Quale e-Inclusion per i detenuti?

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Crescono le esperienze di presenza sul web delle realtà carcerarie: esperimenti di networking tra il dentro e il fuori gridano un’esigenza di socialità e visibilità che l’amministrazione non può ignorare, se è vero che scrivere, lavorare, giocare, interrogarsi, conoscere vuol dire non morire. Vuol dire in una certa misura essere liberi. Lasciare aperta la categoria della possibilità. (E.Patrono, Responsabile Redazione ilDue) Ma come declinare il diritto alla e-inclusion del detenuto, nell’anno di e-Inclusion 2008?  Partiamo dalla riflessione sull’inclusione e l’integrazione tout-court. Che, nei nuovi paradigmi di giustizia, riguarda il detenuto ma anche la società. Il discorso si fa più ampio e complesso.

6 Febbraio 2008

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Chiara Buongiovanni

Articolo FPA

Crescono le esperienze di presenza sul web delle realtà carcerarie: esperimenti di networking tra il dentro e il fuori gridano un’esigenza di socialità e visibilità che l’amministrazione non può ignorare, se è vero che scrivere, lavorare, giocare, interrogarsi, conoscere vuol dire non morire. Vuol dire in una certa misura essere liberi. Lasciare aperta la categoria della possibilità. (E.Patrono, Responsabile Redazione ilDue) Ma come declinare il diritto alla e-inclusion del detenuto, nell’anno di e-Inclusion 2008?  Partiamo dalla riflessione sull’inclusione e l’integrazione tout-court. Che, nei nuovi paradigmi di giustizia, riguarda il detenuto ma anche la società. Il discorso si fa più ampio e complesso.


Carcere: questioni di diritto per la PA
Parlar di carcere non è facile. Da un lato il dibattito giuridico, che parte dal moderno principio costituzionale per cuile pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato (art. 27); dall’altro l’urgenza sociale che rimbomba dalla barbarie dei fatti chi si consumano violenti e tragici negli istituti penitenziari, per quel (e quando) ci è dato sapere. Partiamo dalle persone, senza la retorica dello scandalo e senza la presunzione di cogliere in toto la complessità ontologica della questione, avendo a mente che le categorie di persone detenute sono tra loro diversissime per genere, età, storia. Partiamo con il citare, per responsabilità umana e di cronaca, il dato agghiacciante dei 1.215 detenuti morti tra il 2000 e il 2007 nelle carceri italiane, di cui oltre un terzo suicidi, campanello d’allarme di una catena di disfunzioni che portano, a ritroso, a un principio di giustizia da più parti messo sotto inchiesta. Ci soffermiamo sui 48.693 detenuti nei 205 Istituti tra case di reclusione, case circondariali e istituti per le misure di sicurezza in Italia che, per inciso, ne potrebbero accogliere 43.213. (fonte: Ministero della Giustizia al 31 dicembre 2007) Ci soffermiamo sul loro essere detenuti temporaneamente e uomini e donne in stato permanente e sulla – sempre più avvertita – esigenza di re-integrazione e riconciliazione tra individuo e società, in relazione reciproca, secondo un più lungimirante principio di giustizia che da riparativa divengadistributiva. Ci soffermiamo sul diritto all’inclusione sociale in un società dell’informazione dal respiro comunitario che si propone sempre più attenta alle esigenze dei potenziali esclusi. Apriamo a questo punto una finestra sul ruolo della Pubblica Amministrazione. Perché, anche se spesso e apparentemente dimenticato, l’amministrazione penitenziaria è affare della PA.

L’e-inclusion dei detenuti
Parlare di e-inclusion dei detenuti è assolutamente pertinente in una congiuntura quale l’attuale che vede da un lato l’impegno dichiarato dell’UE contro ogni forma di esclusione dalla Società dell’Informazione attraverso l’iniziativa e-Inclusion 2008, dall’altro un dibattito aperto sulla visione stessa della detenzione e della sua funzione. In particolare l’e-Inclusion diventa pertinente e decisamente agevolante di un processo di riforma che muova da una giustizia riparativa verso una giustizia distributiva, come ben illustrato da Cafiero e Trecci in Riparazione e giustizia riparativa: il servizio sociale nel sistema penale e penitenziario, edito nel 2007 da Franco Angeli. Questo modello di giustizia (ndr: giustizia distributiva), che da alcuni anni si è affacciato nel dibattito sul crimine e sulla pena, è un modello in base al quale l’obiettivo dei sistemi di giustizia dovrebbe essere quello di permettere, ove possibile, una ricomposizione del legame tra reo e vittima e tra reo e società attraverso percorsi di responsabilizzazione del reo e di ravvicinamento tra autore e vittima del reato.(…) Il percorso di inserimento contempla sia l’aspetto soggettivo che quello sociale. In questa ottica la stessa società diviene un soggetto della re-integrazione, in un percorso che si auspica evidentemente bidirezionale. Quale sarà il ruolo delle ICica nazionale, interpretazioni più o meno creative ed estensive partono dai singoli istituti penitenziari, attraverso esperienze di presenze sul web ed esperimenti di networking tra il dentro e il fuori.

