PagoPA, avanti ma con lentezza: quattro fattori che frenano la diffusione

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Da un punto di vista generale il disegno dell’Agenzia per l’Italia Digitale è lineare, ma i pagamenti sono ancora limitati. Quattro sono gli aspetti rilevanti: la frammentarietà del quadro attuale, la mancanza di una campagna di comunicazione efficace, la diffidenza rispetto agli strumenti, la limitatezza delle competenze digitali dell’utenza. Analizziamoli brevemente

28 Ottobre 2016

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Pietro Palermo, CSI Piemonte

L’esperienza della Regione Piemonte nei pagamenti elettronici parte nel 2011 con la partecipazione al gruppo di lavoro che portò alla pubblicazione della prima versione delle linee guida per i pagamenti elettronici; al tempo la Regione non accettava pagamenti elettronici per nessuna delle proprie entrate. Oggi, invece, la Regione Piemonte è la seconda pubblica amministrazione per transazioni effettuate con PagoPA avendo scelto di puntare fin da subito sulla tassa auto, ovvero sull’entrata più significativa di una regione a statuto ordinario, attivando il modello 1 (accesso da portale della PA) a maggio 2015 ed il modello 3 (accesso da canali del prestatore dei servizi di pagamento) a maggio 2016; a settembre circa il 10% dei pagamenti in scadenza è stato effettuato a mezzo PagoPA . Ovviamente non ci si fermerà alla sola tassa auto, l’obiettivo è di rendere pagabile attraverso PagoPA tutte le entrate regionali entro il 2017 .

Guardando ai numeri, non si può però essere del tutto soddisfatti perché la domanda potenziale, se così si può dire, è molto più ampia se si tiene conto che il 70% degli italiani ha un conto corrente on-line e che nei nostri portafogli ci sono circa 13.000.000 di carte di credito e quasi il doppio di carte prepagate. E allora viene da domandarsi: come mai i pagamenti elettronici restano ancora una frazione limitata di quelli complessivi?

Da un punto di vista generale il disegno dell’Agenzia per l’Italia Digitale è lineare: si danno delle linee guida per garantire l’interoperabilità tra i sistemi dei prestatori di servizi di pagamento (PSP) e quelli delle pubbliche amministrazioni (PA) e a completamento si mette a disposizione un’infrastruttura centralizzata (il nodo dei pagamenti-SPC) così che tutti i PSP possano concorrere su un “terreno livellato” e le PA debbano fare un unico investimento per “colloquiare” con il mondo dei PSP. Dal lato dei cittadini-utenti il discorso è altrettanto lineare: si definisce un avviso di pagamento unico per tutta la PA e si mette a disposizione un identificativo univoco del versamento (IUV) così il cittadino può utilizzare l’avviso o lo IUV per effettuare il pagamento ovunque con le medesime modalità scegliendo il canale più comodo e/o conveniente. Anche via web si è voluta rendere la user experience analoga nei vari contesti, almeno per quanto riguarda la fase di scelta del PSP e i passi successivi del pagamento partendo dalla pagina web dell’Amministrazione.

E allora? perché il numero di pagamenti elettronici su PagoPA è ancora limitato? A mio avviso ci sono quattro aspetti rilevanti: la frammentarietà del quadro attuale, la mancanza di una campagna di comunicazione efficace, la diffidenza rispetto agli strumenti di pagamento elettronico, la limitatezza delle competenze digitali dell’utenza. Analizziamoli brevemente.

