Tagliare gli sprechi, non i servizi

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Non è certo che la crisi stia finendo (speriamo, ma i dati sono contraddittori), ma quel che è certo è che le risorse delle amministrazioni, specie quelle locali, sono sempre di meno, mentre la situazione socioeconomica dei cittadini comporta bisogni specularmente crescenti. Da sempre l’unico rimedio possibile, se non si vogliono alzare le tasse, deprimendo ancor più la disponibilità delle famiglie e quindi la domanda, è l’aumento dell’efficienza e la razionalizzazione della spesa. Qui c’è certamente molto da fare, ma ci troviamo in un campo minato: su uno stretto crinale tra la virtuosa eliminazione degli sprechi e la rincorsa a “spendere meno” sempre e comunque che, come ben abbiamo sperimentato, è una scelta a dir poco miope. Due temi in questi ultimi giorni mi inducono a riprendere il tema della qualità della spesa: entrambi abbastanza spinosi.

20 Ottobre 2009

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Carlo Mochi Sismondi

Articolo FPA

Non è certo che la crisi stia finendo (speriamo, ma i dati sono contraddittori), ma quel che è certo è che le risorse delle amministrazioni, specie quelle locali, sono sempre di meno, mentre la situazione socioeconomica dei cittadini comporta bisogni specularmente crescenti. Da sempre l’unico rimedio possibile, se non si vogliono alzare le tasse, deprimendo ancor più la disponibilità delle famiglie e quindi la domanda, è l’aumento dell’efficienza e la razionalizzazione della spesa. Qui c’è certamente molto da fare, ma ci troviamo in un campo minato: su uno stretto crinale tra la virtuosa eliminazione degli sprechi e la rincorsa a “spendere meno” sempre e comunque che, come ben abbiamo sperimentato, è una scelta a dir poco miope. Due temi in questi ultimi giorni mi inducono a riprendere il tema della qualità della spesa: entrambi abbastanza spinosi.

Il primo è quello della gestione dei patrimoni immobiliari di proprietà delle pubbliche amministrazioni. Tanti soldi spesi, tanti scandali passati (pensiamo alla vicenda per altro ancora non definita del Gruppo Romeo), tanta efficienza da riconquistare attraverso un rapporto corretto tra pubblico e privato. In un contesto così fortemente caratterizzato e condizionato da una sempre più drastica riduzione delle risorse finanziarie a disposizione degli Enti Pubblici, non è infatti più derogabile l’esigenza di riprogettare la "governance" dei patrimoni immobiliari, urbani e territoriali di proprietà pubblica o di interesse pubblico, considerando questi beni non più come "voci di bilancio" il più delle volte passive ma come vere e proprie "risorse economiche attive".

In questo campo lanciamo una nuova iniziativa, ultima nata nel cantiere sempre vulcanico di FORUM PA: il Laboratorio PATRIMONI PA net che nasce dall’alleanza tra FORUM PA e TEROTEC con la finalità di promuovere sul campo la diffusione di una cultura e prassi manageriale del programmare e governare "consapevolmente" ed "eticamente" i processi di esternalizzazione dei servizi rivolti ai patrimoni immobiliari, urbani e territoriali pubblici
Il nostro laboratorio si proporrà con un ruolo

  • di "motore di saperi", in grado di attivare processi e strumenti innovativi di acquisizione, distribuzione e condivisione di un corredo comune di conoscenze specialistiche per la diffusione e il radicamento di una nuova cultura e prassi del management dei servizi per i patrimoni, così come di una "competitive intelligence" da parte delle committenze pubbliche e delle imprese private;

  • di "catalizzatore della partnership pubblico-privato", in grado di attivare, indirizzare e presidiare tavoli permanenti di confronto e interfacciamento tra committenze pubbliche e imprese (a livello di singoli soggetti e di Associazioni di rappresentanza) per favorire la discussione e la risoluzione dei nodi e dei problemi aperti del mercato, così come la condivisione di "best practice", linee guida, standard e modelli di riferimento.

Il secondo tema è quello della Legge 104 (benefici a favore dei lavoratori e dei familiari dei disabili): finalmente sono uscite le cifre. Il Ministro Brunetta ha presentato oggi la rilevazione effettuata dal Formez sulla metà delle amministrazioni italiane, equamente distribuite per tipologia e dislocazione geografica. L’immagine che viene fuori (sintetizzata anche dalle slides presentate dal Ministro) è descritta da pochi numeri:

  • Il 9% dei dipendenti pubblici usufruisce dei permessi per assistenza come previsto dalla legge 104, ma le amministrazioni non sono tutte uguali: la percentuale del 9% è infatti media di estremi anche distanti (4% in Trentino; 16% in Umbria). Al sud di media siamo al 12% al nord all’8%.

  • Di questi l’82% è derivato dall’assistenza a genitori o familiari (entro il terzo grado) disabili e/o anziani (questo spiega le alte percentuali di Umbria e Liguria: regioni con un tasso di anzianità particolarmente alto)

  • A prendere i permessi sono soprattutto le donne (tanto che schizzano in alto nella scuola che è settore a forte prevalenza femminile)

  • Il fenomeno è in decisa crescita (+20% tra marzo 2008 e marzo 2009)

  • Il costo totale dei permessi per la Legge 104 è di circa 600 milioni di euro che arrivano a un miliardo con gli altri benefici previsti dalla legge.

Maggiori controlli saranno previsti con la nuova legge in discussione al Senato (AS 1167), ma al di là di possibili abusi che pure sono stati fortemente denunciati per primi dalle associazioni dei disabili (e anche nel nostro forum di discussione se ne sono raccontati diversi), viene da chiedersi se la legge sta funzionando per quello per cui era stata pensata. Io non credo: penso che si sia trasformata per i veri bisognosi (probabilmente tanti) in una supplenza di servizi che non ci sono, per i furbi (spero pochi) in una scappatoia per avere vantaggi non dovuti e senza conseguenze (non è senza significato che – a detta della rilevazione oggi presentata – nella PA la percentuale di chi ne usufruisce è del 9% mentre nel privato è dell’1,5%)

Questo è un caso esemplare in cui la razionalizzazione degli impieghi e la corretta (e quindi più controllata) applicazione della legge non può e non deve tradursi in “risparmi”, ma appunto in maggiore qualità della spesa. Non è dando poco a tutti (anche a chi non ne ha diritto) che si risolvono i problemi dei disabili e delle loro famiglie, ma con una politica socio-assistenziale che non tagli gli investimenti soprattutto a livello degli Enti locali che sono i veri responsabili dell’assistenza alle fasce deboli.
 

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