La diffusione del Compact inglese a livello locale

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La versione originale del Compact – il documento che nel Regno Unito dal 1998 regola i rapporti tra terzo settore e pubblica amministrazione – si rivolgeva esplicitamente ai dipartimenti del governo centrale di Londra e gli uffici decentrati ad esso collegati presenti su tutto il territorio inglese. I governi locali non erano invece citati nel testo e, in linea teorica, non erano quindi interessati dalle previsioni inserite nel documento. Tuttavia è proprio a livello locale che si concretizzano la maggior parte delle relazioni intercorrenti tra organizzazioni del terzo settore e apparato pubblico – alcune rilevazioni parlano di una percentuale che oscilla tra il 70 e il 90% – ed è in questo contesto che le richieste provenienti dalla società civile possono essere percepite con maggiore chiarezza e immediatezza.

Con questo terzo contributo continua l’approfondimento sul modello britannico a cura di Lorenzo Bandera, ricercatore dell’Osservatorio Secondo Welfare.

12 Febbraio 2014

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Lorenzo Bandera*

La versione originale del Compact – il documento che nel Regno Unito dal 1998 regola i rapporti tra terzo settore e pubblica amministrazione – si rivolgeva esplicitamente ai dipartimenti del governo centrale di Londra e gli uffici decentrati ad esso collegati presenti su tutto il territorio inglese. I governi locali non erano invece citati nel testo e, in linea teorica, non erano quindi interessati dalle previsioni inserite nel documento. Tuttavia è proprio a livello locale che si concretizzano la maggior parte delle relazioni intercorrenti tra organizzazioni del terzo settore e apparato pubblico – alcune rilevazioni parlano di una percentuale che oscilla tra il 70 e il 90% – ed è in questo contesto che le richieste provenienti dalla società civile possono essere percepite con maggiore chiarezza e immediatezza.

Non c’è quindi da stupirsi se già nel 1999 iniziarono a diffondersi in maniera del tutto spontanea i cosiddetti local compact, declinazioni locali del documento nazionale pensate e strutturate in base alle necessità proprie di ogni area dagli attori locali operanti nella stessa. Questi documenti territoriali, che hanno assunto prevalentemente la forma giuridica del concordat (la stessa del Compact nazionale) sono frutto dell’intesa tra i diversi livelli di governo locale, strutture della pubblica amministrazione centrale eventualmente presenti sul territorio, forze dell’ordine, servizi di emergenza, vigili del fuoco, strutture locali del sistema sanitario nazionale e le associazioni di rappresentanza territorialedel terzo settore. Fermi restando i principi contenuti nel Compact nazionale i diversi documenti territoriali si sono strutturati in base ai bisogni emergenti all’interno delle varie comunità, sviluppando accorgimenti in grado di rispondere positivamente alle particolari esigenze locali.

I primi local compact si svilupparono in maniera spontanea in quelle aree del Paese in cui, più che in altre, si rilevava la necessità di rendere effettivi i principi espressi a livello nazionale anche e soprattutto a livello locale. Solo in un secondo momento si cercò di regolamentarne lo sviluppo attraverso indicazioni e linee guida che ne specificassero meglio struttura, funzioni e obiettivi. La decisione di creare strumenti a cui le autorità locali e le organizzazioni del terzo settore presenti sul territorio potessero fare riferimento per la stesura del proprio local compact è riconducibile a due principali ragioni. Da un lato, vista la mancanza di regole chiare per la formulazione di compact locali, si intravedeva il rischio di avere sul territorio inglese documenti fra loro molto diversi e, conseguentemente, differenti gradi di implementazione dei principi espressi a livello nazionale. Dall’altro lato, la crescente consapevolezza che la maggior parte delle relazioni tra organismi governativi e organizzazioni del terzo settore si svolgesse a livello locale, resero di primaria importanza incoraggiare le local authorities alla stesura di questi documenti. In assenza di questi ultimi gran parte degli impegni previsti dal documento nazionale parevano infatti difficilmente perseguibili dalle organizzazioni del terzo settore, specialmente se di piccole dimensioni, operanti a livello locale.

Per queste ragioni nel 2000 il Working Group On Government Relations (WGGR) – l’organismo espressione del terzo settore a livello nazionale incaricato di mantenere le relazioni con il settore pubblico – e la Local Government Association (LGA) – l’associazione delle amministrazioni locali – decisero di elaborare alcune indicazioni sia sul contenuto sia sugli obiettivi dei compact locali attraverso la Local Compact Guidelines. Così come per il Compact nazionale, si optò per un testo che, non vincolante, fosse in grado di convincere i vari soggetti della convenienza di adottare un testo formulato e implementato seguendo alcuni criteri specifici. In questo modo le autorità locali e le organizzazioni del terzo settore dal 2000 hanno potuto usufruire di uno strumento – una vera e propria guida – in grado di definire le condizioni migliori attraverso cui sviluppare propri documenti territoriali, determinando la nascita di local compact coerenti con la versione nazionale del Compact e, pertanto, applicabili a tutti i livelli di governo locale senza particolari problemi.  Cinque anni dopo, grazie alla Local Compact Guidelines , la quasi totalità del territorio inglese risultava caratterizzata dalla presenza di local compact sottoscritti da tutti quei soggetti che, area per area, si erano coinvolti nella creazione dei vari testi locali.

L’esistenza dei documenti territoriali si rivelò tuttavia una condizione necessaria ma non sufficiente affinché i principi contenuti nel Compact venissero realmente applicati su tutto il territorio inglese.  Nel 2006 una delle maggiori organizzazioni di rappresentanza del terzo settore inglese (NCVO) decise di pubblicare un documento, il Local Compact Implementation Workbook, che potesse incoraggiare le autorità locali a utilizzare il proprio local compact al massimo delle sue possibilità. Questo testo, anch’esso caratterizzato da una natura assolutamente non vincolante, compiva un passo ulteriore rispetto alla guida del 2000, proponendosi di fornire alle autorità locali un manuale d’istruzioni ricco di indicazioni dettagliate, prospetti di implementazione ed esempi concreti in grado di favorire l’utilizzo dei compact locali. Il testo indicava diversi parametri per comprendere se il proprio local compact lavorasse al massimo delle proprie potenzialità, e attraverso numerosi esempi pratici, riferiti a local compact ritenuti all’avanguardia, proponeva criteri coi quali affrontare i problemi che avrebbe potuto sorgere nella gestione di un compact locale. Similmente alla Local Compact Guidelines, anche questo documento non intende imporre una strada precostituita, ma individuava metodi di lavoro che in altre aree del Paese si sono rivelati efficaci ed efficienti, e possono pertanto essere seguiti e imitati.

Le scelte operative intraprese per implementare il Compact a livello locale rappresentano indubbiamente una via interessante per facilitare lo sviluppo delle relazioni tra pubbliche amministrazioni e organizzazioni del terzo settore operanti sul territorio. La volontà di non imporre dall’alto regole che, presumibilmente, avrebbero potuto ingabbiare le relazioni tra mondo non profit e settore pubblico, seppur con tempistiche abbastanza dilatate, hanno infatti consentito la nascita di documenti coerenti con i contesti in cui sono stati sviluppati. In questo modo principi generali espressi a livello nazionale hanno avuto modo di declinarsi a livello locale secondo le modalità più adeguate, rispondendo in maniera più completa alle istanze provenienti dai cittadini.

*Lorenzo Bandera è  junior researcher presso Percorsi di secondo welfare e autore del working paper  "Il progetto Compact. Un laboratorio di secondo welfare nel Regno Unito".

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