Chi sono i “cattivi maestri” nella nuova Scuola

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“Cattivi Maestri” evoca immagini negative e positive allo stesso tempo. La scuola è il terreno di coltura delle une e delle altre e convivono cattivi maestri che provocano danni e cattivi maestri che creano sviluppo. Ecco come distinguerli

27 Maggio 2016

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Luisanna Fiorini, Servizio provinciale di valutazione per l'istruzione, Provincia autonoma di Bolzano

“Cattivi Maestri” evoca immagini negative e positive allo stesso tempo. La denotazione univoca è stata sovrascritta dalle tante connotazioni assunte nel tempo: politiche, culturali, musicali, che rimandano alle criticità e anche alle opportunità che possono nascere assumendo punti di vista e comportamenti divergenti. La scuola è il terreno di coltura delle une e delle altre.

Nella scuola convivono cattivi maestri che provocano danni e cattivi maestri che creano sviluppo.

I primi sono all’apparenza non pericolosi. È difficile anche notarli. Bisogna osservare bene come si muovono nella scuola che, del resto, è molto rassicurata dalla loro presenza. Sono infatti ben mimetizzati in un sistema formativo preoccupato di cambiare senza cambiare, replicare modelli, conservare. Questi Cattivi Maestri (Cattivo Maestro 1) non sembrano cattivi: anzi! Impediscono che il cambiamento porti il disordine. Nelle loro lezioni frontali erogano contenuti e fanno sfoggio di eloquio. Poi però esprimono giudizi sulle competenze dei loro studenti nel problem solving e nel lavoro collaborativo. Usano le ICT tanto più quanto più sono funzionali al modello di insegnamento che conoscono: Lim, ebook (pdf), qualche programma di scrittura (con tutte e 10 le dita, mi raccomando!). Finiscono sempre il programma, quello sul libro. La rete Internet è bloccata: pericolosa. Gli studenti “bravi” prendono esempio. Se diventeranno insegnanti insegneranno così, secondo il modello interiorizzato.

Per fortuna a scuola ci sono gli altri cattivi maestri (Cattivo Maestro 2). Al sistema sembrano cattivi sul serio: non seguono troppo le regole, mettono le aule in disordine con quella loro mania di spostare la cattedra verso il muro e di disporre i banchi diversamente. Non usano molto i libri: li costruiscono con gli studenti, che sono anche autorizzati a usare i loro SmartPhone durante la lezione. Usano il web come piattaforma per la conoscenza. Su Facebook hanno creato un gruppo. Provano a usare software FOSS (Free Open Source Software) così che gli studenti possano lavorare a casa come a scuola senza oneri economici. Durante gli scrutini si accalorano in difesa di quello studente con i 4 sul registro (elettronico) che invece è l’admin del wiki della scuola e che ha imparato tanto. Tanto altro.

Le ICT da sole non ce la faranno a cambiare la scuola, se nella scuola prevarrà il Cattivo Maestro 1. Non sarà certo l’ultimo modello di videoproiettore interattivo a cambiare la qualità dell’insegnamento.

Il rischio del PNSD è perdere il focus. Il piano di formazione deve certo prevedere una alfabetizzazione (termine che richiama l’analfabetismo) all’uso di software, device, strumenti di rete e apps. Queste risorse però non devono essere inserite in vecchi contenitori. Non si trascuri quindi la formazione didattica, metodologica e valutativa degli insegnanti. Deve nascere una scuola diversa, migliore, non solo più tecnologica.

Con tanti Cattivi Maestri 2, che potranno così formare cittadini digitali esperti. Altrimenti i nostri ragazzi rischiano di restare solo dei fantastici “schiaccia bottoni”.

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