Con MiaPA arriva una licenza per l’Open Data italiano

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Anche sotto il profilo delle licenze l’Operazione MiaPA –  prima consapevole ed organica iniziativa statale di Open Data – segna una svolta.
Infatti, nella pagina in cui è disponibile il file con i dati “liberati” è espressamente indicato che è incoraggiata la libera e gratuita consultazione, estrazione, riproduzione e riutilizzo dei dati e delle informazioni e che, a tale scopo, i contenuti sono resi disponibili secondo i termini e le condizioni di un’apposita licenza: la Italian Open Data Licence (IODL) v1.0 beta.

29 Ottobre 2010

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Ernesto Belisario*

Articolo FPA

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Uno dei limiti tradizionali dei siti Web della Pubblica Amministrazione (su cui si sono soffermate anche le Linee Guida del 26 Luglio 2010) è rappresentato dalle condizioni d’uso relative alle possibilità e alle limitazioni in ordine all’utilizzo dei contenuti del sito stesso

Spesso le condizioni d’uso dei siti della PA sono frutto di frettolosi “copia&incolla” oppure di estensori (troppo) zelanti che finiscono per limitare in modo inspiegabile l’utilizzo delle informazioni del settore pubblico.
Nel panorama italiano non mancano esempi di Enti che utilizzano licenze aperte (ad esempio Creative Commons), ma non vi è un approccio unitario e sistematico; si tratta di un problema che rischia di diventare ancora più complesso e grave con l’Open Data, la prassi amministrativa in base alla quale tutti i dati delle Amministrazioni devono essere resi disponibili on line senza particolari restrizioni.

Italian Open Data Licence (IODL) v1.0 beta
Anche sotto questo profilo l’Operazione MiaPA segna una svolta: è particolarmente significativo che la prima consapevole ed organica iniziativa statale di Open Data abbia prestato particolare attenzione al tema delle licenze.
Infatti, nella pagina in cui è disponibile il file con i dati “liberati” è espressamente indicato che è incoraggiata la libera e gratuita consultazione, estrazione, riproduzione e riutilizzo dei dati e delle informazioni e che, a tale scopo, i contenuti sono resi disponibili secondo i termini e le condizioni di un’apposita licenza: la Italian Open Data Licence (IODL) v1.0 beta.
La IODL (sviluppata da FORMEZPA) è la felice replicazione nel nostro ordinamento di una innovativa esperienza, quella del Governo Inglese con la Open Government Licence 1.0, licenza sviluppata ad hoc per i dati del settore pubblico e subito utilizzata per il portale data.gov.uk.

Come suggerisce il nome, l’idea non è stata quella di scrivere le condizioni per l’uso dei soli dati dell’Operazione MiaPA ma quella – decisamente più ambiziosa – di realizzare una licenza che possa essere utilizzata anche – e soprattutto – per le future iniziative pubbliche di Open Data. Si tratta di un aspetto che non è stato particolarmente enfatizzato nel corso del lancio di MiaPA ma che potrebbe essere importante e decisivo per l’affermazione di questa prassi amministrativa anche in Italia.

Non può esservi dubbio sul fatto che si tratta di una buona notizia per chi, anche nel nostro Paese, ha già iniziato a richiedere la liberazione dei dati: le informazioni pubbliche sono, per definizione, beni pubblici; per la loro raccolta le Amministrazioni hanno utilizzato il danaro dei contribuenti che, quindi, sono convinti di averle già pagate.
L’obiettivo della licenza è quello di permettere ad altri Enti, cittadini e imprese l’accesso e l’uso delle informazioni pubbliche, che sono considerate come valore sociale ed economico, per promuovere attività creative e per rendere l’Amministrazione più trasparente.

Diritti e restrizioni
La licenza è costruita, come si legge nel disclaimer, per essere compatibile con le altre principali licenze aperte: Creative Commons e Open Data Commons. Altro tratto positivo della IODL è la brevità e la chiarezza delle licenza stessa: sono chiaramente individuati i diritti dell’utente e le restrizioni.
In particolare, l’utente può liberamente :

  • consultare, estrarre, scaricare, copiare, pubblicare, distribuire e trasmettere le informazioni
  • creare un lavoro derivato, per esempio attraverso la combinazione con altre informazioni (mashup), includendole in un prodotto o sviluppando una applicazione informatica che le utilizzi come base dati.

In cambio, all’utente è chiesto solo di indicare la fonte delle informazioni e il nome del Licenziante, includendo, se possibile, un link alla licenza oltre che di pubblicare e condividere gli eventuali lavori derivati con la stessa licenza.

L’unica restrizione, al momento, è quella legata alla impossibilità di utilizzare i dati per fini commerciali. Sicuramente questa clausola farà storcere il naso a molti, ma è assolutamente comprensibile che sia presente nella prima versione di questa licenza che, lo si ripete, rappresenta il primo tentativo nel nostro Paese di fornire un supporto a tutti gli altri Enti che intendano liberare i propri dati.
Per il futuro, naturalmente, sarebbe auspicabile che venisse consentito anche l’uso per fini commerciali oppure che le Amministrazioni possano scegliere se inserire o meno tale clausola (sul modello Creative Commons) a seconda del dataset da liberare.

Sicuramente, come ogni versione 1.0 che si rispetti, la IODL richiederà ulteriori approfondimenti (specialmente nella parte dedicata alle definizioni) e miglioramenti ed è auspicabile che anche gli aggiornamenti vengano gestiti in modo “aperto”, aprendo ai contributi e ai feedback della comunità.
Appare chiaro a tutti, però, che prima che un’innovazione giuridica il progetto della IODL sia sintomo di un illuminato cambiamento culturale: dalla logica del segreto e del permesso a quella della condivisione e dell’Open.

Cosa resta da fare
Non resta che insistere affinché tutte le Amministrazioni pubblichino on line i propri dati, perché, come dice David Miller, Sindaco di Toronto, “una volta liberati i dati, non c’è limite a quello che le persone possono farci”.
Ora, anche grazie alla IODL, potrebbe essere più facile che ciò accada perché è stato rimosso uno degli ostacoli nella pianificazione di strategie di Open Data.


* Ernesto Belisario è avvocato. Si occupa, per professione e per passione, di diritto delle nuove tecnologie e di diritto amministrativo.
Cura il blog “Diritto 2.0

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