Maker@Scuola, la Stampante 3D nella Scuola dell’Infanzia e Primaria

Home Temi Verticali Scuola, Istruzione e Ricerca Maker@Scuola, la Stampante 3D nella Scuola dell’Infanzia e Primaria

Indire ha deciso nel 2014 di avviare un progetto di ricerca centrato sull’utilizzo della stampante 3D nelle Scuole dell’Infanzia. Ecco una riflessione sui risultati ottenuti

23 Dicembre 2016

L

Lorenzo Guasti, Indire

Anche in Italia, il posto dove si è dato i natali a Maria Montessori che ha anticipato i tempi con la sua concezione di scuola, si è assistito ai primi contatti tra il mondo della scuola e i laboratori che si ispirano al Maker Movement e che si definiscono Fab Lab. A oggi esiste in Italia un numero discreto di scuole di ogni ordine e grado che hanno allestito un laboratorio con le specifiche di un Fab Lab al loro interno e anche molte altre scuole che hanno adottato parte di quelle pratiche e le svolgono direttamente in classe.

Il Movimento Maker è costituito da persone che per semplicità vengono chiamati “makers”, artigiani digitali. Costoro si basano sul tradizionale approccio “fai da te” estendendo le loro applicazioni nella sfera della tecnologia e dell’informatica. I makers si occupano di produrre, modificare, ideare prodotti di tipo ingegneristico, come apparecchiature elettroniche, realizzazioni robotiche, dispositivi per la stampa 3D, e apparecchiature a controllo numerico.

In questi spazi, anche quando sono collocati all’interno della Scuola, si lavora progettando e risolvendo problemi, utilizzando prodotti digitali e oggetti materiali creando prototipi e modelli che vengono concretamente prodotti con differenti tecnologie di fabbricazione tra cui le stampanti 3D.

Il processo di apprendimento, tipicamente laboratoriale, si basa su cicli di miglioramento dove l’errore è una fase da sfruttare e non un fallimento.

Le scuole che adottano, anche in parte, queste modalità didattiche, in estrema sintesi considerano le nuove tecnologie non solo come un modo per ottimizzare il sistema educativo esistente, ma come forza di trasformazione in grado di generare radicalmente nuovi modi di conoscere e di apprendere.

Calandosi nel sistema scolastico italiano, ad una prima osservazione del fenomeno, possiamo rilevare una profonda differenza fra le modalità didattiche nei maker­space e quelle scolastiche tradizionali. Di seguito alcune caratteristiche che contraddistinguono l’agire e l’apprendere in questi spazi:

  • Un approccio hacker alla conoscenza. Secondo Steven Levy “gli hackers credono che gli insegnamenti fondamentali sui sistemi – e sul mondo – possano essere appresi smontando le cose, analizzandone il funzionamento e utilizzando la conoscenza per creare cose nuove e più interessanti”. (Hackers. Heroes of the Computer Revolution, Steven Levy, 1984) Quindi si apprende modificando il software e l’hardware, anche quello proprietario, “mettendoci le mani sopra”, al fine di ottimizzarne l’uso e acquisire conoscenza.
  • Una medodologia “tinkering”, basata sul trinomio think-make-­improve, che prevede una fase di ideazione, di definizione dei problemi, di studio, di brainstornming, di pianificazione; una fase di messa in pratica, di creazione, programmazione, osservazione, prototipazione; e un’ultima fase di verifica e miglioramento di quanto fatto, che può portare alla ridefinizione delle idee e degli assunti di partenza. In questo senso l’errore non è visto negativamente ma è un’occasione per progredire e migliorare.
  • La collaborazione e la condivisione della conoscenza in perfetta filosofia “open”. Ad esempio, copiare non vuol dire barare, anzi viene promosso come attività da praticare. Il mentor nei maker space recita il motto “chiedi a tre e poi chiedi a me” favorendo il dialogo tra studenti e l’influenza reciproca, lasciando che i ragazzi copino, sbaglino e siano corretti dai loro compagni.

La strutturazione di questi primi tre aspetti sinteticamente presentati evidenzia come la proposta didattica dei Fab Lab si fondi su una serie di regole condivise e ben organizzate che potrebbero nel futuro essere accolto ed integrate all’interno del sistema scuola in una struttura di reciproca “contaminazione”.

E’ auspicabile che queste innovazioni possano contribuire a superare il modello didattico ancora dominante, cioè quello basato prevalentemente sulla trasmissione delle conoscenze “dalla cattedra”, ormai inadeguato per rispondere alle sfide poste dalla società della conoscenza e in modo particolare poco efficaci a contrastare la dispersione scolastica.

