La parità di genere per uno sviluppo rispettoso dell’equilibrio nei Paesi e fra i Paesi​: il Goal 5 a FORUM PA 2017

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Il gruppo Goal 5 in ASviS ha elaborato dettagliate osservazioni al primo Rapporto del Ministero Ambiente, le stesse riportate da Rosanna Oliva de Conciliis, coordinatrice del gruppo, il 21 marzo scorso in occasione dell’incontro del Ministero con la società civile e incluse nell’analisi dell’ASviS sulla scelta degli indicatori per la Strategia italiana

12 Aprile 2017

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Patrizia Fortunato

Esiste uno stretto legame tra cultura sociale e identità di genere, una correlazione dinamica per cui il sistema simbolico culturale porta a percepire se stessi in quanto donne o uomini e nel costante processo di ridefinizione della propria identità si ingenera il mutare dei codici culturali.

I 17 SDGs – Sustainable Development Goals (Obiettivi di Sviluppo Sostenibile) – dell’Agenda 2030 si pongono come cultura di base perché si realizzi il quinto obiettivo, ovvero si raggiunga l’uguaglianza di genere. Secondo una visione integrata delle tre dimensioni dello sviluppo sostenibile – sociale, economica e ambientale – il goal 5 “Parità di genere” è strettamente connesso a molti altri obiettivi, quali: educazione, lavoro e salute.

“In ogni caso, anche se in alcuni Goal non sono indicati target specifici relativi alle relazioni di genere, c’è la necessità/possibilità di misurare tutti gli altri con un’ottica di genere perché l’Agenda 2030 afferma che tutti i dati devono essere disaggregati per sesso”, afferma Rosanna Oliva de Conciliis, Presidente della “Rete per la Parità” e coordinatrice del gruppo del goal 5 all’interno dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS).

Il gruppo 5 ha elaborato dettagliate osservazioni al primo Rapporto “Posizionamento italiano rispetto ai 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite” del Ministero dell’Ambiente. Le stesse riportate, dalla coordinatrice del gruppo, il 21 marzo scorso in occasione dell’incontro del Ministero con la società civile per la presentazione della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile 2017-2030, e incluse nell’analisi dell’ASviS sulla scelta degli indicatori per la Strategia italiana.

Si rilevano criticità importanti in questa prima versione del Rapporto. “In questa parte del Rapporto – continua Oliva de Conciliis – sono stati utilizzati esclusivamente gli indicatori generali elaborati dalla Commissione statistiche delle Nazioni Unite, senza attendere gli indicatori specifici di genere relativi all’Italia elaborati dall’ISTAT a fine anno 2016. I dati utilizzati per la misurazione, che avrebbero dovuto dare un’indicazione della situazione di base per il monitoraggio dell’obiettivo 5, sono disomogenei e si riferiscono a periodi diversi. In molti casi non sono stati considerati gli ultimi dati disponibili a livello governativo (per esempio quelli sulla contraccezione e l’interruzione volontaria di gravidanza – IVG). Si sono utilizzati essenzialmente i dati dell’Ocse, senza tener conto che esistono altri indici della differenza tra i generi, quali il Gender Index Gap”.

Dunque, rispetto al goal 5, il Rapporto del Ministero dell’Ambiente sembra presentare qualche lacuna. La coordinatrice del gruppo fa notare che anche quando si fa riferimento al corpus legislativo, che in Italia è sicuramente avanzato, non si tiene conto del fatto che spesso non viene applicato e monitorato, sia per quanto riguarda gli stanziamenti che le attività. Di conseguenza, dall’andamento dei primi risultati per target, l’obiettivo 5 si colloca su un punteggio corrispondente ad un buon trend, così come si evince dalla tabella finale (sulla base della classificazione adottata dall’Agenzia Europea per l’Ambiente nel Rapporto SOER del 2015, ad ogni target è associata una colorazione – dal verde per indicare il valore positivo al rosso per i valori negativi).

Secondo Oliva de Conciliis “la scheda finale sui vari target dell’obiettivo 5 è fuorviante, in quanto in essa dominano i colori che mostrano un quadro complessivo sostanzialmente positivo, tanto che nelle conclusioni e nella rappresentazione finale a ragnatela dei vari obiettivi, le “Donne” (non l’Uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne) hanno un punteggio di 2,5 in una scala da 1 a 3, vale a dire che si ritiene di aver dimostrato che si è molto prossimi al raggiungimento dell’obiettivo.”

Tra i target che tendono al miglioramento si evidenzia il 5.b, quello relativo all’empowerment delle donne. “Questa prima versione del Rapporto non fornisce una rappresentazione reale dei deficit e delle criticità dei risultati finora raggiunti per quel che concerne gli aspetti relativi all’Uguaglianza di genere e all’empowerment delle donne. Inoltre – riprende la coordinatrice del goal – si è trascurato che la tematica dell’Uguaglianza di genere e dell’Empowerment delle donne all’interno dell’Agenda 2030 non riguarda soltanto l’obiettivo 5, perché si tratta di un tema trasversale a tutti gli altri 16 obiettivi. Tanto che nella maggior parte degli obiettivi sono contenuti target specifici che riguardano la condizione delle donne e delle ragazze e che, in mancanza di target specifici, vale l’indicazione (già citata) dell’Ufficio statistico delle Nazioni Unite di presentare sempre i dati disaggregati per sesso. Di questo non si è tenuto molto conto nell’elaborazione delle schede degli altri obiettivi. Comunque si riscontrano situazioni particolarmente negative nelle schede relative ai target 3.1, 3.7, 8.5, 11.2, 11.7, 16.1, 16.2”.

