Ancora un pasticcio di Governo sulla libertà di espressione in rete

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Tra gli articoli del decreto anti-intercettazione attualmente in Parlamento è stata inserita – nuovamente – la norma che introduce l’obbligo di rettifica per qualunque tipo di contenuto sul web (solcial network compresi?) e in rete rimonta la protesta.

27 Settembre 2011

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Tommaso Del Lungo

Articolo FPA

Tra gli articoli del decreto anti-intercettazione attualmente in Parlamento è stata inserita – nuovamente – la norma che introduce l’obbligo di rettifica per qualunque tipo di contenuto sul web (solcial network compresi?) e in rete rimonta la protesta.

La prima volta fu nel 2007 con il disegno di legge Levi, mentre l’ultima è stata a luglio con la mobilitazione contro la direttiva AGCOM,  passando per varie proposte come il ddl anti intercettazioni si ripresenta lo stesso pericolo di 4 anni fa, quando si pensò di estendere a tutte le pagine web le norme che vincolano la carta in materia di rettifica di notizie errate.

Il comma 29 del decreto di iniziativa governativa dal titolo “Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche”, sottopone, infatti, i “siti informatici” (definizione un po’ vaga) al cosiddetto “obbligo di rettifica” (art. 8 della legge n. 47 del 1948… sì avete letto bene 1948). In pratica nel caso in cui qualunque cittadino si senta leso nella propria dignità da immagini o notizie pubblicate dal “sito informatico” o le ritenga non vere (attenzione alla disgiunzione “o”: il fatto che la condizione che la notizia sia non vera non è necessaria per far scattare l’obbligo di rettifica) il titolare del sito avrà 48 ore per pubblicare la “smentita” pena il pagamento di una sanzione che può arrivare fino a 12.500 euro.

Alle prime critiche emerse in rete hanno subito risposto alcuni politici sia dell’opposizione come Antonio Di Pietro che sul suo blog ha parlato di “un insulto alla libertà e alla democrazia” o Paolo Gentiloni: "L’unica conseguenza di una tale assurdità giuridica sarebbe il blocco di fatto di siti, blog e social network", sia della maggioranza. Ad esempio il ministro della gioventù Giorgia Meloni commentando che "Applicare ai blog gli stessi obblighi che valgono per la stampa e le televisioni è sicuramente un errore" ha auspicato  iniziative parlamentari che possano cambiare la norma in questione, anche se non è da escludersi il pericolo di un voto di fiducia sul ddl che ridurrebbe praticamente a zero  la possibilità di intervento da parte del Parlamento.

Se anche si volesse sorvolare sulle conseguenze negative per i titolari di un blog, o di un profilo su un qualunque social network (che comunque sono bene spiegate da autorevoli commentatori in rete, tra cui, ad esempio, Guido Scorza), ci preme, invece, soffermarci sui risultati positivi che la Politica italiana si aspetta ottenere provando a  risolvere un problema reale (la diffamazione in rete), applicando al web una legislazione di 63 anni fa . Come ha fatto notare Stefano Quintarelli all’ultimo FORUM PA, illustrando la sua proposta per la Digital Agenda Italiana, le tecnologie della rete tendono a privilegiare le notizie diffamanti (sono quelle che hanno maggiore eco) rispetto alle rettifiche. Una soluzione innovativa che miri realmente a risolvere il problema della diffamazione (e quindi ci sarebbe anche da riflettere sulla differenza tra "sentirsi diffamato" ed "essere diffamato") dovrebbe prevedere come minimo l’obbligo di modificare quella stessa pagina che conteneva la prima notizia falsa.

Sembra che sempre più spesso ci si dimentichi che il vero beneficio delle nuove tecnologie non è quello di fare più in fretta le cose che si facevano prima, ma è la possibilità di fare cose nuove, più utili, più semplici, più economiche, più rispettose dei diritti dei cittadini. La rete permetterebbe, insomma di trovare una soluzione nuova ad un vecchio problema. Il perchè si preferisca ragionare come sessanta anni fa piuttosto che riflettere su queste opportunità rimane un mistero.

Per chi volesse saperne di più il blog Valigia Blu ha pubblicato proprio stamattina un bell’approfondimento.

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