La giustizia è un servizio. Un percorso di valutazione civica in nove Tribunali d’Italia

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“Il 15 settembre 2011, per la prima volta, i cittadini italiani sono entrati in tribunale per valutare la qualità del servizio e per condividere possibili azioni e interventi di miglioramento direttamente con il Presidente, il dirigente amministrativo, i magistrati e gli operatori quotidianamente coinvolti nella gestione delle attività”. Il percorso di valutazione civica del servizio giustizia, progetto coordinato da Cittadinanzattiva, mette in chiaro che la giustizia è un servizio, alla cui qualità i cittadini possono concorrere in qualità di co-valutatori e co-designer. Ma alla base del progetto non ci sono solo questioni di service management. “Il percorso – ci spiega Mimma Modica Alberti, Coordinatrice Nazionale Giustizia per i Diritti (GD) Cittadinanzattiva – nasce dalla convinzione che è necessario superare il perimetro tradizionale dello stato sociale, includendo nella sfera dell’approccio universalistico la giustizia e ridefinendo lo status dei cittadini come attori del welfare al fine di garantirne qualità e sostenibilità”

27 Febbraio 2012

“Il 15 settembre 2011, per la prima volta, i cittadini italiani sono entrati in tribunale per valutare la qualità del servizio e per condividere possibili azioni e interventi di miglioramento direttamente con il Presidente, il dirigente amministrativo, i magistrati e gli operatori quotidianamente coinvolti nella gestione delle attività”. Il percorso di valutazione civica del servizio giustizia, progetto coordinato da Cittadinanzattiva, mette in chiaro che la giustizia è un servizio, alla cui qualità i cittadini possono concorrere in qualità di co-valutatori e co-designer. Ma alla base del progetto non ci sono solo questioni di service management. “Il percorso – ci spiega Mimma Modica Alberti, Coordinatrice Nazionale Giustizia per i Diritti (GD) Cittadinanzattiva – nasce dalla convinzione che è necessario superare il perimetro tradizionale dello stato sociale, includendo nella sfera dell’approccio universalistico la giustizia e ridefinendo lo status dei cittadini come attori del welfare al fine di garantirne qualità e sostenibilità”

Il progetto di Cittadinanzattiva presenta dei caratteri fortemente innovativi, nella ratio ma anche negli strumenti e nelle procedure che mette in atto. Da poco conclusa la fase sperimentale, partita lo scorso settembre nei tribunali di Milano, Napoli, Taranto, Modena, Cagliari, Alessandria, Trieste, Lamezia, Enna, si lavora all’elaborazione del report finale, di prossima uscita. Abbiamo chiesto a Mimma Modica Alberti di aiutarci a comprendere meglio le innovazioni di processo e di policy che questo progetto mette in campo nel management complessivo del “servizio giustizia”.

Quale è la grande novità del progetto “percorso di valutazione civica del servizio giustizia”, ideato e realizzato da Cittadinanzattiva?
Per la prima volta nella storia del nostro Paese, a partire dal Il 15 settembre 2011 i cittadini sono entrati in 9 Tribunali non perché parti in causa o testimoni nei processi, ma per valutare la qualità del servizio – sulla base di dati e informazioni raccolti e elaborati secondo metodi predefiniti e scientificamente validi e rigorosi – e per condividere possibili azioni e interventi di miglioramento direttamente con chi esercita un ruolo di responsabilità e di governo del Tribunale, ovvero il Presidente e il dirigente amministrativo insieme ai magistrati e agli operatori quotidianamente coinvolti nella gestione delle attività. Parte in causa altrettanto importante è il Ministero della Giustizia. L’obiettivo civico è stato ed è modificare la realtà con il concorso degli attori.

Quale è lo stato dell’arte della sperimentazione?
E’ quasi completata la fase di restituzione dei dati e dei risultati dell’analisi comparativa nonché la fase di confronto sulle proposte di miglioramento avanzate dai cittadini che hanno realizzato la valutazione a livello locale. Ciascun livello locale di Cittadinanzattiva, d’intesa con i Presidenti dei Tribunali, con i referenti dell’ANM e dell’Associazione Dirigenti, deciderà sulle modalità dei rendicontazione pubblica dei risultati. E’ in corso di stesura il Rapporto finale nazionale che verrà reso pubblico.

Come si attiva un percorso di valutazione civica del servizio giustizia?
La raccolta dei dati è frutto dell’impegno dei dirigenti e degli aderenti locali di Giustizia per i Diritti-Cittadinanzattiva, d’intesa con le segreterie regionali. Il percorso di valutazione è quindi, sempre, un percorso di partecipazione di cittadini attivi e non una mera attività tecnica di rilevazione dati. Altri due elementi sono importanti per l’intero processo di valutazione del servizio giustizia: il primo è la disponibilità, l’interesse e l’apertura dei magistrati, dei rappresentanti distrettuali dell’ANM, dei Presidenti dei tribunali e dei dirigenti della giustizia; il secondo è la condivisione delle proposte di miglioramento. Infine, la valutazione civica dei tribunali civili è stata avviata grazie al supporto tecnico – metodologico, all’impostazione e alla gestione del processo di valutazione da parte dell’Agenzia di Valutazione civica di Cittadinanzattiva.

