Da AgID una checklist per gli open data

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Le Linee Guida sugli open data, da poco in consultazione pubblica, sono un’occasione per razionalizzare le azioni fondamentali richieste ad una PA per poter realizzare effettivamente un progetto Open Data

9 Settembre 2016

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Nello iacono, Stati Generali dell'Innovazione

Fino al 31 ottobre sono in consultazione pubblica le linee guida nazionali 2016 per la valorizzazione del patrimonio informativo pubblico, realizzate da AgID. Come esplicitato anche nella presentazione delle linee guida, si tratta di un documento che indica le azioni di una “check list” da seguire per “attuare il processo di valorizzazione del patrimonio informativo pubblico” e quindi per la realizzazione di un programma Open Data.

Le linee guida si articolano in sette sezioni:

  1. Normativa di Riferimento, che presenta il quadro normativo;
  2. Dati della Pubblica Amministrazione, che introduce le definizioni sui dati pubblici;
  3. Modello per i dati e i metadati, che descrive i modelli di riferimento per i dati di tipo aperto e per i metadati (sulla base del profilo di metadatazione nazionale DCAT-AP_IT);
  4. Aspetti organizzativi e di qualità per i dati, che propone un modello operativo per la produzione e gestione dei dati pubblici individuando ruoli, responsabilità e azioni da intraprendere (in modo specifico nell’ambito degli open data), oltre che dimensioni di qualità dei dati e una metodologia per il suo monitoraggio;
  5. Architettura di riferimento per l’informazione del settore pubblico, che individua l’architettura generale fornendo un’indicazione sugli standard di base e formati aperti per dati e documenti;
  6. Aspetti legali e di costo, che individua alcune licenze “raccomandate” per i dati di tipo aperto e analizza aspetti legati ai costi e alla tariffazione per i dati del settore pubblico;
  7. Pubblicazione e dati.gov.it, che descrive i passi per la pubblicazione e presenta il nuovo ruolo del portale nazionale dei dati, dati.gov.it.

Ogni sezione si compone poi di azioni che descrivono una check-list abbastanza agile e completa come guida per le amministrazioni.

