PDND e interoperabilità dei dati: dagli strumenti al metodo. La sfida della data governance nella PA locale
I dati pubblici possono produrre valore migliorando i servizi esistenti e creandone di innovativi, ma devono dialogare tra loro. Le piattaforme e le normative ci sono, ora serve la data governance. Luigi Zanella (Deda Next): “L’interoperabilità è un fattore abilitante di efficienza, trasparenza e collaborazione. Gli Enti possono sfruttare la PDND per semplificare e velocizzare i procedimenti e valorizzare il proprio patrimonio informativo”. Aniello Conte (Deda Next): “Supportiamo con strumenti semplici gli Enti nell’attuazione del principio once-only e nell’accrescimento della cultura del dato”
7 Novembre 2025
Patrizia Licata
Giornalista

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L’interoperabilità rappresenta una delle sfide decisive per la trasformazione digitale della pubblica amministrazione. La Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND), che abilita l’interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi dati delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici, sta accelerando il cambiamento: quasi tutti gli Enti locali – oltre 7.300 Comuni – hanno aderito alla PDND, in molti casi grazie ai fondi del PNRR. Tuttavia, non è ancora vera “trasformazione”, perché, per esempio, solo 2.500 Comuni hanno pubblicato più di un servizio e appena 1.000 più di due. Anche la fruizione dei dati non è decollata: se 6.300 Comuni italiani utilizzano SEND, strumento obbligatorio per i contratti pubblici, soltanto un migliaio accede ai servizi ANPR e appena 73 utilizzano quelli per la comunicazione dell’ISEE. Ancora più rari sono i casi di integrazione tra Comuni o con i servizi regionali.
Per realizzare l’interoperabilità, infatti, non bastano le piattaforme: occorre la cultura della data governance. Come evidenzia Luigi Zanella, Head of Business Innovation and Development di Deda Next: “Dobbiamo supportare i Comuni per far maturare la loro capacità di riconoscere il valore dei loro dati e dello scambio con soggetti terzi. Non è solo una questione tecnologica ma culturale, perché l’integrazione dei dati entra nei processi e, di conseguenza, modifica, semplificandolo, il modello operativo dell’Ente e il modo di lavorare delle persone”.
La data governance come leva di innovazione per la PA
Rafforzare la data governance, per un Ente, significa conoscere e organizzare i propri dati, catalogarli, definire come mantenerli aggiornati e condividerli adottando gli standard disponibili. Questo permette di ottenere risultati tangibili dall’interoperabilità.
“In molti casi le difficoltà delle PA non derivano dalla mancanza di tecnologia, ma da una limitata consapevolezza organizzativa su dove si trovino i dati, chi li gestisca o ne sia il proprietario e di come possano essere valorizzati”, ribadisce Zanella. “È su questo terreno che si gioca gran parte del successo dei progetti di interoperabilità: non solo infrastrutture, ma anche sviluppo delle competenze e buone prassi replicabili”.
Interoperabilità nella PA: più opportunità dalle normative
L’evoluzione normativa sta, però, continuando ad aprire nuove opportunità. Le nuove Linee Guida sull’interoperabilità pubblicate da AgID nel giugno del 2025 hanno armonizzato la nomenclatura degli e-services e introdotto la possibilità di creare template di e-service riutilizzabili, favorendo così la standardizzazione e la diffusione delle buone pratiche.
Più di recente è arrivato da AgID anche l’aggiornamento 2026 del Piano Triennale per l’Informatica nella PA, che individua nella standardizzazione dei dati e dei processi il principale motore dell’efficienza digitale.
È la standardizzazione, infatti, la vera base dell’interoperabilità e, quindi, del riuso dei dati. Zanella sottolinea che, “tra i 10mila servizi pubblicati dai Comuni, si contano oltre 1.700 tipologie diverse, ma molte di queste sono repliche dello stesso servizio con nomi differenti. La mancanza di standardizzazione nel modo in cui le API vengono pubblicate riduce il riuso e rallenta la realizzazione dell’interoperabilità”. “Strumenti come il Catalogo Nazionale Dati sono fondamentali in questo percorso, ma al momento copre solo parzialmente le esigenze dei Comuni”.
La standardizzazione e i modelli dei casi d’uso
Dove manca la standardizzazione mancano agli Enti anche dei modelli di casi d’uso di integrazione con i servizi della PDND. “Un catalogo nazionale di casi d’uso accelererebbe la diffusione delle buone pratiche di interoperabilità”, evidenzia Zanella.
D’altro canto, la PDND sta comunque svolgendo un ruolo positivo, facendo emergere nei Comuni la necessità di aumentare l’attenzione e le competenze sulla gestione e valorizzazione dei dati.
