Il ruolo della pubblica amministrazione nell’adattamento ai cambiamenti climatici. Un approfondimento a FORUM PA 2017

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Occorre investire sulla costruzione di strategie coerenti e condivise capaci di orientare alle diverse scale (nazionale, regionale e comunale) il territorio verso modelli di gestione e sviluppo consapevoli. In questo quadro un ruolo particolarmente significativo deve essere riconosciuto alle pubbliche amministrazioni. La costruzione di politiche di adattamento rappresenta una sfida che impone una riflessione sulle capacità dei sistemi gestionali e decisionali e sui modelli di governance verticale e orizzontale

10 Aprile 2017

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Maurizio Pernice, Mara Balestrieri, Clara Pusceddu - Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Direzione Generale per il Clima e l’Energia

La comunità scientifica è ormai da tempo concorde nel riconoscere i cambiamenti climatici in corso e la capacità di adattamento agli stessi come una questione cruciale per lo sviluppo futuro del pianeta.

I processi legati ai cambiamenti climatici che interessano ormai a vari livelli tutti i continenti sono destinati ad alterare sempre di più gli equilibri esistenti, incidendo pesantemente sulle economie nazionali, le dinamiche ambientali, la qualità della vita, la stabilità sociale e il benessere ecosistemico, con effetti che saranno sempre più gravi se non si intraprenderanno adeguate politiche di mitigazione e adattamento.

Nell’ultimo ventennio diversi sforzi sono stati fatti in ambito istituzionale, politico e scientifico per affrontare le criticità legate al cambiamento climatico. Varie iniziative sono state intraprese per favorire politiche territoriali che tengano in giusta considerazione il problema del clima e la necessità di inglobare misure di mitigazione e di adattamento nella pianificazione presente e futura a livello internazionale, nazionale e locale tramite il coinvolgimento degli abitanti e dei vari portatori di interesse cui spetta l’implementazione diretta delle azioni: l’accordo di Parigi e il successivo accordo di Marrakech ne sono alcuni esempi.

In particolare alla necessità di trovare soluzioni per la mitigazione e l’abbattimento delle emissioni climalteranti che ha caratterizzato la prima fase degli studi in questo campo si è andata affiancando la consapevolezza che occorre una pianificazione in termini di adattamento alle diverse scale per contenere gli impatti e incrementare la resilienza dei territori.

A questo scopo occorre investire sulla costruzione di strategie coerenti e condivise capaci di orientare alle diverse scale (nazionale, regionale e comunale) il territorio verso modelli di gestione e sviluppo consapevoli.
In questo quadro un ruolo particolarmente significativo deve essere riconosciuto alle pubbliche amministrazioni. La costruzione di politiche di adattamento rappresenta, infatti, una sfida che impone una riflessione sulle capacità dei sistemi gestionali e decisionali e sui modelli di governance verticale e orizzontale.

Gli strumenti ai vari livelli e il loro status quo
L’adozione della “Strategia europea per i cambiamenti climatici” da parte della Comunità Europea nel 2013 ha sollecitato i Paesi che ancora non si erano mossi in tal senso a dotarsi di una Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici e di Piani di azione per permetterne l’attuazione. In Italia la Strategia nazionale è stata approvata con decreto direttoriale n 86 del 16 giugno 2015 ed è al momento in fase di predisposizione il relativo Piano operativo (PNACC). Sia la Strategia che il Piano sono l’esito di un processo impostato, fin dagli inizi, come un percorso aperto e trasparente che ha visto il coinvolgimento attraverso appositi tavoli e consultazioni ad hoc di vari stakeholders (esperti della comunità scientifica nazionale, decisori politici a livello istituzionale, portatori di interesse non governativi), al fine di costruire strumenti condivisi da sottoporre alla consultazione pubblica.

Tuttavia poiché l’adattamento richiede principi generali (globali e nazionali) nella sua impostazione ma necessita del livello locale per un’attuazione efficace vincolata alla collaborazione e azione delle regioni, l’implementazione dei contenuti del Piano nazionale di Adattamento richiama un processo di rafforzamento amministrativo e tecnico delle Regioni che devono apprestarsi a definire nei propri territori strategie e piani specifici. Tale processo di rafforzamento amministrativo e tecnico deve permettere di definire:
  • vulnerabilità e impatti regionali ai cambiamenti climatici;
  • scenari climatici regionali;
  • priorità di azione regionali;
  • ruoli e responsabilità per l’attuazione delle azioni e delle misure di adattamento;
  • opzioni di adattamento preferibili valorizzando opportunità e sinergie;
  • indicatori di adattamento (di realizzazione e di risultato) a livello regionale;
  • modalità di valutazione e monitoraggio.
Attualmente poche regioni italiane sono dotate di un proprio “Piano di adattamento ai cambiamenti climatici”, sebbene diverse regioni abbiano già approvato una Strategia o un documento di indirizzo in materia di adattamento. In occasione dei tavoli con le Regioni convocati dal Ministero dell’Ambiente con l’obiettivo di pervenire alla condivisione dei contenuti del PNACC, è emersa una chiara “domanda” in merito all’adattamento, che ha permesso di rilevare:


  • una evidente disomogeneità nell’attuazione di percorsi di adattamento (strategie/piani/linee guida) regionali;
  • una scarsa consapevolezza delle possibilità di attuare percorsi di adattamento a partire da quelli che sono gli strumenti di pianificazione e programmazione comunitaria, nazionale e regionale;
  • una disomogeneità in merito al dialogo tra regioni e collettività locali;
  • una carenza di strumenti amministrativi;
  • una scarsa presenza di esperienze di adattamento a livello locale.