Il quadro attuale è ancora frammentato con la maggior parte delle amministrazioni ancora attestate sulle modalità di pagamento elettroniche non PagoPA o addirittura non intenzionate (nei fatti) a ricevere pagamenti elettronici. Il punto è esiziale: l’investimento richiesto alle PA per utilizzare in modo pieno il sistema PagoPA è rilevante e non tutte le PA hanno mezzi e risorse umane per poterlo fare in autonomia. Esiste, è vero, la possibilità da parte di una PA di rivolgersi ad un’altra PA intermediaria o ad un intermediario tecnologico, ma questo di per sé rischia di non essere risolutivo: anche a fronte della disponibilità di un’altra PA intermediaria o di un intermediario tecnologico, l’amministrazione per sfruttare le opportunità del sistema PagoPA deve ristrutturare i propri processi interni di gestione delle entrate e ripensare le modalità operative di regolarizzazione contabile delle entrate. Si tratta in buona sostanza di automatizzare gran parte del ciclo attivo e non tutte le PA sono in grado di affrontare questo processo, così l’ampliamento delle entrate messe a disposizione dei cittadini attraverso PagoPA tende a trovare un freno interno all’amministrazione stessa. Nel caso della Regione Piemonte la decisione di porsi come ntermediario per le PA del territorio piemontese è fatta da tempo, ma per renderla esecutiva c’è bisogno di un cospicuo investimento che, viste le attuali condizioni di finanza pubblica, non potrà che venire dall’utilizzo delle risorse dei Fondi europei, allo stato quindi i quasi 800 enti locali che hanno pre-aderito all’iniziativa regionale sono ancora in attesa. Un ultimo aspetto della ‘frammentarietà’ attiene alla user experience: se le PA e i PSP agiscono senza un coordinamento forte, il cittadino finisce per essere confuso, si pensi, ad esempio, a quello che accade nel caso dei servizi on-line delle banche: ad oggi, sono ancora attive decine di convenzioni dirette tra PSP e PA ed il cittadino non sa spiegarsi questa pluralità di canali e fatica a capire come accedere ai pagamenti su PagoPA (che nella maggior parte dei casi avviene accedendo alla sezione CBILL).

E veniamo al secondo punto. Più volte ci si è confrontati con l’AgID e con il mondo dei PSP sulla necessità di una campagna di comunicazione a livello nazionale ed il punto di vista prevalente è che, visto che il quadro è ancora frammentato, questa comunicazione potrebbe essere “controproducente”, inducendo i cittadini a ricercare un servizio ancora non disponibile creando cosi confusione. A mio avviso, invece, parlare di quello che già è disponibile e chiarire il disegno complessivo di PagoPA aumenterebbe la consapevolezza e la confidenza dei cittadini rispetto la piattaforma, chiarirebbe come l’avvisatura unificata e lo IUV possono facilitarci la vita e indurrebbe anche le PA refrattarie ad attrezzarsi in merito (visto che non ci sono meccanismi premianti né sanzionatori che possano, altrimenti, agire da pungolo). Una efficace campagna di comunicazione orienterebbe inoltre i correntisti on-line a capire dove ricercare il servizio PagoPA nei menu degli home-banking e favorirebbe implicitamente l’utilizzo dei servizi di pagamento offerti dagli ISP “esordienti”.

Veniamo al terzo fattore di freno. In generale gli italiani non amano utilizzare la carta di credito on-line per paura di essere frodati e questo ha dell’incredibile visto il limitatissimo numero delle frodi on-line dovute all’utilizzo fraudolento degli strumenti di pagamento da parte di terzi non autorizzati e l’ampia copertura assicurata dalla legislazione vigente che prevede che sia l’intermediario a dimostrare che le credenziali sono state usate in modo fraudolento e che pone in ogni caso (salvo il dolo) una franchigia molto bassa a carico del titolare dello strumento di pagamento (150 euro). Anche in questo caso, a mio avviso, una migliore informazione da parte dei media potrebbe contribuire a ridurre la deterrenza di questo fattore culturale, ma anche la previsione di una campagna comunicativa ad hoc in funzione del decollo di PagoPA potrebbe essere molto utile a riguardo.

Da ultimo, non poche volte il cittadino medio si disaffeziona velocemente rispetto allo strumento se si verifica qualche malfunzionamento oppure utilizza in modo non corretto il servizio on-line, di conseguenza lo percepisce come non affidabile e ritorna agli strumenti di pagamento tradizionali. Anche in questo caso una campagna di informazione ad hoc sarebbe grandemente desiderabile, anche se, in generale, questo deve far riflettere sulla reale capacità del nostro sistema di istruzione e formazione di costruire le competenze di base per una cittadinanza digitale.

La strada è comunque tracciata e si iniziano a cogliere i primi frutti di una progettualità vasta e perciò di non semplice attuazione. Del resto, all’inizio di questa avventura non ci eravamo illusi: non esiste impresa più difficile che rendere semplici le cose difficili.

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