Perché vale la pena valutare l’inserimento, nel proprio programma didattico, di attività di tipo maker?

  • perché potenzia lo sviluppo delle competenze specifiche (logico-matematiche, scientifiche e linguistiche) grazie alla presenza degli strumenti e ad attività didattiche laboratoriali;
  • perché promuove percorsi formativi individualizzati e il coinvolgimento degli alunni;
  • perché aiuta insegnanti e studenti a sviluppare il senso di appartenenza alla scuola grazie alle numerose attività informali svolte all’interno dei maker-space dove i ruoli si ammorbidiscono e la collaborazione è facilitata;
  • perché aiuta a sviluppare comportamenti ispirati ad una vita sana e dinamica, suggerendo il riuso degli oggetti, l’ottimizzazione delle risorse e un approccio positivo alla risoluzione dei problemi;
  • perché costituisce un ponte naturale tra l’ambiente scolastico e il mondo esterno fornendo agli studenti competenze evolute e al tempo stesso facilmente spendibili fuori dalla scuola poiché incentrate su attività svolte naturalmente dagli studenti.

Il progetto Costruire Giocattoli con la Stampante 3D nella Scuola dell’Infanzia

Considerando il contesto appena descritto, Indire ha deciso nel 2014 di avviare un progetto di ricerca centrato sull’utilizzo della stampante 3D nelle Scuole dell’Infanzia.

I motivi risiedono nella natura di questi strumenti, che funzionano in modo appropriato solo se il disegno iniziale, il progetto, è ben congegnato. Rispetto ad altre attività manipolative tridimensionali come il Lego e il Pongo, con i quali è possibile modificare in corsa la realizzazione dell’oggetto che si ha in mente, la stampante 3D richiede un’’attenzione particolare nella fase di analisi del problema e nella progettazione. Un errore in questa fase comporterà, infatti, la stampa di un oggetto non adatto alle finalità richieste. Questo aspetto innescherà un ciclo di miglioramento che viene definito Think-Make-Improve dove l’analisi del problema, la riprogettazione e la nuova realizzazione portano al miglioramento del prodotto finale.

Dopo due anni di ricerca conclusi e nel corso del terzo anno, si ritiene estremamente interessante osservare i bambini della scuola dell’infanzia che si confrontano con questo approccio alla conoscenza, per loro inedito.

Le fasi della ricerca, in sintesi, sono le seguenti:

Nella prima fase è stata fornita agli insegnanti una storia che funziona come sfondo integratore all’interno della quale sono posti 6 problemi da risolvere usando la stampante 3D e un software di disegno. Le modalità di presentazione sono state concordate insieme alle insegnanti tenendo conto della loro esperienza e dalla tipologia di attività che solitamente svolgevano in classe, considerando anche quello che ritenevano applicabile nella loro classe. È stata anche strutturata una griglia di osservazione indispensabile per poter valutare i risultati ottenuti.

Nella seconda fase si è chiesto alle insegnanti di avviare le attività concordate secondo un calendario predefinito e si è avviata la fase di osservazione diretta presso gli istituti, allo scopo di attuare un approfondito studio sugli aspetti legati alla modalità di osservazione e progettazione di oggetti tridimensionali da parte dei bambini, che durante l’attività sviluppavano competenze metacognitive molto evolute e finalizzate a sviluppare la loro attitudine a risolvere i problemi con soluzioni aperte, a comprendere la prospettiva e ad evolvere sul piano dell’intelligenza spaziale. Non ultimo, si sono osservate le modalità di interazione tra di loro e con la macchina e anche il processo di esecuzione del compito proposto da parte dei bambini.

Nella terza fase si è analizzato il lavoro svolto, si sono cercati dei denominatori comuni alle diverse scuole e sono stati definiti gli aspetti positivi emersi durante l’attività svolta. Tali aspetti diventeranno elementi utili per la formulazione di linee guida ripetibili in ogni scuola.

In parallelo al progetto per la Scuola dell’Infanzia, da quest’anno scolastico è partito il progetto per la Scuola Primaria, dove le iscrizioni sono attualmente aperte attraverso questa pagina. L’intenzione del gruppo di ricerca è di replicare l’esperienza fatta nella Scuola dell’Infanzia con numeri sensibilmente maggiori e con compiti declinati opportunamente per il grado di scuola coinvolto.

Tra pochi mesi uscirà un libro che tratta i temi studiati durante la ricerca e che conterrà anche una parte tecnica dove saranno spiegati dettagliatamente i compiti da svolgere in classe.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!