Quest’ultimo aspetto appare particolarmente significativo poiché le decisioni capaci di incidere, in varia misura, su mitigazione e adattamento al cambiamento climatico, e in generale di perseguire uno sviluppo sostenibile, afferiscono necessariamente a una scala che non può essere esclusivamente quella nazionale o regionale. Si tratta, infatti, di meccanismi complessi che si fondano sull’interpretazione delle specificità dei luoghi e delle comunità che li abitano, nonché sulla conoscenza dei sistemi economici locali, dell’infrastrutturazione del territorio e dei flussi che lo attraversano. In questa senso nel 2008 la Commissione Europea ha lanciato l’iniziativa “Il Patto dei Sindaci” (“Covenant of Mayors”), proprio con l’obiettivo di coinvolgere attivamente direttamente le città, principali vittime e artefici dei cambiamenti climatici e dei loro effetti, nel percorso verso la sostenibilità energetica e ambientale riconoscendo l’importanza delle società locali nel portare avanti efficacemente azioni concrete di mitigazione. Nel 2014 è stata lanciata l’iniziativa “Mayors Adapt” per richiamare l’attenzione sull’aspetto dell’adattamento piuttosto che della semplice mitigazione negli interventi sviluppati dalle città aderenti. Infine nel 2015 la Commissione ha lanciato il nuovo “Patto dei sindaci” denominato “Covenant of Mayors for Climate & Energy”, che ha riunito in una unica iniziativa il “Covenant of Mayors” e il “Mayors Adapt” fissando nuovi obiettivi al 2030 e prevedendo la stesura di Piani di Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima finalizzati ad integrare mitigazione e adattamento secondo una visione comune.

In Italia circa il 46% dei comuni ha aderito all’iniziativa del Patto dei Sindaci sebbene in modo non uniforme sul territorio nazionale, per una popolazione complessiva di 40.218.972 abitanti, pari al 68% della popolazione totale. La quasi totalità dei comuni firmatari (93%) si sono dotati del Piano di Azione (PAES), ma solo il 18% ha effettuato il monitoraggio dei risultati. Aldilà della forte volontà politica degli amministratori locali a promuovere una decarbonizzazione all’interno delle loro comunità, emerge dunque in modo evidente una importante criticità sugli strumenti per mettere in pratica i Piani e verificarne gli effetti e l’efficacia.

Cambiamenti climatici e nuovi modelli di governance
La gestione dei processi legati agli impatti dei cambiamenti climatici, la costruzione di modalità di adattamento e la messa di campo di strategie di mitigazione degli stessi rappresentano un’attività di pianificazione complessa. I fattori ad essi legati non possono essere trattati individualmente senza tener conto del sistema cui appartengono poiché il loro funzionamento individuale è vincolato a quello complessivo e viceversa secondo relazioni non lineari. La complessità di tali temi richiede un approccio di multilevel governance guidato dalla pluridimensionalità politico implementativa attraverso una dialettica operativa tra la tradizionale governance verticale (collegamenti tra livelli inferiori e superiori di governo) e una crescente dimensione orizzontale (attività di interazione cooperativa tra regioni e comunità locali) per una maggiore efficacia delle politiche pubbliche locali e delle strategie di sviluppo. Si tratta di realizzare un sistema attraverso cui la responsabilità per la definizione delle politiche per l’adattamento e la sua implementazione si distribuisce tra differenti livelli di governo ed istituzioni con modalità e compiti differenti in relazione alle azioni amministrative di programmazione, controllo, valutazione e gestione in gioco. In questo senso le PA sono chiamate a definire apposite modalità di implementazione delle azioni legate ai cambiamenti climatici.

L’ideazione e l’attuazione di una strategia per l’adattamento ai cambiamenti climatici rappresenta, infatti, un processo articolato, che deve essere pianificato in modo sistematico e gestito con continuità. Tale processo richiede la collaborazione e il coordinamento tra la parte politica e tecnica, tra i diversi dipartimenti, centri di competenza, e uffici tecnici dell’amministrazione, che devono lavorare in maniera congiunta piuttosto che settoriale. L’adattamento deve essere percepito dai diversi centri di competenza dell’amministrazione locale come una tematica comune che si raccorda in senso verticale con gli altri attori nel contesto generale (comunità europea, impegni e accordi internazionali, regioni). La mancanza di coordinamento fra i diversi strumenti, dipartimenti e uffici inficia inevitabilmente i risultati della pianificazione, pertanto, le varie amministrazioni dovrebbero adattare e ottimizzare le proprie strutture interne alla luce di questa necessità individuando e designando le competenze adeguate e le risorse umane e finanziarie per attuare l’adattamento ai cambiamenti climatici nei loro territori in modo individuale o congiunto.

In questo senso occorre attrezzarsi per la creazione di un percorso caratterizzato da una sempre maggiore connessione e interdipendenza tra i diversi livelli (Ministeriale, regionale, comunale), anche attraverso il ripensamento delle procedure burocratiche, tipicamente gerarchiche e verticali, a favore di nuove procedure e nuovi strumenti, in grado di recepire da un lato gli input provenienti dall’alto e dall’altro di garantire maggiore efficacia alle iniziative promosse dal basso.

Alla luce di questo la costruzione dell’adattamento deve passare attraverso l’individuazione di modelli multi-level governance capaci di garantire la definizione e attuazione di interventi ed azioni trasversali di recepimento degli indirizzi contenuti nella Strategia Nazionale per l’Adattamento ai cambiamenti climatici (SNAC) e del relativo Piano (PNACC) senza i quali tali strumenti non potranno produrre i risultati prefissati.

A FORUM PA 2017 analisi di scenario e obiettivi di sviluppo da raggiungere entro il 2030:
“Agenda 2030: una sfida per il paese, una sfida per la PA”
“La strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile”

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