La protesta dei poliziotti fra beneficenza inutile e auspicabile solidarietà reale

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Stavolta a scendere in piazza sono i tutori dell’ordine pubblico che così vogliono informare e sensibilizzare i cittadini sulle loro reali condizioni di lavoro, ulteriormente penalizzate dai tagli contenuti nell’ultima legge di stabilità. Una iniziativa eclatante e insolita che culmina con la richiesta (provocatoria?) di un contributo in danaro.

18 Ottobre 2011

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Tiziano Marelli

Articolo FPA

Noi tutti, ne sono certo, abbiamo ancora negli occhi le immagini incredibili e violente degli scontri che hanno devastato Roma solo sabato scorso. Immagini per lo più tremende e che non avremmo mai voluto vedere. Ma non solo. Ad esempio, è rintracciabile in rete e su molti giornali una sequenza fotografica nella quale si vede un poliziotto colloquiare con alcuni “indignati pacifici” (che tristezza, dover fare questo distinguo!): in una di queste l’uomo in divisa stringe decisamente la mano nella maniera più amicale e ravvicinata possibile ad un ragazzo; in un’altra posa la stessa su una spalla di una giovane in uno scambio anche di sguardi quasi dolci, sicuramente reciprocamente comprensivi.

Passano solo poche ore da quell’evento – per fortuna non rivelatosi tragico nella maniera peggiore solo per un senso di responsabilità diffuso e trasversale – che Nicola Tanzi, segretario generale del Sap – il Sindacato Autonomo di Polizia – rilascia alle agenzie una dichiarazione: “I veri indignati siamo noi poliziotti. Indignati contro i delinquenti che hanno trasformato una protesta pacifica nell’ennesima mattanza contro le forze dell’ordine, contro i cittadini e contro una città che tutto il mondo ci invidia come Roma. Indignati anche contro il Governo che, appena pochi giorni fa, con il Ddl stabilità, ha tagliato altri 60 milioni di euro alla sicurezza, proprio sui capitoli di bilancio dedicati all’ordine pubblico e alle missioni”: questo, infatti, è quanto di ulteriormente penalizzante in termini economici per le forze di Polizia è previsto per il biennio 2012-2013.

Già, a Capitale appena messa a ferro e fuoco e ancora profondamente ferita (in tutti i sensi) si deve prendere atto anche di questo: rispetto ad una situazione di lavoro già impossibile, i nostri tutori dell’ordine dovrebbero ancora stringere la cinghia aggiungendo al loro corredo militare qualche buco, e provare a continuare nell’esercitare il loro lavoro senza nemmeno più poter contare sulle benché minime strutture di sopravvivenza professionale, come la benzina per le auto di servizio.

A seguire ci ha pensato a rincarare il concetto Franco Maccari, segretario generale del Coisp (il Sindacato indipendente di Polizia), secondo il quale, visti proprio i recenti e ulteriori tagli imposto da una “stabilità” che sembra invece rendere tutto più instabile giorno dopo giorno, “è necessario far rendere conto a tutti che da subito avremo difficoltà oggettive a fronteggiare l’ordine pubblico (…) Non si può poi ignorare che nessuno, nessuno al mondo, continuerebbe imperterrito a restare fedele al proprio incarico pur svolgendo il lavoro gratis, come fanno colleghi e funzionari che devono restare in servizio senza un’ora di straordinario pagata fino a fine anno, come da recente disposizione ministeriale”.

In un impeto che si potrebbe definire di grande orgoglio e ferma dignità, mercoledì 19 ottobre i poliziotti scendono in piazza, stavolta non per difendere le istituzioni o per garantire l’ordine pubblico, ma semplicemente per informare la popolazione sulle reali condizioni di lavoro che li vede giocoforza costretti. E lo faranno attraverso una forma eclatante di protesta-richiesta, davvero insolita, provocatoria e dal sapore dell’ultima spiaggia, cioè sollecitando un contributo in danaro ai passanti perché, come spiega ancora Tanzi, sì è costretti a questo per il fatto che “da qui a qualche tempo rischiamo di non essere più in grado di garantire la sicurezza dei cittadini”.

Credo che non avrò remore ad aderire alla protesta, avendo ben chiaro che non si tratta di elemosina, e mantenendo a mente un solido distinguo: chi non coglie appieno i problemi dei più sfortunati in genere si lava la coscienza elargendo inutile beneficenza; chi invece vuole rendersi partecipe dei problemi altrui si impegna al loro fianco attivando iniziative di solidarietà che possano servire a sbloccare la situazione, magari contribuendo fattivamente a sensibilizzare l’opinione pubblica. E credo che questo caso lo possa rappresentare esattamente.

Quindi, nessun dubbio rispetto a quale delle due categorie appena descritte sia sacrosanto contribuire ad allargare le fila dei sensibilizzati. Indignandosi -naturalmente – in maniera del tutto pacifica, ma anche più ferma possibile.

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