Italia e Open Data: “buona la posizione, ma serve una governance”

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Ottima la posizione italiana, ma il problema prioritario continua a rimanere la necessità di una governance, che ad oggi fatica ad essere implementata, al netto di tutte le raccomandazioni che comunque restano utili e spronano a voler far sempre meglio. Vincenzo Patruno, Vice Presidente di OnData, commenta l’Open Data Maturity Report 2018

28 Novembre 2018

Alla luce della panoramica sullo stato degli Open Data in Italia nel 2018 secondo il nuovo Open Data Maturity Report, ci siamo interrogati sullo stato dell’arte in Italia delle politiche di apertura e valorizzazione del patrimonio informativo pubblico, in confronto con il contesto europeo. Abbiamo chiesto a Vincenzo Patruno, Vice Presidente di OnData, di darci qualche commento e spunto di riflessione.Per cominciare, abbiamo chiesto a Vincenzo cosa pensasse della nuova metodologia d’analisi del report, che conta ora quattro dimensioni. “È un raffinamento molto interessante. Il report, fatto molto bene, si sviluppa ora sull’analisi degli Open Data attraverso quattro dimensioni: Policy e Portals (che erano presenti anche nel precedente report e che sono state ulteriormente raffinate) e Impact e Quality (che sono state disegnate e introdotte proprio in questa circostanza) e che sono da sempre gli aspetti più fortemente critici di tutte le iniziative Open Data”.Abbiamo poi chiesto un commento sulle quattro dimensioni: “nella dimensione di policy viene citato l’Open Government Partnership. Uno degli elementi su cui si sviluppa l’Action Plan OGP sono proprio gli Open Data e sono contento che questo aspetto sia stato premiato. L’appunto da fare è sul fatto che non si trova nel report nessun riferimento alle attività del Team digitale. Il Team, assieme ad AGID, ha proposto una visione Open Data anche più adatta a generare impatto, a migliorare la qualità dei dati e la loro interoperabilità, a cominciare a vedere il dato come infrastruttura (è un approccio e una visione diversa da quella di OGP). Non sappiamo se questo avrebbe migliorato o meno la performance dell’Italia, ma va detto che come score finale l’Italia risulta comunque essere nelle primissime posizioni”. Secondo Patruno va anche sottolineato il lavoro di “storie di successo” come i numerosi webinar a livello nazionale organizzati sul tema dell’”Open”, il progetto Open RAS con la Regione Sardegna a cui vanno aggiunte le iniziative sulla formazione Open Data dei comuni di Milano e Genova.Per quanto concerne la dimensione portal, secondo Patruno la sensazione è che dati.gov.it “tenga” sebbene si abbia la sensazione di essere di fronte ad una versione “beta permanente. L’Italia sembra quindi avere i numeri per fare sicuramente molto meglio, sempre se si riesca ad intervenire sulla questione governance e coordinamento.Chapeau al lavoro fatto sulla dimensione impact – per Patruno. “Viene misurato per la prima volta con un approccio metodologico più articolato. È sicuramente l’aspetto più critico su cui l’Italia non brilla particolarmente (ma non brillano neanche gli altri Paesi. Molto bene invece Spagna e Irlanda). Questo lo sapevamo già. La valenza degli Open Data sta nel riuso, ma proprio sul riuso abbiamo una difficoltà a trovare casi d’uso significativi. Si cita Open CUP, ma soprattutto mi piace che si citi Synapta (che è un implicito riferimento alla piattaforma ContrattiPubblici)”.L’impatto degli Open Data in Italia è in effetti quasi esclusivamente sulla trasparenza, su cui il nostro Paese ha lavorato molto in termini di impianto normativo. Viene anche ritenuto “alto” l’impatto sulla società mentre l’Italia scompare nelle retrovie per quanto riguarda la valutazione dell’impatto economico (come peraltro evidenziato dall’Osservatorio eGov del politecnico di Milano).“In generale – dice Patruno – la sensazione è che la realtà in cui ci muoviamo sia molto più articolata, e la frammentazione di iniziative, policy, visioni dei dati trasversali in tutta Italia non aiuta a ricostruire e misurare un quadro che comunque lo si guardi sta diventando molto complesso ovunque. In questo senso, sono molto d’accordo con la raccomandazione “enhance and consolidate the Open Data ecosystem”: la creazione di ecosistemi “tematici” può sicuramente essere molto efficace su questo aspetto. Vedo invece di più difficile attuazione la raccomandazione “steer the network of Open Data stewards towards activities to enable data-driven policy-making”. Qui si parla di riuso dei dati da parte del settore Pubblico, aspetto su cui l’Italia non è particolarmente brillante (cosa rilevata anche dal Report)”.Il problema prioritario continua a rimanere la necessità di una governance, che ad oggi fatica ad essere implementata, al netto di tutte le raccomandazioni che comunque restano utili e spronano a voler far sempre meglio, nonostante l’ottima posizione italiana. “La complessità dell’ecosistema cresce ma quello che invece resta al palo è proprio la strategia e il coordinamento di tanti pezzi importanti che navigano, direi galleggiano, un po’ per conto loro”.

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