Gravi rischi per l’italia senza un’agenda digitale nazionale: la relazione annuale dell’AGCOM

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Se non si “emaneranno norme a prova di futuro” l’Italia rischia di perdere il treno della digitalizzazione e di essere retrocessa in serie B. Lo ha detto Corrado Calabrò, Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni presentando al Parlamento l’annuale rapporto che, oltre a riferire sulle attività svolte dalla struttura, presenta uno spaccato sullo stato del mercato delle telecomunicazioni nel nostro Paese.

16 Giugno 2011

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Tommaso Del Lungo

Articolo FPA

Se non si “emaneranno norme a prova di futuro” l’Italia rischia di perdere il treno della digitalizzazione e di essere retrocessa in serie B. Lo ha detto Corrado Calabrò, Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni presentando al Parlamento l’annuale rapporto che, oltre a riferire sulle attività svolte dalla struttura, presenta uno spaccato sullo stato del mercato delle telecomunicazioni nel nostro Paese.

Internet e i social media stanno rapidamente cambiando il volto al mondo così come lo conosciamo, incidendo in maniera radicale sul contesto sociale, economico e politico. Tuttavia l’Italia sembra impermeabile a questo cambiamento e, nonostante la fame di facebook che assale oltre 19 milioni di Italiani, più del 90% della popolazione dichiara che la propria fonte primaria di informazione è ancora la TV, seguita dai quotidiani, per il 61%. Solo il 20% degli Italiani afferma di utilizzare la rete come canale privilegiato per informarsi. A questo va aggiunto che crescono poco, e comunque meno del resto del mondo, sia l’infrastruttura di rete (fissa, mobile o Ngn), sia il suo utilizzo da parte degli utenti. 

Sono questi i primi dati con cui si apre la quarta relazione annuale dell’AGCOM al Parlamento, presentata lo scorso 14 giugno dal Presidente Corrado Calabrò, che riprende gli allarmi lanciati lo scorso anno richiamando l’attenzione sulla necessità di una politica industriale chiara e tempestiva sul tema dell’infrastrutturazione tecnologica nel nostro Paese.

Poca rete fissa… troppo traffico mobile

Il primo allarme lanciato da Calabrò è quello della rete, fissa e mobile, rispetto alla quale, afferma, “Siamo sull’orlo della retrocessione in serie B”.
Da una parte, infatti, la penetrazione della banda larga fissa è stagnante. Il dato del 2010 segna un 22%, due punti in più rispetto a quello dell’anno precedente, ma comunque indietro rispetto alla media EU del 26,6%. Infine ancora grave è il dato del digital divide totale: circa il 4% degli Italiani a cui va aggiunto il 18% della popolazione servita da adsl sotto i 2 Mbit/s.
Dall’altra parte, il primato acquisito dall’Italia nell’ambito della telefonia mobile si sta velocemente trasferendo anche sulla banda larga mobile, con il più elevato numero di dispositivi per la ricezione di dati in mobilità (smartphone e chiavette usb) e una crescita del 1600% negli ultimi 4 anni. Un successo che però deve far preoccupare se si pensa che già l’anno scorso l’Agcom aveva paventato il pericolo di un collasso dell’infrastruttura mobile  se il numero di utenti avesse continuato a crescere.

Tutto ciò, sottolinea con tono preoccupato Calabrò, “Potrebbe anche precludere all’Italia la possibilità di estendere il servizio universale alla banda larga”.

Le soluzioni proposte da Calabrò sono due. La prima è quella individuata dal Tavolo di consultazione allestito dal Ministro Romani: convincere i maggiori operatori di telecomunicazioni a investire insieme, con la partecipazione rilevante di Cassa Depositi e Prestiti. La seconda invece è quella della gara per l’assegnazione di ulteriori frequenze alle telecomunicazioni mobili: la famosa asta per l’LTE.

Le città intelligenti

Nella sezione della relazione dedicata all’economia si legge che “C’è scarsa consapevolezza delle potenzialità delle tecnologie della società dell’informazione; il che relega queste ultime a uno dei tanti strumenti di sviluppo economico, mentre esse possono invece dare una spallata a un sistema imballato. Il settore delle tlc è la chiave di volta della rivoluzione digitale che, abilitando l’innovazione, può cambiare radicalmente i paradigmi dell’economia e della società”. In particolare le città intelligenti possono promuovere la crescita e al contempo generare importanti risparmi. Almeno 1 punto di PIL per ogni 10% di diffusione della banda larga e circa 30 miliardi all’anno, a regime per l’Italia, di risparmi grazie a telelavoro, elearning, e-government, e-health, mobile payment, e-paper, gestione energetica intelligente.

In attesa dell’Agenda digitale nazionale

Il fondamentale gap digitale dell’Italia per Calabrò è innanzitutto “culturale e di alfabetizzazione informatica. Ancora non è stata calendarizzata un’Agenda digitale nazionale” eppure, ha continuato, “La crescita di un Paese non è un fenomeno meteorologico da aspettare fatalisticamente; è legata a fattori strutturanti fondamentali. La crisi che stiamo attraversando è soprattutto di competitività e di innovazione. Non solo chi ha il debito più elevato risulta maggiormente esposto nel panorama globale, ma anche chi sperimenta la crescita economica più bassa. E l’Italia ha un trend di crescita modesto, pur nell’ambito della modesta area euro. Al giorno d’oggi nessun altro settore è in grado di accelerare in misura comparabile la crescita e lo sviluppo del Paese, in un momento in cui ne abbiamo assoluto bisogno. Soprattutto per le generazioni future".

Per chiudere la sua relazione, Calabrò ha preso in prestito una frase del Commissario Neelie Kroes: “Il ‘non-fare’ ha un costo che non si vede oggi, ma si vedrà domani, quando però, il futuro sarà ormai pregiudicato”.

 

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