La posizione dell’Italia per quanto riguarda la condizione delle donne rimane tra le ultime nelle classifiche europee. Una fotografia sulla realtà del Paese ci è data dai numeri riportati nel ranking internazionale sulle discriminazioni di genere. Nella classifica 2016 del Gender Index Gap, sul quale ogni anno l’International Economic Forum presenta un Rapporto, l’Italia è al 50° posto tra i 144 paesi analizzati.

Oliva de Conciliis evidenzia “la discriminazione di genere è un ostacolo alla crescita economica del nostro Paese, come dimostrato da studi scientifici della Banca d’Italia, del fondo Monetario Internazionale da ultimo dell’ European Institute for Gender Equality (EIGE). Il miglioramento di ben 9 posizioni nella classifica 2016 è dovuto al fatto che le donne elette nella Camera e nel Senato nel 2013 sono passate al 31% (dal 22% della precedente legislatura) e alla percentuale di ministre (50% se si tiene conto del governo presentato da Matteo Renzi nel febbraio 2014). Purtroppo, dapprima con i vari rimpasti e poi col passaggio al governo Gentiloni, le ministre ora sono soltanto 6 su un totale di 18. Le pari opportunità nel nostro Paese rimangono un miraggio: il problema viene soprattutto dal mondo del lavoro. Solo il 51% delle donne lavora, mentre lo fa il 74% degli uomini. Ma l’elemento chiave è la disparità salariale: una italiana in media guadagna 0,47 centesimi per ogni euro guadagnato da un uomo”.

L’Agenda 2030 dovrebbe rappresentare una opportunità da cogliere, così come altre misure del benessere equo sostenibile. Lo ha evidenziato anche la Presidente Boldrini in occasione della conferenza internazionale “Europe Ambition 2030”, organizzata dall’ASviS lo scorso 23 marzo, informando di due importanti innovazioni legislative: l’inserimento nel Documento di economia e finanza degli indicatori del BES (Benessere equo e sostenibile) che consentiranno al Governo e al Parlamento di considerare adeguatamente gli obiettivi di sviluppo sostenibile utili a definire le politiche economiche che devono essere incentrate anche sul miglioramento del benessere collettivo e l’inserimento del Bilancio di genere utile a valutare l’impatto della politica di bilancio sulle donne e sugli uomini.

“Il BES aveva anticipato l’approccio di sviluppo sostenibile che è ora alla base dell’Agenda. Nel nome stesso – afferma Oliva de Conciliis – si sottolinea la connessione tra Benessere, equità e sostenibilità. Nell’equità si considera anche l’equità di genere. Non è la stessa cosa se cresce il benessere ma diminuisce l’equità di genere oppure se alla crescita del benessere si accompagna l’aumento dell’equità. Gli indicatori del BES sono ancora il riferimento delle politiche governative. Anzi, devono esserlo più di prima. Mi auguro che l’ISTAT s’impegni ancora di più, arricchisca questi indicatori e ci investa come in passato. Era stato fatto un grande lavoro”.

Le amministrazione possono senza dubbio contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, accettando la sfida lanciata dall’ASviS. L’analisi delle politiche pubbliche va fatta tenendo ben presenti i punti di forza e di debolezza della situazione italiana in ottica di genere. La sfida è quella di far crescere nella società la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 e far rispettare dal Governo italiano gli impegni che ne derivano.

“Il contributo della PA – secondo Oliva de Conciliis – è, come spesso accade in molti campi nel nostro paese, caratterizzato da luci e ombre e con forti differenze tra i territori. Non mancano best practices e iniziative con risultati concreti. Nell’occupazione il Dipartimento per le pari opportunità è impegnato, sia in ambito privato sia in ambito pubblico, nella realizzazione di progetti per favorire la promozione del “lavoro agile” o smartworking, quale modalità di lavoro flessibile nel tempo e nello spazio, in grado di avere impatti positivi su lavoratrici e lavoratori anche in un’ottica di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Per la salute invece il Consiglio per i diritti umani dell’Onu ha proprio recentemente richiamato il governo italiano ad applicare la legge 194. Ciò avviene nonostante l’Italia abbia firmato il programma d’azione del Cairo, comprese le modifiche apportate nel 1999: impegno all’aborto legale e a servizi per l’IVG resi accessibili. Di questi giorni l’annuncio da parte della Regione Lazio della somministrazione della Ru486 nei consultori, col rischio, però che il forte movimento contrario all’aborto legale possa trovare appigli formali per continuare a relegare l’Italia tra i paesi che non rispettano i diritti delle donne”.

La coordinatrice del goal ritiene che molte delle criticità e lacune, anche di carattere più generale, sono poi dovute alla difficoltà che si trova ad affrontare il Ministero dell’Ambiente rispetto alle altre amministrazioni, ora che la strategia per lo sviluppo sostenibile non è più collegata solamente a temi ambientali. Non a caso l’AsviS propone la trasformazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) in Comitato interministeriale per lo sviluppo sostenibile e chiede verifiche della strategia con cadenza annuale.

Non dimentichiamolo, “la lotta alle diseguaglianze tra donne e uomini è base indispensabile per uno sviluppo rispettoso dell’ambiente e dell’equilibrio nei Paesi e fra i Paesi”.

L’ASviS parteciperà, all’interno della delegazione ufficiale italiana, all’High Level Political Forum delle Nazioni Unite, che si terrà a New York nel luglio prossimo. Oliva de Conciliis si augura di poter dar conto nel secondo Rapporto AsviS 2017 di un maggiore impegno dell’Italia sull’obiettivo della parità di genere.

A FORUM PA 2017 un approfondimento su “Smart working per una nuova organizzazione del lavoro pubblico”

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