinanza nonché ad una reale eguaglianza di genere nel mondo del lavoro.

Il lavoro agile o smart working, focalizzandosi sui risultati, rende normale la non presenza cinque giorni su cinque, per almeno sette/ otto ore, sul luogo di lavoro e può contribuire a rimuovere lo stigma al quale sono associate le donne nei luoghi di lavoro e che le pregiudica rendendole vittime di stereotipi e di discriminazioni. In questo senso il lavoro agile può essere inteso come un equalizzatore, per la propensione ad equalizzare, ad appianare le distorsioni di genere che si riscontrano ancora oggi nel mercato del lavoro.

Le donne, infatti, a causa dei carichi familiari spesso si trovano in situazioni di svantaggio a livello lavorativo e ciò è aggravato ulteriormente da una “rigidità” del lavoro, in termini di orari, spazi e modalità organizzative. L’assenza di vincoli contrattuali rigidi e l’introduzione di tempi e modalità di lavoro più “agili” o smart possono, infatti, costituire un incentivo e una facilitazione per l’ingresso e il mantenimento del posto di lavoro in particolare per le donne, consentendo l’individuazione di un giusto equilibrio tra tempi di lavoro e tempi di vita e una più ampia condivisione delle responsabilità genitoriali.

A ciò si aggiunga che le innovative tecnologie, che oggi fanno parte della nostra quotidianità, sono sicuramente una risorsa notevole da sfruttare in questo nuovo contesto organizzativo del lavoro in quanto necessarie per permettere allo smart worker di svolgere la prestazione lavorativa anche da remoto.

Verso una nuova organizzazione del lavoro si è mossa sicuramente la legislazione degli ultimi anni, che è stata tempestiva e lungimirante nel cogliere il mutamento in atto nel mondo del lavoro e lo ha fatto sia per i lavoratori pubblici con la c.d. Riforma Madia (L. n. 124/2015), che all’art. 14 prevede modalità innovative di esecuzione della prestazione lavorativa, sia per i lavoratori privati con il c.d. Collegato lavoro, sul lavoro autonomo e sulle misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato (L. n. 81/2017) che per la prima volta definisce una cornice normativa e regolatoria di cui imprese e pubblica amministrazione sentivano la necessità.

Con particolare riferimento ai lavoratori pubblici, l’art. 14 della L. 124/2015 ha introdotto nuove misure in materia di conciliazione, prevedendo espressamente che le amministrazioni pubbliche “sono tenute ad adottare misure organizzative volte a fissare obiettivi annuali per l’attuazione del telelavoro e la sperimentazione di nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa”. Di tali misure devono poter avvalersi, entro tre anni, almeno il 10 per cento dei dipendenti di ciascuna amministrazione, che ne facciano richiesta, con la garanzia di non subire penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera.

Complessivamente, quindi, la norma intende favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti pubblici attraverso la sperimentazione di modelli organizzativi innovativi più funzionali, flessibili e idonei a rispondere agli indirizzi di policy e alle esigenze di innalzamento della qualità dei servizi pubblici.

Il quadro normativo si è quindi rafforzato e arricchito con la legge di iniziativa governativa n. 81/2017, in vigore dal 14 giugno 2017, che dedica un intero Capo al lavoro agile. Si tratta di una tappa importante perché per la prima volta nel nostro ordinamento si definisce compiutamente il lavoro agile o smart working come una “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva”.

Alcune amministrazioni che stanno sperimentando forme di lavoro agile hanno già potuto cogliere gli impatti benefici dell’istituto registrando riduzione dell’assenteismo del personale, minore fruizione del part-time o di permessi per flessibilità oraria nonché maggiore soddisfazione e motivazione del lavoratore che, in un quadro di maggiore responsabilizzazione rispetto ad obiettivi da raggiungere, gode di benefici evidenti in termini di benessere e di conciliazione.

Sulla scia di questa rivoluzione dell’organizzazione del lavoro molte altre amministrazioni si stanno attivando. Non ci resta dunque che monitorare gli effetti delle sperimentazioni per poi estendere a tutti un modello win-win-win, in considerazione degli evidenti impatti positivi che è in grado di produrre e non solo per i lavoratori, ma anche per l’amministrazione e la collettività.

Questo articolo è parte del dossier “Smart working, un cambiamento organizzativo e culturale”

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