Con il coding a scuola si superano gli stereotipi

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L’82% della comunità di CodeMOOC è femminile; più di 4.000 maestre, professoresse e animatrici digitali stanno già collaborando con i propri alunni per applicare il pensiero computazionale alle materie più disparate. E’ difficile pensare che in questo contesto possano sopravvivere gli stereotipi di genere

17 Marzo 2016

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Alessandro Bogliolo, coordinatore Scuola di Scienze e Tecnologie dell'Informazione dell'Università di Urbino e coordinatore Europe Code Week

C’era una volta lo stereotipo del nerd, il ragazzino appassionato di computer che si isolava dal mondo e veniva deriso perché passava ore a fare cose complicate e noiose che nessun altro capiva. E c’era lo stereotipo della bambina che non avrebbe mai provato interesse per qualsiasi cosa potesse piacere a un maschio, figuriamoci a un nerd. Riconosciamo ancora quegli stereotipi nella scarsa diversità di genere che caratterizza a livello scolastico e lavorativo le discipline e le professioni tecnico-scientifiche (STEM), ma abbiamo finalmente trovato il modo di scardinarli alla base. Ci sono voluti anni e tante campagne di alfabetizzazione, ma quei tempi sono davvero passati. Non ce lo dicono le statistiche o i risultati di test attitudinali, ma l’effetto che produce il coding a scuola.

Il coding

Coding è un termine inglese che preferisco non tradurre per riempirlo del significato che ha assunto di fatto negli ultimi tre anni in Italia e nel mondo: utilizzo di metodi e strumenti intuitivi di programmazione visuale per sviluppare il pensiero computazionale. Per spiegare un termine ne ho introdotti altri che richiedono a loro volta una spiegazione. Il pensiero computazionale è la capacità di individuare un procedimento costruttivo, fatto di passi semplici e non ambigui, che ci porta alla soluzione di un problema complesso. La programmazione visuale ci permette di rappresentare un procedimento come concatenazione di blocchi colorati che ne rappresentano i passi elementari.

Le campagne di alfabetizzazione

Da anni esistono strumenti didattici di programmazione visuale intuitivi e divertenti che ci sfidano a risolvere schemi di gioco dando istruzioni ai personaggi che si muovono sullo schermo o ci consentono di creare nuovi giochi. L’effetto delle istruzioni che componiamo è immediatamente visibile e ci consente di imparare dalla nostra stessa esperienza commettendo e correggendo errori. Il più famoso è Scratch, sviluppato al MIT Media Lab, che offre milioni di progetti condivisi dagli utenti che chiunque può usare, aprire e modificare a piacimento. Dal 2013 Code.org ha adottato questa logica per creare strumenti a supporto di una massiccia campagna di alfabetizzazione chiamata Hour of code. Dal 2014 Programma il futuro mette a disposizione delle scuole italiane gli strumenti di Code.org. E ancora nel 2013 è stata lanciata la settimana europea del coding, Europe Code Week, che ha sempre visto l’Italia in testa a tutte le classifiche di partecipazione grazie al coinvolgimento delle scuole.

CodeMOOC

Ma quello che sta succedendo in questi mesi non ha precedenti e ho il privilegio di esserne testimone diretto attraverso il corso online Coding in your classroom, now! Si tratta di un corso erogato in modalità aperta e massiva attraverso la piattaforma sperimentale EMMA, aggregatore di MOOC. Il corso si rivolge agli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado e non presuppone alcuna competenza informatica. Lo scopo del corso è proprio quello di aiutare gli insegnanti a trovare il proprio modo per introdurre il pensiero computazionale in classe, senza forzature e senza schemi. I materiali didattici vengono prodotti in diretta e restano disponibili per la fruizione on demand. Agli insegnanti vengono assegnati compiti che devono svolgere coinvolgendo le classi. In questo modo si creano due comunità di apprendimento, una di insegnanti e una più ampia di alunni. L’eccezionalità del corso sta proprio nella natura e nelle dimensioni di queste due comunità. Gli insegnanti iscritti sono attualmente più di 5.500, i ragazzi coinvolti più di 100.000. Il 66% degli insegnanti iscritti non aveva alcuna competenza informatica al momento dell’iscrizione e solo il 41% di loro insegna discipline scientifiche. I livelli scolastici rappresentati vanno dalla scuola dell’infanzia all’università. Tutti condividono lo stesso percorso di acquisizione dei principi base della programmazione e ognuno di loro trova il modo di applicare il pensiero computazionale al proprio ambito disciplinare e alla propria classe, andando ben oltre ciò che il corso propone.

Animatori digitali

Tra gli insegnanti ci sono molti animatori digitali. E’ un ruolo appena introdotto nella scuola italiana nell’ambito del piano nazionale scuola digitale. Non ho elementi per giudicarne l’efficacia, ma so per certo che gli animatori digitali hanno avuto un ruolo fondamentale nella creazione della comunità di CodeMOOC. In molti casi sono stati loro a coinvolgere i colleghi di ambiti disciplinari diversi, interpretando al meglio il ruolo di animatori. Hanno approfittato del corso online per favorire la diffusione di conoscenze e metodi all’interno della propria scuola, senza ritenersene depositari esclusivi. La grande varietà di competenze che costituisce il principale valore di questa comunità è in buona parte merito loro.

Il fenomeno di massa

Il coding ci offre strumenti per risolvere problemi e realizzare idee. La programmazione visuale è coinvolgente e gratificante, permette di essere immediatamente produttivi dominando una tecnologia che fino pochi attimi prima sembrava estranea e incomprensibile. Gli elementi per farne un fenomeno di massa ci sono tutti, ma in realtà resterebbe un fenomeno di nicchia senza l’entusiasmo degli insegnanti e senza la loro capacità di trasmetterlo agli alunni. Non serve altro. Anche le dotazioni tecnologiche sono secondarie e non essenziali. Il coding non è tecnologia, è pensiero. Si parla della possibilità di introdurre il coding nei programmi scolastici, ma quello che molti insegnanti stanno facendo spontaneamente applicando il pensiero computazionale alle proprie discipline può avere ricadute ancora più efficaci e immediate. Nei due eventi organizzati a Urbino e a Napoli, all’inizio di marzo, sono intervenute più di 1500 persone. Tra loro centinaia di bambini e bambine che scattavano foto e chiedevano autografi a Derek Breen, autore del libro “Scratch for Kids”, come avrebbero fatto di fronte ad una rock star.

La diversità come valore

La diversità non è propria dei singoli individui, poiché non c’è un modello al quale uniformarsi e nei confronti del quale un individuo possa essere uguale o diverso. La diversità va piuttosto intesa come varietà, che è il principale motore dell’evoluzione di una popolazione.

Gli stereotipi di cui parlavamo denunciano una carenza di varietà nel gruppo di persone che si occupano di scienza e tecnologia, provocando un danno non solo agli individui che si vedono precluse possibili scelte per retaggi culturali, ma anche alla collettività che non può beneficiare della più ampia varietà di idee e sensibilità a servizio dell’innovazione. Il coding a scuola è un cavallo di troia che ci permette di penetrare dietro alle barricate create dagli stereotipi. L’82% della comunità di CodeMOOC è femminile. Più di 4.000 maestre, professoresse, e animatrici digitali stanno già collaborando con i propri alunni per applicare il pensiero computazionale alle materie più disparate. E’ difficile pensare che in questo contesto possano sopravvivere lo stereotipo del nerd e della bambina che non si interessa di scienza e tecnologia.

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