Quali sono e come sono stati identificati aree di valutazione e indicatori presi in considerazione?
Punto di partenza è stata la “Carta dei diritti del cittadino nella giustizia” proclamata da Giustizia per i Diritti nel 2001, che enuncia i Diritti fondamentali inerenti al rapporto dei cittadini con il servizio giustizia ed i suoi operatori: informazione, rispetto, accesso, strutture adeguate, partecipazione, processo celere, qualità. Coerentemente con i diritti sanciti nella Carta, sono stati selezionati i seguenti fattori di valutazione: Informazione e comunicazione, Accesso, Rispetto, Volumi di attività, risorse e durata dei procedimenti, Qualità e processi di miglioramento, Partecipazione. Tali fattori sono stati poi raggruppati in tre componenti, quali dimensioni più ampie che individuano ambiti di attenzione ai diritti: l’orientamento ai cittadini, l’impegno nel promuovere la qualità dei servizio e il coinvolgimento dei cittadini. Per ogni fattore di valutazione sono stati individuati specifici elementi (indicatori).

Come si elaborano i risultati?
Si è proceduto ad un doppio livello di elaborazione: locale e comparativo. A livello locale, prima è stato assegnato a ciascun indicatore, a seconda del numero delle risposte, un valore da 0 a 100 distribuito su una scala; poi, a ciascun fattore di qualità è stato assegnato un punteggio di sintesi ottenuto con una media aritmetica. In questo modo, a livello locale è possibile scendere nel dettaglio del punteggio attribuito fino agli indicatori che lo hanno determinato. E’ da precisare che, essendo questo un progetto pilota, gli indicatori non sono stati “pesati” in modo differente. A livello comparativo, si è proceduto a raffrontare i dati emersi nei nove tribunali sotto forma di benchmarking, per cui ciascun Tribunale può vedere rispetto a ciascun fattore il proprio punteggio assoluto e quanto si discosta dalla media dei punteggi relativa agli altri tribunali, in anonimo. I dati sono presentati in modo semplice e diretto, con grafici e tabelle, per una lettura immediata e facilmente accessibile

Come vengono usati i risultati finali?
Le proposte di miglioramento, avanzate dai cittadini che hanno realizzato la valutazione a livello locale, completano il processo di valutazione e sono presentate e discusse con il Presidente del Tribunale, il dirigente amministrativo e tutti gli interlocutori che hanno preso parte al processo. I risultati della valutazione civica e il piano di miglioramento di ciascun tribunale vengono resi pubblici secondo modalità definite e condivise in loco.

Lei ritiene che, a regime, la valutazione civica del servizio giustizia possa avere un effetto reale sul policy making e sul design dei servizi?
Assolutamente si. I cittadini sino ad oggi non sono stati considerati una risorsa per contribuire a migliorare la qualità del servizio giustizia e non hanno avuto sinora la possibilità di confrontarsi su aspetti di policy making o di progettazione del servizio. Questa prima sperimentazione quindi può consentire di vedere finalmente il cittadino come uno degli attori in grado di contribuire a individuare priorità e azioni di miglioramento e, dove ci sono, le criticità ma anche in grado di valorizzare e riconoscere le esperienze positive. L’importante è attivare un dialogo permanente e un confronto sulla base di dati oggettivamente rilevati e analisi condivise.

Come si collegano le attività e l’obiettivo di questo progetto alla visione di cittadinanza attiva che vede i cittadini come co-produttori di valore pubblico per l’interesse generale?
Faccio una piccola premessa. Per cittadinanza attiva intendiamo la capacità dei cittadini di organizzarsi, di mobilitare in modo autonomo risorse umane, tecniche e finanziarie, e di agire nelle politiche pubbliche, con modalità e strategie differenziate, per tutelare diritti e prendersi cura dei beni comuni. Questa concezione enfatizza l’esercizio di poteri e di responsabilità del cittadino nel fronteggiare i problemi della vita pubblica che lo riguardano direttamente. In altri termini, i cittadini organizzati si propongono come un attore della politica: la loro presenza ha a che fare con il governo della società e con l’interesse generale, e non solo con la soluzione di singoli problemi o con la mera espressione di difesa di interessi privati. Le organizzazioni civiche, quindi, agiscono per rendere i cittadini protagonisti della tutela dei loro diritti e della cura dei beni comuni, in un ruolo non alternativo ma concorrente a quello delle istituzioni democratiche. E nel perimetro dei beni comuni va, ad avviso di Cittadinanzattiva, inserito a pieno titolo “il diritto alla giustizia”, secondo le fondamentali definizioni di cui agli artt. 24 e 111 della Costituzione e le ulteriori essenziali esplicitazioni sancite dalla Carta dei diritti del cittadino nella giustizia. Detto questo, osserviamo che purtroppo, nell’ultimo ventennio nel nostro Paese come in Europa, si assiste ad un ripensamento dei modelli di welfare tradizionali, fondati sulla centralità della pubblica amministrazione, sia sotto il profilo giuridico-istituzionale che sotto il profilo della erogazione e del finanziamento dei servizi. In questo contest occorre, per noi, promuovere un nuovo welfare, in cui riaffermare l’universalità dei diritti ed il ruolo delle politiche pubbliche nel definirne le regole ed allocare le risorse, valorizzando, contemporaneamente, il ruolo della società civile ed il coinvolgimento dei cittadini come soggetti attivi, propulsori di politiche sociali in un quadro di condivisione di responsabilità collettive. In conseguenza della emersione di bisogni nuovi e più sofisticati e, al contempo, alla permanenza di sacche di disagio sociale e di nuove povertà, appare necessario superare quindi il perimetro tradizionale dello stato sociale, includendo nella sfera dell’approccio universalistico anche la giustizia e ridefinendo lo status dei cittadini come attori del welfare al fine di garantirne qualità e sostenibilità.

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