“Questo è il primo passo verso un approccio più maturo e strutturato”, secondo Zanella. “L’interoperabilità è un fattore abilitante di efficienza, trasparenza e collaborazione. Gli Enti possono sfruttare la PDND per semplificare procedimenti, migliorare la qualità dei servizi e rendere più efficace la gestione del proprio patrimonio informativo”.
Strumenti per agire subito: il Navigatore PDND e il Data Catalogue di CiviliaNext
Se è vero che mancano ancora molti standard per sistematizzare l’interoperabilità, questo non significa che il vastissimo patrimonio informativo già disponibile sulla PDND non sia utile e valorizzabile.
Proprio a questo scopo è nato il Navigatore PDND di CiviliaNext (il gestionale SaaS di Deda Next), uno strumento autonomo rispetto alla suite gestionale e quindi adottabile da tutti, che consente la consultazione dei dati esposti sulla piattaforma nazionale. Permette di superare i limiti di approcci che ostacolano l’interoperabilità nella PA e funge da acceleratore dell’attuazione del principio once-only, con un impatto positivo sull’erogazione dei servizi a cittadini e imprese.
“È uno degli strumenti più apprezzati dai nostri clienti”, sottolinea Aniello Conte, Market Line Manager Smart Cities di Deda Next “perché dà accesso diretto ai dati certi e certificati catalogati sulla PDND”. Seppure abiliti un’interoperabilità “solo” umana, il suo impatto è concretissimo per chi lavora nei Comuni. “Basti pensare a cosa significa poter accedere, per esempio, ai dati ISEE di un cittadino direttamente attraverso l’e-service esposto da INPS, anziché dover richiedere le informazioni all’utente finale”, aggiunge Conte, “oppure poter verificare in pochi click l’esistenza in vita di un individuo, ora che il servizio tradizionalmente usato dai Comuni è stato dismesso”.
“Parallelamente, stiamo comunque integrando sempre di più anche la consultazione dei dati PDND direttamente all’interno dei nostri moduli verticali di CiviliaNext, ovvero nei processi degli Enti”, commenta ancora Conte. “Così moltissimi Comuni hanno già in mano uno strumento di interoperabilità vera, che produce impatti positivi concreti alleggerendo l’operatività”.
Il percorso di accrescimento della cultura del dato e della data governance negli Enti locali non si ferma qui: il Data Catalogue, modulo trasversale della suite CiviliaNext, è pensato per fornire uno strumento semplice e concreto ai Comuni.
“Supporta gli Enti nella gestione e valorizzazione del proprio patrimonio informativo. Consente di catalogare dati provenienti da fonti diverse, anche esterne all’Ente, e gestirli in modo centralizzato, sicuro e controllato”, indica Aniello Conte. “È un hub unico multi-dominio per la raccolta, la catalogazione e la pubblicazione dei dati secondo standard aperti, che abilita l’interoperabilità interna ed esterna”.
“A proposito di buone pratiche, i nostri clienti lo stanno già utilizzando in molti contesti diversi: per centralizzare in un unico punto l’esposizione delle API verso la PDND, per l’esposizione di open data, per monitorare dati da sensori installati nelle città”, racconta Conte. “La Città metropolitana di Milano, di recente, lo ha utilizzato per ottenere dei cruscotti interoperabili che gli consentono di monitorare l’organico, individuare fabbisogni e tendenze e trasformare i dati in leve di pianificazione strategica delle risorse umane”.
Verso il post-PNRR: interoperabilità e innovazione
Il percorso di digitalizzazione delle PA non si fermerà, infatti, con la fine del PNRR. E anche l’attuazione dell’interoperabilità proseguirà, grazie alle nuove Linee Guida AgID, alla maturità crescente delle piattaforme nazionali e alla disponibilità di strumenti dedicati, che aiutano gli Enti a formare la loro data awareness e a trasformare i dati da semplice informazione amministrativa a leva strategica per il miglioramento dei servizi e delle politiche locali.
L’interoperabilità e l’integrazione dei dati hanno anche effetti di ampia portata economico-sociale: possiamo pensare, per esempio, alla combinazione dei dati della protezione civile con quelli sulle politiche di mitigazione del cambiamento climatico e della salute dei cittadini. Interazioni di questo tipo permettono di affrontare e risolvere problemi attuali, generando casi d’uso che le PA possono condividere e moltiplicando i benefici, dai risparmi sui costi al miglioramento della qualità della vita delle persone.
“Il PNRR ha impresso la spinta iniziale, ma ciò che resterà sarà ciò che produce un impatto reale – conclude Zanella -: semplificare i processi, migliorare l’efficienza e rendere la vita dei cittadini più semplice. L’interoperabilità è il ponte verso questa nuova PA”.
Deda Next affronterà il tema dell’interoperabilità al suo stand durante la sua partecipazione alla 42ma Assemblea Annuale ANCI, a BolognaFiere, dal 12 al 14 novembre 2025.