Esperienze già on line

  • Neonato è il Progetto Bollate on line, on line da ottobre con l’intento di aprire le porte dell’istituto milanese, portando davanti agli occhi di tutti una realtà che spesso non si conosce. Il direttore dell’istituto penitenziario, Lucia Castellano spiega come il primo obiettivo è stato quello di fare conoscere il carcere all’esterno rendendolo così accessibile a tutti. La gente si interroga sempre di più sul senso del carcere, sulla certezza della pena, ma pochi sanno esattamente cosa si fa dentro a un carcere, quale è la qualità della pena. Abbiamo voluto mostrare all’esterno quale è il tipo di pena che viene erogata all’interno del carcere di Bollate. E’ importante essere conosciuti all’esterno anche per la professionalità di chi lavora nel carcere ed è importante che le aziende, che decidono di dare lavoro ai detenuti che escono dal carcere a fine pena, ci conoscano.
  • Nell’istituto milanese di San Vittore nasce il Net Magazine ildue.it ,uno spazio telematico che nella sua dichiarazione d’intenti è un’affermazione di libertà, in via ideale; ma anche sostanziale, perché i detenuti di San Vittore parlano virtualmente a tutto il mondo. Provvisto di di una "Zona franca" di dibattito, di un forum, newsletter e articoli, il progetto redazionale coinvolge direttamente i detenuti, che curano il sito e la vendita on line di alcuni prodotti creati all’interno del carcere.
  • Le detenute, i detenuti e gli operatori volontari curano il sito ristretti.it, pagine di cultura e informazione dalla Casa di Reclusione di Padova e dall’Istituto di Pena Femminile della Giudecca, al cui interno si promuovo e raccolgono riflessioni, studi e ricerche sulle tematiche della carcerazione femminile e non solo.
  • Nel 2001 a Rebibbia, Roma nasce l’associazione culturale Papillon come sviluppo dell’attività di un gruppo di detenuti nella biblioteca centrale di Rebibbia. Il presidente Vittorio Antonini spiega come si riteneva possibile e necessario fare in modo che i detenuti gestissero direttamente una serie di attività culturali e "rivendicative" che nel loro insieme dovevano costituire un ideale ponte verso quei milioni di cittadini che conoscono poco e male la drammatica realtà delle galere. Questo a partire dalla riflessione che il carcere, umiliando i corpi e azzerando quasi del tutto le relazioni sociali fondamentali di ogni persona ha la pretesa di "piegare" anche il linguaggio dei detenuti.
  • Dentroefuori.org, primo blog scritto da persone attualmente detenute, nasce dalla collaborazione dei giornalisti de Il Contesto con La Casa Circondariale Lo Russo e Cotugno di Torino. Attraverso un sistema che tenga conto della restrizione sull’uso di internet nelle carceri, i detenuti possono dialogare con i visitatori del sito internet. Ogni settimana i giornalisti de Il Contesto si recano nella sezione Prometeo per consegnare i messaggi lasciati dai visitatori di www.dentroefuori.org, stampati su carta e per ritirare i testi scritti dai detenuti. Questi testi, controllati dall’amministrazione carceraria secondo le norme in vigore, vengono copiati e pubblicati sul sito. 
  • Particolare è l’esperienza on line dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa, costruito da operatori e ricoverati, per non parlare solo di cancelli, di follia, né di sofferenza, che pure ci sono.

Questioni aperte
L’e-inclusion per i detenuti da un lato presuppone un approccio ben inquadrato in quelli che sono i limiti e le finalità, dall’altro va assolutamente inserita nel tema più ampio della riforma del sistema penitenziario, che – nella premessa di Luigia Mariotti Culla, Direttore ISSP – evidenzia una problematica complessa, che va collocata ed analizzata nel contesto del profondo mutamento che ha interessato il tessuto sociale del nostro paese negli ultimi decenni, con la consapevolezza che l’adozione del provvedimento di indulto abbia risposto solo temporaneamente a una situazione di emergenza che si sta rapidamente ripresentando nella sua gravità. E’ con lei che approfondiamo questioni e implicazioni della prospettiva di e-inclusion per i detenuti.

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