Dal dirigente “custode” al manager: perché la PA non si può permettere di ignorare i risultati

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Le modalità di selezione del personale ripercorrono logiche tradizionali puntando pressoché esclusivamente su conoscenze di tipo giuridico-amministrative, certamente necessarie ma probabilmente non più sufficienti ad assicurare una capacità di lettura dei sistemi esterni di riferimento

14 Aprile 2016

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Fabrizio Cobis, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca

Nel precedente intervento abbiamo illustrato l’azione che sta svolgendo il MIUR attraverso l’utilizzo di uno strumento innovativo quale il Pre-Commercial Procurement per le attività di Ricerca&Sviluppo. La realizzazione di tale azione e la particolare rilevanza che la caratterizza, ci dà ora lo spunto per svolgere una riflessione di più ampio raggio sull’impatto che ne deriva sull’attività della Pubblica Amministrazione appaltante e sulle nuove caratteristiche che la stessa PA è chiamata ad assumere.

Appare evidente, infatti, come uno strumento quale il Pre-Commercial Procurement si differenzi notevolmente da ogni altro strumento di selezione e finanziamento di progetti, quali ad esempio appalti pubblici, bandi aperti, ecc.

Il Pre-Commercial Procurement richiede, accanto alla specifica conoscenza delle regole particolari, nazionali e europee che lo caratterizzano, anche modalità nuove per la relativa strutturazione e gestione, che vanno dalla conoscenza dei fabbisogni di innovazione che si intendono soddisfare, alle modalità di individuazione degli stessi, dalla capacità di coinvolgimento e di ascolto del mercato e dei beneficiari finali, alla definizione puntuale delle specifiche tecniche dei capitolati di gara.

Il tutto poi inserito in una capacità di visione e di analisi di sistema che sappia guardare oltre il mero risultato progettuale da raggiungere, dovendosi spingere alla costante attenzione alle ricadute e all’impatto che, in un tempo anche lungo, tale intervento deve essere in grado di produrre.

In sintesi, un utilizzo efficace dello strumento del Pre-Commercial Procurement esige, all’interno della PA appaltante, una capacità di visione sistemica e di governo efficace dei processi; elementi che tuttavia risultano non sempre presenti nelle risorse di cui una PA attualmente dispone.

Una tale considerazione rimanda evidentemente l’attenzione ad alcune specifiche criticità che, generalmente parlando, sembrano ancora irrisolte nel mondo della PA: solo per citarne alcune, ci sembra di poter dire che da un lato esista un problema relativo alle modalità di selezione e di aggiornamento formativo del personale pubblico, dall’altro gli strumenti normativi e procedurali attraverso i quali la PA svolge la sua azione (la cd. “cassetta degli attrezzi”) stentano a rinnovarsi rimanendo più o meno immutabili nel tempo.

Sul primo versante, c’è da dire che troppo spesso le modalità di selezione del personale, sia di livello dirigenziale che non, ripercorrono logiche tradizionali puntando pressoché esclusivamente su conoscenze di tipo giuridico-amministrative, certamente necessarie ma probabilmente non più sufficienti ad assicurare una capacità di lettura dei sistemi esterni di riferimento, e conseguente capacità di individuare e attuare soluzioni che sappiano adattarsi ad un mondo che cambia assai più velocemente che in passato.

Anche i vari momenti di aggiornamento professionale che le varie PA realizzano sembrano somigliare più ad adempimenti da soddisfare nel rispetto delle leggi vigenti, che ad azioni di sostanza tese a consentire al singolo dipendente di sentirsi parte attiva di un cambiamento cui ogni PA deve saper contribuire.

Per quanto riguarda poi gli strumenti che la PA utilizza, è ricorrente l’impressione che si stia attingendo sempre alla stessa “cassetta degli attrezzi” in uso da decenni, sia come interventi, sia come norme, sia come procedure amministrative.

Sembra quasi che la PA fatichi a rendersi conto di come e quanto il mondo esterno corra e cambi continuamente, rimanendo volutamente imprigionata in una “bolla impermeabile”, preoccupata solo di rispettare le norme esistenti (aspetto, ovviamente, doveroso) senza domandarsi nulla in tema di efficacia e di efficienza dell’azione posta in essere, secondo la logica del “si è sempre fatto così’” che ancora troppo spesso risuona lungo gli austeri corridoi ministeriali.

E’ evidente dunque che il lancio di iniziative quali il Pre-Commercial Procurement per la R&S rappresenta un segnale di svolta nella tradizionale azione di una PA, che riconosce l’esigenze di dare risposte nuove a problematiche antiche, archiviando attrezzi desueti e non più efficaci, e che prova ad esplorare sentieri nuovi e più idonei a rispondere alle domande nuove che il sistema cui facciamo riferimento ci pone quotidianamente.

Ma tutto ciò rischia di rimanere una buona intenzione e nulla più se non sarà sempre maggiormente accompagnata da una azione volta a rivedere culturalmente la struttura organizzativa di una PA, le competenze delle risorse disponibili, se non si riuscirà a passare dalla figura del dirigente “custode” di una procedura amministrativa, a figure di taglio più manageriale, che accanto alla cultura dell’adempimento, sappiano associare la cultura del risultato, la capacità di leggere i fenomeni cui il proprio ruolo fa riferimento, che sappiano governare processi complessi combinando legalità, trasparenza, efficacia e efficienza della propria azione.

Il MIUR, nel lancio degli interventi di Pre-Commercial Procurement, ha avuto piena consapevolezza di ciò e per questo ha deciso di avvalersi di AgID, per avere quel contributo in termini di conoscenze nuove e di esperienza, senza i quali sarebbe stato difficile concepire e attuare efficacemente un simile intervento. Ma è chiaro che tale soluzione, pur condivisibile nell’immediato, non può rappresentare la scelta definitiva di una PA che dovrà, invece, sempre di più impegnarsi per migliorare al proprio interno, facendo crescere nuove leve di personale, con competenze nuove e motivazioni migliori.

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