In particolare,

  1. la prima sezione si compone delle azioni 1 e 2, che “prescrivono” di conoscere, seguire e verificare la normativa di riferimento (nazionale ed europea) e i punti di particolare attenzione (soprattutto gli articoli 1 e 68 in ambito di Codice dell’Amministrazione Digitale – CAD);
  2. la seconda sezione si compone dall’azione 3, “verifica la conformità al modello dei dati”, che indica l’adozione del modello qualitativo per i dati aperti attraverso un percorso progressivo verso la “produzione nativa di Linked Open Data” e l’abbandono della pratica di pubblicazione di dati di livello 1 e 2 (modello a cinque stelle), che non rientrano tra i formati aperti;
  3. la terza sezione si compone dell’azione 4 “correda i dati con i relativi metadati”, che spinge verso un approccio sistemico all’utilizzo della medatazione, necessario per il riuso dei dati, e dell’azione 5 “rispetta il profilo di metadatazione DCAT-AP_IT”, che indica questo profilo nazionale (conforme a quello europeo DCAT-AP 9) come riferimento da seguire per tutti i metadati descrittivi generali, cioè non dipendenti da tipologie di dati;
  4. la quarta sezione è forse la più densa di azioni “innovative” che si indicano alle amministrazioni. Si parte dall’azione 6 “individua una data governance e assicurati che i processi integrino il rilascio di dati aperti e il coinvolgimento degli utenti”, che pone in primo piano il tema organizzativo e propone un modello operativo con ruoli e responsabilità relative al processo open data, mentre l’azione 7 “definisci una chiara strategia di coinvolgimento interno ed esterno” affronta i temi del “data engagement” e del riuso, cruciali per rendere efficace e significativa una iniziativa sugli open data. L’azione 8 “facilita il coordinamento tra il livello nazionale e locale attraverso gli open data” pone l’accento sull’integrazione delle iniziative delle amministrazioni centrali e locali e quindi di non avviare iniziative isolate, ma anzi preoccupandosi del contesto in cui si inserisce la propria iniziativa, anche per avviare e mantenere uno scambio di dati che faciliti alle amministrazioni centrali le aggregazioni. L’azione 9 “garantisci le seguenti dimensioni di qualità dei dati” affronta (forse in una sequenza che poteva prevederla prima) il fondamentale tema della qualità dei dati, un po’ trascurato dalle amministrazioni, ponendo enfasi soprattutto su 4 delle 15 caratteristiche di qualità previste dalla norma ISO/IEC 25012 (accuratezza, coerenza, completezza, tempestività di aggiornamento);
  5. la quinta sezione si compone dell’azione 10 “rispetta l’architettura dell’informazione del settore pubblico con i relativi standard, formati e vocabolari”, che ricorda la necessità di utilizzare i modelli per i dati dell’architettura nazionale dell’informazione del settore pubblico, anche provvedendo a estensioni, dove necessario, realizzati sempre seguendo le regole di conformità, e dell’azione 11 “seleziona i formati che meglio si adattano al contenuto e ai dati da condividere e rilasciare”, che pone l’attenzione sul fatto che le scelte tecniche devono sempre essere effettuate secondo i requisiti da soddisfare;
  6. la sesta sezione si compone dell’azione 12 “assicurati di assegnare una licenza ai dataset”, che puntualizza la necessità di esplicitare una licenza e indica le licenze ammesse in ambito Open Data (in particolare si sottolinea che “tutte le licenze che non consentono lavori derivati, anche per finalità commerciali, i.e., licenze che riportano chiaramente clausole Non Commercial – NC e/o Non Derivative – ND e/o ogni altra clausola che limita la possibilità di riutilizzo e ridistribuzione dei dati, non possono essere ritenute valide per identificare dataset aperti”) e l’azione 13 “definisci gli aspetti di costo per i dati”, che invita a riflettere su quei casi in cui può essere previsto un corrispettivo (costi sostenuti effettivamente per la riproduzione, messa a disposizione e divulgazione dei dati);
  7. la settima sezione riepiloga quanto si deve verificare prima della pubblicazione dei dati (l’azione 14 è “pubblica i dati ma solo dopo aver effettuato le azioni precedenti”) e puntualizza i ruoli rispetto alla pubblicazione (l’azione 15 è “assicurati che i metadati relativi ai tuoi dataset siano presenti nel portale nazionale dei dati”). In particolare, i ruoli vengono così definiti (riprendiamo buona parte del testo dell’azione, per semplicità:
    1. il portale nazionale dei dati (dati.gov.it) è l’unico riferimento per la documentazione e la ricerca di tutti i dati della pubblica amministrazione, è l’unico ad abilitare il colloquio con l’analogo portale europeo (http://www.europeandataportal.eu/), e include esclusivamente i metadati che descrivono sia i database delle amministrazioni, sia i relativi dati aperti;
    2. le amministrazioni sono tenute a inserire e a mantenere aggiornati i metadati attraverso le modalità di alimentazione previste dal catalogo. I dati primari, il cui riferimento è pubblicato su dati.gov.it, rimangono presso il titolare del dato che conserva la responsabilità della loro divulgazione a livello nazionale;
    3. i dati geografici devono essere documentati esclusivamente presso il Repertorio Nazionale dei Dati Territoriali (RNDT) che, in maniera automatizzata, si occupa dell’allineamento con il portale nazionale dei dati.

Insomma, una meritoria opera di chiarezza che, certamente migliorabile durante la consultazione, fornisce una guida essenziale per le amministrazioni che devono strutturare il loro processo open data.

Probabilmente le maggiori aree di miglioramento del documento sono da identificare nell’enfasi (qui ancora poco presente) sul tema della strategia che ciascuna amministrazione dovrebbe affrontare prima di avviare un’iniziativa Open Data (partire dagli obiettivi e non dalle norme) e sulla presenza qui poco avvertibile (e invece importante) della collocazione del tema Open Data nel contesto più generale del data management. Un rafforzamento su questi aspetti consentirebbe anche di evitare due rischi, attuali e da superare: che il tema open data rimanga di nicchia e che questa iniziativa non supporti lo sviluppo e l’affermarsi di una “cultura del dato” di cui abbiamo urgentemente bisogno.


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