Esperienze internazionali e scuola digitale: un altro approccio è possibile
Uno dei ‘mantra’ che ricorrono più spesso nei tavoli di discussione dedicati al Piano Nazionale Scuola Digitale è la necessità di prendere a riferimento le esperienze internazionali. Ma la strada è quella di ripartire dalla cultura italiana, l’unione di concretezza e umanità, l’importanza dell’“open access” che si estende dalle infrastrutture alle competenze e alle persone
10 Giugno 2016
Carlo Giovannella, Università Roma Tor Vergata, Smart Learning Ecosystems and Regional Development
Uno dei ‘mantra’ che ricorrono più spesso nei tavoli di discussione dedicati al Piano Nazionale Scuola Digitale e più in generale all’innovazione scolastica è la necessità di prendere a riferimento le esperienze internazionali.
Il presupposto che indispone di più di tale ‘mantra’ è la convinzione che quanto proposto da un qualsivoglia contesto internazionale sia senza alcun dubbio più interessante, più efficace, più innovativo di quanto possa essere ideato nel nostro paese … e allora ci si affanna per essere i primi a introdurre e adottare quella che potrebbe diventare a breve la nuova moda del momento e a formulare manuali di ogni sorta su come poterla inserire nei nostri contesti educativi. Nella foga di mettere in atto tali pratiche, inevitabilmente, più o meno scientemente, si rinuncia a sviluppare le potenzialità del nostro cervello per divenire parte del cosidetto ‘funzionariato’, ovvero di quel grigio esercito che agisce in funzione degli stimoli proposti da macchine e sistemi culturali.
Eppure, a pensarci bene, un altro dei ‘mantra’ ricorrenti è quello della fuga dei cervelli a cui, quasi sempre, segue la discussione su quali possano essere le misure da adottare per favorirne il rientro. Ma se i cervelli italiani, come sembra, sono così apprezzati all’estero allora non possiamo che dedurne che i contesti culturali da cui provengono, nonostante tutto, non sono poi da buttar via.
Lungi dal negare l’importanza del confronto internazionale e delle esperienze svolte in altri paesi – esperienze che possono persino configurarsi come una necessità di sopravvivenza quando altre possibilità vengono precluse – è però necessario rovesciare di 180° i riflettori e cominciare a interrogarsi su cosa si possa fare per mettere, chi non è fuggito, nelle condizioni di valorizzare il proprio cervello, sino a fare in modo che le esperienze e le idee che produce possano divenire punti di riferimento internazionali.
Non dovrebbe essere tanto difficile dal momento che ci preoccupiamo di come poter arrestare il flusso dei migranti verso le nostre coste intervenendo nei loro paesi di origine.
Di certo si potrebbe sfoltire l’enorme montagna di inutili incombenze burocratiche (non è sufficiente informatizzarle), di certo si potrebbero razionalizzare i processi e con essi l’utilizzo del tempo, di certo si potrebbe continuare a proporre incentivi spot ma la verità è che abbiamo bisogno di una lavoro di semplificazione sistemica e, di ricominciare a motivare con continuità le tante persone che si impegnano nei processi educativi e che giorno dopo giorno tracciano i sentieri del cambiamento e, con fatica, cercano di rendere i nostri ecosistemi educativi davvero “smart”.
E’ ripensando alla nostra cultura, al nostro modo di approcciare i problemi, alla nostra capacità di barcamenarci per uscire vincenti da situazioni di difficoltà, che i componenti italiani dell’ASLERD hanno contribuito in maniera determinante alla scrittura della ‘Dichiarazione di Timisoara’:
“Better Learning for a Better World through People Centred Smart Learning Ecosystems”
che per i suo impianto sistemico e la sua ’freschezza’ è stata subito adottata e sottoscritta da numerose associazione europee: EADTU, EATEL, EDEN, IAFeS, oltre che dall’ASLERD.
Ad esempio, è facendo riferimento a quella parte del nostro DNA culturale, che affonda le radici nel Made in Italy del dopoguerra, che la centralità del progetto e la “Design literacy” sono state inserite come pilastri dell’educazione futura; e ancora, è grazie alla nostra cultura dell’accoglienza che è stato inserito il riferimento alla centralità della persona – nell’interezza della sua multidimensionalità – come elemento fondante della “smartness” degli ecosistemi di apprendimento.
Ed è invece, in un gioco di confronto e rimando con altre culture – che in parte si riverbera anche nel PNSD – che si è presa la scuola come modello di rete territoriale potenzialmente in grado di attivare l’innovazione sociale e, al contempo, di contribuire allo sviluppo territoriale e all’incremento del capitale sociale (anche attraverso buone pratiche di alternanza scuola lavoro), nonché all’educazione dei giovani alla cittadinanza attiva e responsabile.
Ed è sempre a seguito di questo gioco di rimandi che si è sposata la cultura del monitoraggio e della valutazione, non come vuota pratica di accumulo statistico ma come momento di condivisione dal quale far scaturire il miglioramento sistemico.
L’unione di concretezza e umanità, affiancata dalla cultura del progetto ha portato a sottolineare, inoltre, l’importanza dell’ “open access” che non si può limitare ai contenuti e alle infrastrutture ma deve estendersi alle competenze e alle persone. In questa stessa ottica la dimensione tecnologica è stata considerata sì necessaria, ma soprattutto abilitante. Le tecnologie, infatti, non possono che essere tali solo se sono interoperabili, le abilità digitali non possono che divenire significative solo quando sono di supporto e potenziamento alle altre competenze, e i “big data” devono divenire “smart” perché la loro raccolta e analisi non può che essere guidata dal design e da una adeguata “data literacy” se si vuole evitare un inutile mulinare di cifre e sconfinati spazi per fuorvianti “storytelling”.
Questo è solo il primo ma significativo passo, testimonianza di come si possa divenire motori di cambiamento: basta ripartire da “noi”, dalla nostra piccola innovazione quotidiana, dalla volontà di fare sistema … e crederci.
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(1) Se lo si desidera, è possibile sottoscrivere la “Dichiarazione di Timisoara”, prima del suo invio agli organi comunitari di interesse.
Per leggere o scaricare la dichiarazione fare click qui
Per sottoscriverla è sufficiente inviare una email a
aslerd [dot] org [at] gmail [dot] com
Testo: Desidero sottoscrivere la Dichiarazione di Timisoara + Nome, Cognome, Affiliazione