L’inglese non è di casa al Ministero del Turismo, ieri come oggi

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Poco più di tre anni fa Francesco Rutelli fu protagonista di un video in lingua anglosassone che ha fatto epoca, ai giorni nostri un’iniziativa “itinerante” voluta dall’attuale ministro Michela Vittoria Brambilla si caratterizza per un macroscopico errore grammaticale nello slogan principale della campagna. Il tutto mentre il settore continua a scontare una crisi decennale, solo in parte frenata nell’ultimo anno. Un consiglio: anche se finanziati dalla comunità (quindi da noi) perché non correre ai ripari, ove necessario, con dei corsi ad hoc?

28 Giugno 2011

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Tiziano Marelli

Articolo FPA

In una società come l’attuale, dove non ci si stanca mai di sottolineare come l’immagine e la comunicazione ormai siano (quasi) tutto, quelle che si ostina a produrre il nostro Ministero del Turismo prestano sicuramente il fianco a molte interpretazioni, tra le quali difficilmente può venire in mente quella che dovrebbe risultare sovrana: di servizio.

La prima pietra, già di per sé rivelatasi quasi tombale, è quella che Francesco Rutelli pensò bene di mettere in rete con il virtuale ausilio del sito ufficiale di quel ministero, www.italia.it. Credo che nessuno possa scordarsi la sua incredibile performance – era l’inizio di marzo del 2007 – quando in meno di un minuto l’ex ministro del Governo Prodi riuscì a far sbellicare dalle risate tutti coloro che ebbero occasione di assistere, all’inizio attoniti e un po’ imbarazzati, ma con il passare dei secondi molto più “sciolti”, al suo “invito” a visitare il nostro Paese. Lo fece in un inglese che definire stentato è riduttivo: piuttosto era quasi maccheronico, improbabile e da scuola meno che primaria. Il filmato è subito diventato un cult, e chi se lo fosse perso è senz’altro invitato alla visione, bambini (che invece l’inglese è auspicabile lo imparino seriamente e il prima possibile) possibilmente accompagnati.

Di tempo da allora ne è passato, ma chi di Rutelli ha raccolto il testimone (si potrebbe dire: in veste di testimonial) ha pensato evidentemente bene di perseguirne il poco prestigioso tracciato. Dev’essere per questo che il ministro Michela Vittoria Brambilla, assurta ai vertici dello stesso scranno poco più di un anno fa, è inciampata anche lei, in verità poco fantasiosamente, ancora proprio sullo stesso ostacolo: l’inglese. Per farlo al meglio non si è accontentata di un semplice filmatino, no: ha impegnato uno staff mandandolo in viaggio un po’ ovunque in città importanti del continente. L’operazione – tutt’ora in pieno corso – consiste in una serie di automezzi che, arrivati sul posto, vengono “dispiegati” per fornire informazioni grazie a stand e all’omaggio – distribuiti da gentili hostess nostrane – di una serie di gadget che invitano a visitare il nostro Paese. Il problema è che lo slogan che compare su depliantt-shirt (stiamo anche noi abusando dell’inglese, ma speriamo di farlo nella maniera più corretta) è sbagliato. Per l’esattezza, recita così: Magic Italy in tour”, quando invece la dizione esatta finale dovrebbe essere on tour”. A poco è valsa la spiegazione – in verità per niente “magic” – data dalle fonti ufficiali dei ministero, che hanno parlato di“gioco di parole, un mix tra le due lingue”: quel tipo di giochi – quando si colgono in maniera chiara, di primo acchito – servono a far sorridere, mentre lo strafalcione fa ridere in maniera franca o, all’opposto, piangere e basta, e nel caso in questione non si capisce davvero dove si possa mai celare il divertente calambour (questo è francese, ma corretto lo stesso).

Visto che il viaggio promozionale on the road del ministero-vetrina del nostro turismo durerà fino alla fine di agosto, la speranza è che celeri creativi e rapidi stampatori abbiano nel frattempo già messo una robusta pezza alla figuraccia, senza frapporre troppo tempo nel mezzo: meglio ammettere gli sbagli e porvi al più presto rimedio, ché così ci si guadagna tutti.  Per qualsiasi possibile supporto riparatore, comunque, meglio non contare troppo su quello che può assicurare il sito ufficiale di cui sopra, visto che solo la settimana scorsa la classifica web lo piazzava al 4.562esimo posto tra quelli italiani, e ben al 184.594esimo fra quelli di tutto il pianeta: cifre che in fondo rassicurano quantomeno su un fortunato “contenimento” del danno. E pensare che la funzione dovrebbe essere del tutto opposta, cioè quella di raggiungere più turisti potenziali possibili per avviare una solida fase di loro ri-conquista, visto che dall’inizio del nuovo millennio il settore ha perso l’incredibile cifra di 90 milioni di notti/albergo – la fonte è Unionturismo – facendo segnare solo una timida ripresa nel 2010, comunque ancora non sufficiente per azzardare ipotesi di superamento di una crisi che per certi versi si è fatta drammatica.

Un’ultima cosa: perché non provare a pensare ad un corso d’inglese facilitato, ad uso e consumo di chi si deve occupare per professione di turismo e rapporti con l’estero, e non ne conosce quasi i fondamentali? Vado a colpo sicuro se azzardo che comunque lo finanzieremmo tutti noi, ma forse si tratterebbe di sacrificio utile e necessario, in termini di nostra immagine nel mondo. Una cosetta da nulla. Basic, tanto per capirci.

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