Datemi un’email e solleverò il mondo

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La posta elettronica è oramai d’uso comune e se la Pubblica amministrazione la utilizzasse in chiave di servizio potrebbe dare una netta accelerata a molte pratiche, abbattendo burocrazia e costi e innescando quel circolo virtuoso della fiducia fondamentale per innescare la vera rivoluzione digitale (e non solo)

25 Marzo 2019

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Mila Fiordalisi

Direttore Responsabile Cor.Com

Photo by Edu Lauton on Unsplash - https://unsplash.com/photos/TyQ-0lPp6e4

Datemi una email e solleverò il mondo. Non avremmo voluto scomodare il genio di Archimede, ma mai rivisitazione della “formula” attribuita allo storico matematico – “datemi una leva e solleverò il mondo” – appare più calzante per affrontare quella rivoluzione della Pubblica amministrazione auspicata da molti ma ancora lontana dal compiersi. Certamente l’avvento del digitale qualche risultato l’ha prodotto. Ma la gestazione è lenta e per la fioritura piena, ossia per la “primavera digitale” della PA italiana ancora tanta strada andrà fatta.

La resistenza all’innovazione sembra un’”erbaccia” difficile da estirpare, nella PA molto più che in altri contesti. Ma è anche evidente che nel corso degli anni non si sono fatti i conti con questioni quali l’approccio all’innovazione, la resilienza, il desiderio di cambiare. Fattori considerati secondari alle questioni “tecnologiche”. Eppure l’adozione delle nuove tecnologie – da un punto di vista dell’hardware e del software – pur se necessaria è riuscita a provocare la trasformazione digitale che solo le persone possono innescare e portare a compimento.

Il linguaggio della tecnologia e quello dell’uomo “pubblico” si sono mostrati incomprensibili l’uno all’altro. Troppi tecnicismi e troppe complessità – fra standard, protocolli, norme Uni e codicilli- hanno provocato un inevitabile “rifiuto” e una comprensibile “incomprensione” del valore reale del digitale in qualità di strumento in grado di facilitare la vita alla PA in primis e di conseguenza per erogare ai cittadini nuovi e più moderni servizi. Eppure basterebbe una email, una semplice email a sparigliare le carte in tavola e a innescare davvero la trasformazione digitale. Se i cittadini potessero utilizzare l’email alla stregua dello sportello, se potessero inviare richieste con la certezza di una risposta, se potessero allegare e ricevere documenti senza la necessità di recarsi in loco, se potessero ottenere aiuto in caso di difficoltà, se semplicemente tutto questo si potesse compiere via email allora sì che sarebbe una rivoluzione. Una semplice email – si badi bene non una Pec altrimenti si torna alle complicazioni di partenza – per innescare la più grande delle rivoluzioni. Per sollevare il nuovo mondo, quello digitale.

Possono ben confermarlo coloro – inclusa chi scrive – che hanno avuto la fortuna di incrociare la propria strada con indirizzi email pubblici “funzionanti”, “interattivi”, “operativi”: a fronte di domanda è seguita risposta, ma soprattutto soluzione. È avvenuto per la prenotazione di esami clinici, per quesiti riguardanti la disponibilità di alcuni servizi allo sportello, per l’invio di documenti necessari alla finalizzazione di pratiche. Insomma per chi scrive ha funzionato in più di un caso, e per sentito dire di casi ce ne sono parecchi, a dimostrazione che a fronte di tante inefficienze “digitali” – indirizzi email inesistenti o totalmente “dormienti”, per restare nel terreno della posta elettronica – esistono anche, e vanno ad aumentare, “best practice” che dovrebbero essere riconosciute, evidenziate, persino premiate. Avere un quadro della situazione non è possibile. Non esiste un “contatore” delle email, un “rilevatore” delle richieste elettroniche evase. E nemmeno una “Tripadvisor” della PA, che potrebbe essere molto utile. Di sicuro ci si trova di fronte a uno scenario a macchia di leopardo, in cui non sono il Nord e il Sud a fare da cartina di tornasole quanto gli uffici singoli, le “isole felici”, fatte di persone che nel mettersi al servizio dei cittadini usano strumenti sempre più evoluti per svolgere al meglio i propri compiti.

E si pensi a quale rivoluzione si potrebbe innescare se all’email si aggiungessero le chat sui social e perché no anche Whatsapp. Strumenti già utilizzati dalle aziende private fra cui ad esempio alcune energy company, per consentire ai clienti l’invio dell’immagine del contatore per la lettura dei consumi. La rivoluzione dunque parte dalle cose semplici, quelle di uso comune, facili da usare per tutti, persino alla popolazione più in là con l’età che con Facebook e Whatsapp ha imparato a familiarizzare più di quanto ci si potesse persino lontanamente aspettare. E che se proprio non è avvezza a email e affini di sicuro potrà contare su figli e nipoti più pratici e di sicuro in grado di facilitare l’opera. Per la rivoluzione digitale dunque non c’è bisogno di nuove idee ma di idee semplici. Potrà sembrare strano a molti ma provare per credere.

Questo articolo è un contributo al percorso di ascolto “La PA crea valore se…” avviato in vista di FORUM PA 2019 (Roma, 14-16 maggio)

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