Cad, Boccadutri: “I pagamenti dai circuiti internazionali sono una rivoluzione per la Pa, ecco perché”

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Per il mondo dei pagamenti digitali, il Codice rappresenta il presupposto normativo per una rivoluzione attesa da diversi anni. L’articolo 5 prevede, infatti, almeno tre novità interessanti per il futuro dei pagamenti digitali. Vediamole

20 Settembre 2016

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Sergio Boccadutri, deputato, coordinatore innovazione PD

Tra le novità del nuovo CAD c’è il fatto che tutte le carte di pagamento, comprese quelle appartenenti ad un circuito internazionale, dovranno essere accettate dalla Pubblica amministrazione. Questo è uno degli effetti dell’attuazione del primo articolo della Legge 124 del 2015.

Per il mondo dei pagamenti digitali, il Codice rappresenta il presupposto normativo per una rivoluzione attesa da diversi anni. L’articolo 5 prevede, infatti, almeno tre novità interessanti per il futuro dei pagamenti digitali.

In primo luogo, emerge la scelta di proseguire lungo il tracciato concettuale del digital first anche in questo settore. Ne è il segno la conferma della centralità del Nodo dei Pagamenti – realizzato dall’ Agenzia per l’Italia Digitale – nella visione del Governo, senza per questo escludere altre piattaforme.

Un secondo aspetto degno di rilevanza è la concretizzazione del principio di integrazione dei telefonici nel mondo dei pagamenti, seguendo ciò che prevede la Payment Service Directive 2 (PSD2). Con il comma 1 si dà infatti attuazione ad un principio contenuto già nella legge delega, ossia prevedere per i micro-pagamenti verso la PA, la possibilità di avvalersi del credito telefonico.

La novità più dirompente è probabilmente però quella esposta in premessa, all’inizio di questo articolo. Finora infatti gli uffici pubblici, nei loro rapporti con la clientela, avevano un ingiustificato potere discriminatorio: per accettare i pagamenti loro spettanti gran parte delle tesorerie richiedeva ai cittadini l’utilizzo di carte appartenenti al circuito domestico, escludendo di fatto milioni di utenti possessori di carte internazionali. Senza l’accettazione dei circuiti internazionali (Visa, Visadebit, MasterCard, Maestro, American Express) vi sono decine di milioni di italiani impossibilitati ad utilizzare le loro carte presso gli uffici della PA. Su circa 95 milioni di carte presenti in Italia, sono infatti circa 60 milioni quelle internazionali.


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La volontà di interrompere questo ingiustificato ostacolo è emersa nel corso dell’esame alla Camera dello schema di provvedimento. La Camera ha approvato un parere nel quale si richiedeva espressamente al Governo di eliminare ogni forma di discriminazione nei confronti dei cittadini e possessori di carte, parere perfettamente recepito dal Ministero della Funzione Pubblica.

> Questo articolo è parte del dossier “Speciale Cad. Inizia la fase attuativa, l’analisi di FPA e dei nostri esperti”

Lo sforzo normativo era doveroso per mettere fine ad una discriminazione ingiustificata, che trova la sua logica all’interno di contratti di acquiring spesso troppo datati siglati dalle tesorerie locali. Tali contratti non tengono conto delle recenti novità normative riguardo alle tariffe legate all’accettazione dei pagamenti. Lo scorso 9 Dicembre è entrato in vigore anche in Italia la normativa europea (Regolamento UE n. 751 del 2015) che impone il tetto unico alle commissioni interbancarie. Il tetto è fissato allo 0,3% del valore dell’operazione per le transazioni con carta di credito e 0,2% per i pagamenti per le carte di debito. Con l’entrata in vigore del Regolamento e la riduzione dei costi lato merchant, è caduto pertanto anche l’ultimo alibi.

Manca ancora un altro importante passo. La Legge di delegazione europea 2015, anch’essa appena pubblicata in Gazzetta ufficiale, contiene i criteri per il recepimento della PSD2. Tra questi criteri è stato ribadito il principio, già presente nel nostro ordinamento, del divieto di surcharge: ovvero della possibilità di scaricare sul pagatore (il cittadino) i costi della transazione, non solo alla luce del citato regolamento europeo che ne ha ridotto una delle componenti principali, ma anche per incoraggiare la concorrenza e di promuovere l’uso di strumenti di pagamento efficienti.

Il problema è che la PA finora è sfuggita a questo principio, facendo pagare al cittadino i costi della transazione disincentivando di fatto, anche laddove accettati, l’utilizzo dei pagamenti elettronici. Eppure la diffusione dell’epayment nella PA oltre che introdurre elementi di maggiore efficienza e trasparenza, avrebbe effetti economici rilevanti in termini di riduzione dei costi per la stessa PA. Basti pensare ai costi di riconciliazione o a quelli legati al trasporto, custodia e vigilanza dei contanti. Questo è il prossimo obiettivo, superando i limiti di carattere normativo prima che di natura economica, per rafforzare ancora di più una cultura digitale del pagamenti a tutto tondo.

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