Quer pasticciaccio brutto delle scuole senza ADSL. L’SPC non serve più?

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Sta facendo rapidamente il giro della rete, attraverso quotidiani on line, blog e social nework la notizia, ripresa da un comunicato FLC CGIL, che il MIUR si prepara a togliere il collegamento ad internet a 3800 scuole, proprio a ridosso dell’annuncio del piano per la “scuola digitale” fatto dal ministro Profumo all’inizio di questa settimana. Vediamo insieme cosa è successo e perché.

21 Settembre 2012

Articolo FPA

Sta facendo rapidamente il giro della rete, attraverso quotidiani on line, blog e social nework la notizia, ripresa da un comunicato FLC CGIL, che il MIUR si prepara a togliere il collegamento ad internet a 3800 scuole, proprio a ridosso dell’annuncio del piano per la “scuola digitale” fatto dal ministro Profumo all’inizio di questa settimana. Vediamo insieme cosa è successo e perché.

“Il collegamento ad internet stipulato dalle 3800 scuole attraverso il contratto SPC (della nota pubblicata dalla Direzione generale per gli studi la statistica e i sistemi informativi del Ministero dell’istruzione del 12 settembre scorso. Per questo motivo a partire da ieri, 20 settembre 2012, tutte le 3800 linee internet del progetto SPC scuole, che consentono la connessione di altrettanti istituti scolastici di tutta Italia a completo carico del Ministero e tutti i servizi (tecnici e di sicurezza) ad esse connessi, sono stati dismessi.

Proviamo a risalire indietro nel tempo e a capire dove si è originato il problema.

Era il 2006 (un’era fa in termini di tecnologia e prezzi della connettività) quando il CNIPA assegnò la gara per i servizi di connettività e sicurezza del Sistema Pubblico di Connettività (SPC), l’infrastruttura di rete d’avanguardia appena varata.
Qualche tempo dopo, nel 2008, il Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca pensò allora di utilizzare i contratti vantaggiosi (per l’epoca) strappati dal CNIPA al raggruppamento temporaneo di impresa che si era aggiudicato la gara, per sostituire quelli – in scadenza – di qualche migliaio di scuole che per vari motivi (bandi, accordi e progetti vari stratificatisi negli anni…) erano a completo carico della Direzione generale per gli studi la statistica e i sistemi informativi del medesimo Ministero.

Si trattava di circa la metà del totale delle scuole italiane. Le altre che, per volontà o necessità, avevano invece stipulato un proprio contratto di connettività con un operatore di mercato, restarono fuori dall’accordo e continuarono a pagarsi la banda con i fondi ordinari di funzionamento (trasferimenti dal MIUR) o con fondi propri (non sono rari i casi in cui sono stati chiesti contributi alle famiglie per progetti speciali).

Dunque sono più di 4 anni che il MIUR sta pagando la connessione a 3800 scuole (il numero lo scopriamo nella già citata circolare del 12 settembre) per un costo complessivo di circa sei milioni di euro. Si tratta, insomma, di circa 400 euro l’anno per ogni scuola. È evidente come, in tempi di riduzione dei costi superflui, al ministero si siano fatti due conti ed abbiano ritenuto che, confrontando gli attuali prezzi di mercato per un servizio di collegamento ad internet, il collegamento alla rete fosse un costo assolutamente sopportabile per qualunque istituto scolastico, ma, viceversa, assolutamente sproporzionato se accentrato a carico di un unico soggetto pagante.

In linea teorica niente di strano quindi, se non fosse che proprio in questi giorni il ministro Profumo ha siglato un accordo con le Regioni per l’avvio del progetto scuola 2.0 che prevede un’iniezione di tecnologia in dotazione agli istituti scolastici di tutto il Paese.
Proprio per questo sono scattate le proteste dei sindacati dei lavoratori del comparto dei lavoratori della conoscenza e degli studenti che mettono in luce come la tecnologia senza rete sia ormai roba inutile se non addirittura un dannoso sperpero di denaro pubblico e come nella circolare non si faccia alcun riferimento a qualche tipo di finanziamento da parte del MIUR per aiutare gli istituti a ripristinare un nuovo collegamento.

La risposta del MIUR non si è fatta attendere ed Emanuele Fidora, responsabile della Direzione generale per gli studi la statistica e i sistemi informativi – ha così motivato al Giornale le decisioni della sua amministrazione: “Abbiamo raddoppiato il fondo di funzionamento, quello che il ministero passa alle scuole per la gestione ordinaria, ed è aumentato di 40 milioni di euro”. Fedora ha così fatto capire che con quei soldi aggiuntivi ogni istituto potrà ripristinare il collegamento alla rete siglando un contratto con un operatore di mercato ed ha aggiunto che, per evitare situazioni di digital divide geografico, “Le scuole che avranno bisogno della tecnologia satellitare per connettersi in rete (notoriamente più costosa ndr) avranno il sostegno del MIUR che spenderà ben 300 euro al mese per sovvenzionarle”.

Analizzando storia, cause e motivazioni, non ci sembra dopotutto un grosso scandalo.
Il grande nodo e la grande questione irrisolta resta, invece, come mai un servizio come SPC su cui si sono indirizzati gli sforzi congiunti dei migliori esperti di tecnologia, manager, e politici del nostro Paese per oltre un lustro e che avrebbe dovuto essere un sostegno ed un risparmio per le amministrazioni pubbliche, sia diventato, col passare del tempo, un sistema sempre meno conveniente tanto da spingere un ministero a scegliere di poterne fare a meno.

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